Giornalismo inutile

Abbandonando per qualche minuto il “coverage” dedicato alle elezioni di mid-term degli Stati Uniti, qualche giorno fa il Washington Post (il Washington Post, eh, mica la Gazzetta della Val di Susa) ha dedicato un lungo articolo in cinque pagine ai quindici videogame più offensivi, inutilmente violenti, volgari, politicamente scorretti…

Abbandonando per qualche minuto il “coverage” dedicato alle elezioni di mid-term degli Stati Uniti, qualche giorno fa il Washington Post (il Washington Post, eh, mica la Gazzetta della Val di Susa) ha dedicato un lungo articolo in cinque pagine ai quindici videogame più offensivi, inutilmente violenti, volgari, politicamente scorretti, scorretti e basta, insopportabili, antipatici… Continuate voi la lista, se ritenete.

Tra quelli scelti dal prestigioso (sic) quotidiano americano compare al primo posto Modern Warfare 2 per la sua discussa e discutibile missione “No Russian” ambientata nell’aeroporto russo in cui, insieme ai terroristi, si massacrano tutti i civili. C’ĆØ poi il gioco di ruolo a sfondo sessuale BoneTown, l’immancabile Rapelay, ricostruzioni del massacro di Columbine e della Virginia V-Tech, dell’omicidio di Kennedy, pulizie etniche naziste, un Operation Pedopriest, stragi di musulmani, della striscia di Gaza, e ovviamente Manhunt 2. Ah, dimenticavo il vecchissimo Custer’s Revenge per Atari 2600 (anno di grazia 1982, non so se mi spiego).

E chissĆ  quanti altri “videogiochi” potrebbero andare a comporre questo elenco, ma semplicemente non se ne conosce l’esistenza. Il punto ĆØ: qual ĆØ lo scopo di un simile articolo? A cosa serve? A parte MW2 e Manhunt 2, su cui si ĆØ giĆ  abbondantemente discusso nei mesi e negli anni passati, che senso ha stilare una lista di prodotti amatoriali, destinati evidentemente a ristretti circoli di fanatici ed estremisti, e che non sono neppure mai stati in commercio? A dimostrare che l’uomo ĆØ capace di ogni nefandezza, ancorchĆ© virtuale? Che anche nel mondo dei videogiochi, come in qualunque altro ambito artistico o di intrattenimento, ci sono canali “underground” più o meno noti in cui prolifera il marciume intellettuale e morale?

Se lo scopo del giornale era accendere una luce inquietante sui videogame, gettare un po’ di benzina sul fuoco acceso da coloro che li considerano uno dei “mali” del nostro tempo, possiamo dire che l’obiettivo ĆØ stato mancato clamorosamente. In che modo cambia la nostra visione del mondo (dei videogiochi) dopo aver letto questo articolo? In nessun modo, ecco quale. Non aggiunge nulla che non sapessimo giĆ  o che potessimo intuire, non rende nĆ© migliore nĆ© peggiore la nostra conoscenza e percezione del media ludico. Il danno, se mai di danno si può parlare, ĆØ al giornalismo che si occupa di videogiochi, o che dovrebbe occuparsene, sulla stampa cosiddetta generalista, che non ĆØ capace di trovare niente di meglio di un riempitivo ozioso e inutile come questo. Peccato, perchĆ© non mancano certo argomenti migliori.