FIFA 12 – Recensione

Perché le partite si vincono in difesa.

C’è sempre quello sfrigolio sotto. Intendo… ogni volta che si avvicina il momento di mettere le mani sulla nuova versione del gioco di calcio più atteso del momento. Era così ai tempi di Winning Eleven/Pro Evolution Soccer, quando la produzione di Konami dettava legge presso gli appassionati più indefessi. Lo è ancora, da quando la serie FIFA ha – poco alla volta – preso il potere e si è imposta come punto di riferimento per chi è alla ricerca della simulazione pallonara senza compromessi. Tra le fortune del lavoro che si svolge da queste parti c’è anche il fatto di poter seguire l’evolversi dello sviluppo di un gioco: le versioni di FIFA 12 che ho potuto testare nei mesi non si contano, così come sono evidenti le modifiche e i ritocchi che David Rutter e soci hanno apportato alla loro creatura nelle ultime settimane. E non certo dal punto di vista dei contenuti – questo è palese – bensì per ciò che concerne il comportamento in campo dei calciatori virtuali. È proprio su questo punto che verterà quasi tutto quello che leggerete da adesso in avanti in questa recensione: sarebbe inutile e stucchevole ripetere nuovamente le innumerevoli novità che FIFA 12 porta in seno. Probabilmente, se state leggendo avidamente queste righe, già le conoscete a memoria. In caso contrario, tutto quello che c’è da sapere sul calcio griffato EA potete trovarlo nelle tre corpose anteprime che abbiamo pubblicato qui, qui e qui. Fruitene, prima di andare oltre.

LA DIFESA È IL MIGLIOR ATTACCO
In linea generale, nel calcio chi prende meno goal nello spazio di un torneo, tende a vincerlo. È evidente, quindi, che il pur roccioso sistema difensivo di FIFA 11 (comunque non privo di qualche “magagna”) avesse bisogno di una rinfrescata, se non addirittura di un ripensamento in toto. Il Tactical Defending è proprio questo: un po’ come se gli sviluppatori avessero smontato una costruzione di mattoncini LEGO e ne avessero poi costruita una totalmente nuova, usando tuttavia i medesimi pezzi. Imparare a gestire il nuovo sistema di coperture (e no… questo non è Gears of War, se ve lo state chiedendo) è, almeno inizialmente, un vero dramma, soprattutto se – come me – siete abituati a impostare su “manuale” l’opzione di cambio giocatore. È stato un po’ come quando, da bambino, mi hanno tolto le rotelle alla bicicletta per la prima volta: la paura di sbagliare è sempre dietro l’angolo, e la voglia di fare un passo indietro e tornare al vecchio sistema è una vocina che ha echeggiato insistentemente nella testa per un po’. Però, poco alla volta, ho cominciato a fare cose utili e a comprendere certe dinamiche, fino a quando il possesso del Tactical Defending non è diventato automatico. Certo, occorre dedicare tempo e abnegazione alla causa, ma l’appagamento finale è impareggiabile e permette di rallentare l’azione avversaria senza la necessità di un contrasto forzato.
Inspiegabilmente, il tasto del raddoppio è stato declassato, visto che ora è sostituito da quello che si occupa di tentare l’intervento a portare via palla durante il Tactical Defending e strattonare l’avversario durante la fase di spalla a spalla. A mio avviso, il raddoppio è ancora basilare se portato con i tempi giusti e in armonia con la copertura via Tactical Defending del calciatore che stiamo controllando. Non per nulla, le prestazioni sul campo sono nettamente migliorate una volta che ho “rimappato” i comandi, riportando il raddoppio nella vecchia posizione e abituandomi a usare uno dei trigger posteriori per l’intervento.

COME TI SPEZZO LE GAMBINE
Parliamo ora di Impact Engine. Il nuovo sistema di routine messo in piedi da David Rutter e soci funziona molto, molto bene, e ha implicazioni in moltissimi aspetti di FIFA 12, non solamente estetici. Al di là della naturalezza delle animazioni e della verosimiglianza con quello che succede davvero su un qualsiasi campo di calcio, l’Impact Engine influenza in modo decisivo la possibilità di effettuare dribbling o contrastare con efficacia un attaccante avversario che ci sta puntando. Da questo punto di vista, il tempismo nell’effettuare qualsiasi operazione risulta maggiormente decisivo rispetto a qualsiasi altro titolo calcistico che sia mai stato prodotto. Oltretutto, durante le competizioni composte da più partite (come accade, ad esempio, in una qualsiasi delle modalità Carriera) l’Impact Engine si occupa anche di calcolare l’entità dell’infortunio a seconda della dinamica con cui è avvenuto sul campo. In coppia col Tactical Defending di cui sopra, l’Impact Engine modifica sostanzialmente l’approccio ai contrasti e ai dribbling, permettendo nei primi di essere più efficaci in copertura con un difensore corposo (sempre “attenzionissima” al tempismo, però!) e nei secondi – grazie anche al Precision Dribbling – di sfruttare i calciatori tecnici senza che questi vadano regolarmente a terra se intercettati da un avversario più grosso.
L’unico problema dell’Impact Engine è che le routine ogni tanto “sbroccano”, dando vita a strani fenomeni paranormali, in cui i contrasti sembrano avvenire a gravità zero, o dove i calciatori si accartocciano su se stessi come manichini gettati nel retrobottega. Intendiamoci… si tratta di episodi talmente sporadici e isolati che non varrebbe quasi la pena segnalarli: tuttavia esistono, e sono l’evidenza che qualche ritocco è necessario per portare alla perfezione un insieme di routine che si è rivelata un punto cardine della giocabilità.

