Tiriamo le somme sullo sparatutto di DICE, dopo aver testato a fondo la componente multiplayer e la versione PC.
(N.B.: Per leggere la recensione della campagna in singolo, clicca qui.)
Giovedì scorso vi ho parlato diffusamente dei pregi e dei (non pochi) difetti della modalità single player. Ora è finalmente giunto il momento di fare il punto definitivo della situazione, dopo aver testato a regime per cinque giorni (e altrettante notti) la corposa componente multiplayer su tutte le piattaforme disponibili.
Vi dico subito che il voto che vedete qui sopra per le tre piattaforme, come già preannunciato nello scorso articolo, è un complessivo dei due aspetti, e non riguarda solo il gioco in compagnia. Evviva evviva!
CO-OPERAMI TUTTO
Battlefield 3 mette a disposizione del giocatore una serie di missioni da svolgere in cooperativa, un po’ come avviene in Call of Duty nel caso delle Spec Ops. Ci si mette lì in due, e si portano a termine obiettivi specifici, per lo più ambientati negli stessi scenari della Campagna. Il design riesce ad alternare in modo organico momenti in cui volano pallottole a ogni piè sospinto, con altri dove occorre maneggiare le argomentazioni con maggior cautela. Le missioni co-op sono un ottimo diversivo quando vengono affrontate assieme a un amico, anche se la presenza di un sistema di matchmaking consente di trovare in ogni momento qualcuno con cui stringere una temporanea alleanza. Va detto, però, che in molti passaggi è necessario un certo tipo di affiatamento: se dovesse malauguratamente capitarvi qualche simpatico cialtrone come compagno di viaggio, le cose potrebbero farsi davvero molto complicate, soprattutto al livello di difficoltà più elevato.
Comunque sia, le missioni co-op non sono molte e perdono di mordente nel giro di un paio di pomeriggi, e solo la voglia di sbloccare qualche Obiettivo/Trofeo rimasto lì a marcire può invogliare a rilanciarne qualcuna. L’alternativa è che ci sia qualche amico che ha da poco acquistato Battlefield 3 e vi chieda di fargli da spalla, nel qual caso un nuovo giro lo si fa comunque volentieri.
IN CAMPO APERTO
Come da tradizione di DICE, è comunque il multiplayer competitivo il vero e proprio sugo che dà il giusto sapore alla pietanza della serie. Da questo punto di vista, il terzo capitolo non delude in quasi nessuno degli aspetti, anche se è necessario qualche distinguo.
La prima cosa da dire è che non proprio tutte le modalità sono riuscitissime. Quella denominata “Conquista”, ad esempio, è poco ergonomica, visto che non premia in modo corposo i giocatori che rischiano la pelle per prendere il possesso delle zone. I punti elargiti sono, in proporzione, pochi, il che spinge il più delle volte a un atteggiamento di attesa o – al limite – di grinding dei nemici in spazi meno caldi. Di tutt’altra pasta la modalità Corsa, probabilmente la migliore del lotto tra quelle disponibili. Una squadra difende degli obiettivi, l’altra li attacca, fino alla fine del numero di respawn disponibili per quest’ultima. Qui lo spasso è garantito non solo da una dinamica molto più equilibrata nella distribuzione dei punteggi, ma dall’uso spasmodico ed essenziale dei mezzi di trasporto, copiosamente disponibili in buona parte delle mappe.
Le altre modalità fanno bene il loro dovere: sia che vi dedichiate al Deathmatch a Fazioni o al Deathmatch a Squadre (una fantastica variante, con 4 compagini composte da altrettanti giocatori presenti contemporaneamente sulla mappa), la varietà e il divertimento sono sempre assicurati.
Dal punto di vista del design delle mappe, devo essere onesto e dirvi di come non tutte mi siano particolarmente piaciute. Tendenzialmente, gli scenari in campo aperto sono davvero spettacolari e ricchi di possibilità tattiche, mentre ho trovato meno ispirati quelli tipicamente urbani. In particolare, la mappa parigina mortifica un po’ il concetto di lavoro di squadra, laddove si ha un po’ l’impressione che le kill siano più frutto di incontri fortunosi che di vere e proprie strategie organiche.
