La religione giudaica secondo Ignition Entertainment.
Fin dalle sue prime apparizioni sotto forma di trailer, El Shaddai (che vuol dire proprio Dio Onnipotente) ha stuzzicato la fantasia di molti giocatori, incuriositi da uno stile grafico alquanto singolare e da un tema, quello religioso, non proprio di ampia diffusione, nel mondo dei videogiochi s’intende. Questa produzione, infatti, è un rarissimo esempio di come sia possibile toccare argomenti estremamente sensibili come quelli legati al culto e alla fede senza eccessi o provocazioni, pur rivedendo il tutto in una chiave davvero unica e quasi spiazzante.
La storia, del resto, si ispira ad alcuni testi aprocrifi relativi alla religione giudaica, in particolari il Libro di Enoch, un racconto molto complesso e dalle origini piuttosto antiche (antecedenti alla nascita di Cristo). Non a caso il protagonista del gioco si chiama proprio Enoch, ovvero una sorta di iniziato ai poteri celesti a cui spetta il pesante compito di riportare nei Cieli i sette Angeli Caduti. Curiosamente, ad accompagnarci in questo viaggio troveremo Lucifel (difficile capire se è un errore di traduzione o una cosa voluta), qui rappresentato come l’interlocutore preferito da Dio, tanto è vero che lo vedremo spesso al cellulare (eh già, anche in Paradiso c’è campo) impegnato in diverse discussioni con l’Onnipotente. In realtà, il suo ruolo sarà fondamentale per illustrarci le basi del combattimento e per permetterci di salvare la posizione. Saremo anche seguiti, e qualche volta guidati, persino dai quattro arcangeli, Michael, Raphael, Gabriel (dalla sembianze femminili) e Uriel. Quest’ultimo è l’Angelo della Guerra, completamente assente nel credo cristiano, ma molto efficiente nell’economia di El Shaddai, poiché può scatenare un attacco devastante a suon di cazzotti e saette divine.
Del resto stiamo parlando di un titolo che unisce la classiche meccaniche degli action à la Devil May Cry all’estetica estrema di un Okami, due citazioni tutt’altro che casuali visto che il progetto è stato capitanato da Takeyasu Sawaki, designer dei due titoli appena citati.
L’impatto visivo in particolar modo è davvero spiazzante, difficile da esprimere a parole: non ha davvero eguali nel panorama odierno essendo il risultato di un folle miscuglio di generi, con contaminazioni evidenti di alcune opere del leggendario Studio Ghibli. In particolare, il design dei nemici sembra ispirato non poco a Laputa e Nausicaa (con una spruzzata di Evangelion, il reboot). Anche il design dei livelli è pazzesco, alcune volte fin troppo, ma di certo sprizza originalità da tutti i pori. L’elemento platform è estremamente preponderante e in alcuni frangenti si affrontano sezioni viste di lato, a scorrimento prevalentemente orizzontale, proprio vecchio stile. La commistione di generi ci porta poi a combattere i bizzarri nemici in quella che si può definire la decostruzione di un God of War: invece di utilizzare combo complesse e armi intercambiabili, Enoch basa i suoi attacchi su un solo tasto, e quindi tocca imparare a temporizzare le varie mosse.
Per difenderci contro i nemici di El Shaddai potremo fortunatamente disporre di tre armi divine: un lama energetica detta Arch, una serie di cristalli volanti noti come Veil e, infine, uno scudo (Gale) che funge anche da micidiale tirapugni. Ovviamente, ognuna presenta vantaggi e svantaggi, sia in termini di velocità e potenza d’attacco, sia come poteri secondari (per esempio il Veil ci consente di planare in aria dopo ogni salto).
La cosa interessante è che Enoch può portarsi dietro solo un’arma alla volta e la può cambiare sottraendola letteralmente ai nemici, nel momento in cui questi si trovano in difficoltà. Questa scelta obbliga a un approccio più tattico ai combattimenti, poiché ogni creatura ci affronterà utilizzando proprio le nostre stesse armi. Purtroppo, però, questo significa che di base esistono solo 3 tipologie di nemici, il cui aspetto varia di livello in livello, ma le cui abilità rimangono sostanzialmente invariate: quelli con il Veil svolazzano, quelli armati di Gale hanno l’aspetto di grossi golem, mentre i soldati con l’Arch assomigliano a guerrieri in armatura. Certo, esistono altre creature, come fuochi fatui, anime dannate e strani esseri dotati di lunghi arti, ma l’effettiva variante è rappresentata proprio dagli Angeli Caduti, che a più riprese ci affronteranno nel corso dell’avventura. La loro apparizione è spesso casuale e non di rado, almeno inizialmente, ci imporranno del sano dolore. Nulla di grave, e in ogni caso anche sconfiggendoli ce li ritroveremo in varie forme nei livelli successivi, fino a quando non decideranno di fare sul serio, mostrandoci il loro vero aspetto.
Anche i boss di El Shaddai sono davvero originali e tutt’altro che banali: Azazel si presenta come una specie di mostro meccanico parecchio simile a certi robottoni di Final Fantasy XIII, Arakiel invece ha le sembianze di un insettone gigante, e vi possiamo assicurare che non sono nemmeno fra più strani. Nei primi livelli avremo a che fare con delle assurde creature dall’aspetto pacioso note come Nephilim: questi sono ben presenti nel Libro di Enoch e rappresentato il frutto dell’unione fra gli Angeli Caduti e le donne umane. Meglio non farsi ingannare dalle loro sembianze tenerose. Hanno, infatti, la brutta abitudine di crescere a dismisura per poi iniziare a mangiarsi fra di loro, e non contenti poi prendono pure fuoco!
Insomma… appare evidente che El Shaddai, pur basandosi su meccaniche di gioco note e non certo terribilmente originali, riesce a emergere rispetto alla massa grazie alla forza delle immagini e a una trama davvero imprevedibile, pur a tratti non proprio limpidissima.