Diciamocelo: in questi anni in cui i videogiochi passavano dall’essere un diletto per pochi avanguardisti a fenomeno di massa, noi tutti un po’ abbiamo goduto leggendo gli allarmi provenire dagli altri media. Segno che la nostra passione si stava affermando a livello mondiale, uscendo dalla nicchia in cui alcuni benpensanti cercavano di relegarla.
Questi sillogismi, come molte cose nella vita, vanno presi con la giusta misura: perché è senz’altro vero che le abitudini dei consumatori sono cambiate, ma è altrettanto vero che questi mutamenti non possono essere unicamente riconducibili al nostro medium, sebbene in cuor nostro un po’ vorremmo che il mondo vi girasse attorno…
Questo preambolo mi serve per introdurre un’esperienza personale vissuta qualche settimana fa, quando mi sono fermato a pranzo nella mia palestra: al tavolo, due miei amici esibivano orgogliosi l’ultimo modello dell’iPhone, in un’involontaria gara a chi aveva trovato e installato l’applicazione più inutile. Vi risparmio gli strazi tecnologici cui mi è toccato assistere, fatto sta che entrambi i diretti interessati hanno detto la stessa cosa, ovvero che da quando hanno acquistato il telefonino hanno passato le loro serate nel negozio di Apple. La prima cosa che verrebbe da pensare in questi frangenti è ai soldi che sta facendo Steve Jobs grazie a queste applet. Al tempo stesso, e qui è stata la mia riflessione, per un certo tipo di pubblico l’iPhone rischia di essere ciò che i videogiochi sono stati finora negli ultimi anni, ovvero il prossimo spauracchio per tutti i media ormai consolidati. Incluso o escluso il nostro?
Premesso che la decisione se considerarlo ‘tradizionale’ meriterebbe un editoriale a parte, è di questi giorni un’analisi di mercato di una società americana di nome gravitytank (volutamente tutto attaccato e minuscolo), secondo la quale l’iPhone sta avendo un effetto deflagrante sugli usi e i costumi degli americani. O almeno, del campione sul quale è stata condotta l’indagine.
Il grafico che ho esposto in apertura parla chiaro, ed è curioso notare che il telefonino di Apple starebbe fagocitando il 22% del tempo speso al computer e il 20% del tempo speso davanti a una console. Sia chiaro, non tutto quello che riportano le società di consulting è oro colato, e quel -12% di tempo speso davanti a un’internet tablet è lì a farci suonare qualche campanello di allarme.
Eppure, volendo trarre delle considerazioni da questa indagine di mercato, si evincono alcune cose. L’iPhone, più che un telefono è ormai una piattaforma per la quale stanno venendo programmate applicazioni di tutti i tipi, videogiochi inclusi. Poiché di iPhone ce ne sono ormai in giro più di 30 milioni, al telefono di Apple va data la stessa legittimità di altre console più blasonate. In conseguenza di ciò, non deve stupire che ormai molti grandi publisher (ma anche tanti indipendenti) si stiano attrezzando a produrre giochi per iPhone. Il dato di gravitytank secondo cui la gente spende meno tempo davanti a una console andrebbe quindi mitigato tenendo conto che è in aumento il numero di coloro che giocano su iPhone. Il nostro medium quindi non è a rischio: la gente ha sempre voglia di divertirsi, sceglie solo un’altra piattaforma, come già accaduto decine di volte in passato.
Un’altra considerazione è che quando leggiamo un -22% di tempo speso davanti a una console, dovremmo capire di quale tipo di videogiocatori si stia parlando. Mi riesce difficile immaginare un appassionato che abbandoni una Xbox 360 o una PlayStation 3 in favore di un iPhone; mi riesce invece più facile immaginare che ciò possa accadere agli utenti più blandi della Wii o delle console portatili, per affinità di fruizione.
L’ultima considerazione è di natura puramente editoriale: molti editori si sono attrezzati in questi ultimi mesi per riadattare i propri prodotti all’iPhone. Non è più una rarità, oggi, consultare alcuni quotidiani online attraverso il telefonino di Steve Jobs. L’indagine che stiamo analizzando, però, ci dà un altro messaggio, e cioè che la gente usa l’iPhone più per giocare con le applet che non come strumento di lettura e quindi di informazione. Insomma, l’editoria vista attraverso il cellulare di Apple potrebbe essere un abbaglio più che il futuro del nostro settore, a dimostrazione che in questo periodo di crisi economica appare difficile individuare nuovi modelli capaci di compensare le difficoltà delle edicole.