LA QUESTIONE CAMPER
Uno dei diktat imposti da DICE a chi si è occupato di produrre il design delle mappe e il comportamento delle armi ha riguardato la forte limitazione al camperaggio. Permetto che io, da buon cecchino d’annata, non ho mai sentito più di tanto l’esigenza di arginare questo tipo di fenomeno. Voglio dire… se uno vuole trovarsi una posizione ben nascosta e non muovere un passo da lì fino a quando non viene stanato, perché non permettergli di farlo? D’altra parte, è necessario che gli avversari abbiano modo di intervenire, una volta identificato il luogo in cui i nemici decidono di asserragliarsi dopo aver arroccato la posizione. Da questo punto di vista, Battlefield 3 è ben strutturato e, salvo rari casi, è davvero impossibile restare troppo tempo fermi in un posto senza diventare carne da macello. Il problema è che nel farlo, a mio avviso è stata eccessivamente penalizzata la classe Scout, ovvero proprio quella che ha nel fucile da cecchino la propria estensione naturale. Per intenderci, già dopo qualche ora di gioco si cominciano a montare sulle armi le ottiche avanzate o il mirino laser, che consentono entrambe una maggior precisione nella mira. Peccato che queste emettano un riverbero della luce talmente forte che è impossibile, per un cecchino anche ben nascosto, non essere identificato nel giro di poco, anche senza aver sparato un solo colpo. Per carità… non si tratta di nulla di eccessivamente grave, e una volta presa confidenza con le mappe si può comunque passare abbastanza velocemente da una posizione di cecchinaggio all’altra. Tuttavia resta comunque l’impressione che, nel tentativo di ammorbidire il campering, si sia eccessivamente sacrificata una classe che fa dell’arte dell’attesa la propria ragione di esistenza. Ugualmente, un accessorio che ha un effetto poco tarato è il fascio di luce. Se da un lato diventa facile percepire la presenza di un nemico che lo sta usando, dall’altra la cecità che la lampada produce anche dalla media/lunga distanza è eccessiva e troppo penalizzante per chi la subisce.
Detto questo, tutto il resto del sistema di crescita, che aggiunge perk e accessori poco alla volta a seconda dell’uso delle varie armi e classi, funziona molto bene e garantisce un notevole equilibrio, così che le partite non siano mai banali, indipendentemente dalla modalità scelta (fatta salva la perplessità sulle mappe urbane di cui vi ho accennato poc’anzi).
LA VERSIONE PC
Un argomento rimasto in sospeso riguarda la versione PC. Dal punto di vista tecnico, fatti salvi i problemi di gameplay e scr
ipt discussi qualche giorno fa (anche qui presenti), si tratta certamente della migliore del lotto, come promesso da DICE fin dall’annuncio. Anche su sistemi non proprio recentissimi, Battlefield 3 è un vero spettacolo per gli occhi, e si nota come il Frostbite 2 trovi nell’ambiente PC l’humus giusto di cui nutrirsi per germogliare alla grande. Dopo aver testato a lungo le versioni per console, devo ammettere di aver trovato quella PC un tantinello più ostica: ho come la sensazione che la difficoltà sia stata leggermente innalzata per compensare la maggior facilità di mira che si ha con un mouse (oppure, se volete, è quella console che è stata resa più morbida a causa dell’uso del joypad… fate voi!).
A ogni modo, il vero valore aggiunto della versione PC non è tanto la magnificenza grafica, quanto la presenza del multiplayer a 64 giocatori nella mappa ambientata sul Caspio. Partecipare a una battaglia da quelle parti, con tutti i mezzi (terrestri e aerei) disponibili, è uno spasso che ha pochi precedenti nel mondo della guerra videoludica. Tutto questo, sperando di trovare partite con posti disponibili, visto che ho dovuto smanettare parecchio con i filtri di ricerca e sgomitare a suon di pacchetti dati prima che qualche server mi facesse la grazia di rendermi partecipe della cosa.
Un’ultima considerazione: sebbene buona parte dei match ai quali ho partecipato non abbia dato problemi di sorta, in qualche occasione sono stato testimone di gravi problemi di stuttering. Un paio di volte mi è addirittura capitato di essere sbattuto fuori dal server senza alcun motivo. Piccoli problemi, ma che lasciano in bocca per l’ennesima volta l’amara sensazione che una fase di beta testing più attenta sarebbe stata opportuna prima di un lancio così importante.