Come si insegna a combattere la pirateria?

Mia figlia si avvia di gran carriera a compiere otto anni (è quasi coetanea di TGM Online, per chi se lo ricorda), e nei suoi momenti di svago che non contemplano Playmobil o altri giochi “fisici” comincia lentamente ad avvicinarsi ai videogiochi, che si affiancano ai cartoni animati. Per ora si concentra principalmente sui siti di Disney o di Geronimo Stilton, trastullandosi con i giochini in flash che offrono per i loro piccoli visitatori, disegni da stampare e colorare e via di questo passo, ma non disdegna di quando in quando una partitina a Zuma o Peggle – ed è ovviamente bravissima.

Ha già cominciato a prendere in mano il WiiMote e le chitarrine (con scarso successo e interesse) ma prima o poi, ne sono certo, vorrà provare anche un joypad e sospetto che non manchi molto prima che dovremo litigarci il tempo sulla PS3 o sulla 360. La sua è una situazione anomala, me ne rendo conto: diversamente dalle sue compagne di scuola si ritrova in casa dal giorno in cui iniziano i suoi ricordi console e periferiche di ogni tipo, scaffali pieni di videogiochi e compagnia bella.

Per le sue amichette invece è piuttosto normale avere un Nintendo DS con una R4 piena di giochi, si muovono tra i menu di scelta delle ROM con naturalezza e quando si trovano davanti a un CD o un DVD masterizzato lo prendono come la cosa più naturale del mondo.

Ecco quindi la domanda che mi sto ponendo in questi giorni, e che probabilmente molti di voi si pongono o si porranno presto, o a cui magari hanno già dato una risposta: come si affronta con i propri figli il discorso della pirateria? Per noi tecnofili è una domanda di quelle toste, che rivaleggia con lo spiegare come nascono i bambini e “papi, chi sono quelle signore poco vestite sul marciapiede?”

Da quel che vedo in giro la tendenza è prenderla come un fatto della vita, né più né meno al pari della pioggia che cade oggi copiosa su Milano: i film li scarica papà e si vedono tutti insieme sul lettore divx del salotto, i giochi “me li mette papà sul Nintendo“, “ti passo un gioco“, laddove “gioco” sta per copia su disco o su chiavetta, e via di questo passo.

Il problema, capite anche voi, è meno banale di quanto può sembrare, e diventa prima di tutto culturale. Hai voglia a spiegare a un ragazzino di quindici anni che la pirateria è illegale ecc. quando ha passato gli ultimi dieci anni tra file .iso, .avi e dischi masterizzati infilati in un porta-cd da quattro euro. E non credo che basti una cosa come questa ad affrontarlo seriamente…