DI ALTRE COSE, PAD IN MANO
Esaurita la doppia tematica Tactical Defending/Impact Engine, posso aggiungere ora qualche considerazione sulle routine di intelligenza artificiale che si occupano di gestire il movimento dei calciatori. Tendenzialmente, l’occupazione degli spazi avviene in modo più coerente rispetto a FIFA 11, soprattutto per quello che riguarda lo sviluppo dell’azione sulle fasce, dove gli esterni si sovrappongono o si fermano in copertura in modo del tutto autonomo.
Qualche perplessità in più devo esprimerla a proposito dell’inserimento dei centrocampisti, visto che talvolta ci si ritrova con quelli difensivi che occupano spazi riservati a quelli offensivi, con questi ultimi costretti a fermarsi in copertura per tamponare la momentanea assenza del compagno. Si tratta di un movimento che nel calcio esiste, ma che deve essere effettuato con senso e non reiteratamente, come talvolta accade nelle partite di FIFA 12.
Un altro problema, già noto dalle precedenti edizioni, riguarda l’applicazione sistematica del fuorigioco, in cui ogni tanto uno dei difensori (generalmente uno dei terzini) non fa il movimento a salire, concedendo la clamorosa occasione da goal all’avversario. Si t
ratta di un difetto sporadico, ma che può pesare nell’economia di una partita in cui la tattica del fuorigioco viene applicata con frequenza.

Tra le cose che hanno fatto un notevole balzo in avanti devo segnalarvi assolutamente l’intelligenza artificiale dei portieri, a cui ora non è più scontato segnare in situazioni di uno contro uno. Certo, l’efficacia di un tiro a giro di precisione da dentro l’area è sempre eccessivamente elevata, ma è comunque smorzata da una maggior reattività degli estremi difensori, almeno per quanto riguarda quelli più bravi. Spiace, invece, constatare come – anche a questo giro – il team di David Rutter non abbia voluto applicarsi nel dotare il giocatore di un ventaglio di tattiche diverse dalle solite, così come non si sia impegnato nel riordino dei menu tattici, ancora troppo elefantiaci per consentire ritocchi in profondità senza impazzire eccessivamente nei sottomenu, al contrario del resto del gioco, dove invece i menu sono ora molto più funzionali e snelli, soprattutto in modalità complesse e articolate come la Carriera.
A proposito di quest’ultima, le novità introdotte al calciomercato e alla trattazione degli infortuni hanno aggiunto parecchio sale alla componente gestionale di FIFA 12 rispetto al predecessore: non siamo certo ai livelli di un manageriale qualsiasi, ma la distanza si sta affievolendo, anno dopo anno. Certe cose, comunque, devono essere ancora limate, perché Muntari capocannoniere della Serie A a fine stagione non si può davvero vedere.

Glissando abilmente sulla resa del gioco in rete (che, per ovvi motivi, non è stato possibile testare, e su cui tornerò prossimamente) le ultime righe devo necessariamente dedicarle a un breve commento tecnico. Graficamente FIFA 12 è molto bello da vedere nel suo insieme, ma è nei replay che mette in evidenza i muscoli. Al di là delle animazioni gestite dall’Impact Engine, a stupire è – finalmente – la resa dei volti, che per i giocatori più noti (quelli del Milan, in particolare) rasenta la fotosomiglianza. Un vero peccato, quindi, che la versione PC, quest’anno del tutto identica nei contenuti a quella console, soffra di problemi di pesantezza del motore grafico, come già ho evidenziato in una delle anteprime di cui sopra. Su un sistema composto da un Quad Core da 3GHz, 4 GB di RAM DDR3 e una ATI Radeon HD 5850 con 1 GB di VRAM ho dovuto smanettare non poco con le opzioni, arrivando a una fluidità accettabile solo impostando il gioco in finestra alla risoluzione di 1280×720. Magari sono stato sfortunato io e a voi tutto funziona liscio anche con un PC inferiore, però ho l’impressione che la colpa sia più del codice in sé, che del cibo che fornisco quotidianamente ai criceti che ho nel case. Ai posteri (e a voi) l’ardua sentenza.