Men of War: Vietnam

Lo spin-off di Men of War ambientato in Vietnam sarà riuscito a mantenere i crismi tattici del titolo padre? Scopritelo nella nostra recensione.

La saga di Men of War ha saputo ritagliarsi una solida nicchia di mercato, puntando su una visione del genere strategico forse arcaica, certamente dura e pura e ben lontana dagli standard di accessibilità e frenesia cui sembrano tendere gli emuli di Command & Conquer. Una serie tosta, quindi, a tratti frustrante ma sempre fedele alla realtà della guerra, che riproduce con estrema attenzione al dettaglio. Se, fino ad oggi, Men of War non si era mai avventurato oltre i confini storici del secondo conflitto mondiale, con Vietnam avviene un salto temporale di oltre vent’anni: com’è facile intuire dal titolo, l’ultima fatica di 1C Company porta sui nostri schermi la sporca guerra di Apocalypse Now, uno degli scontri più importanti della guerra fredda, un conflitto asimmetrico fra le preponderanti forze di spedizione americane e la guerriglia comunista vietnamita, capace infine di strappare una vittoria d’attrito.

Vietnam è pubblicato in Italia da FX Interactive, in un’edizione che comprende una campagna bonus, in aggiunta alle due principali, una dedicata agli americani e l’altra a un manipolo di ufficiali sovietici alleati dei Vietcong. Un totale di quindici missioni quindi, insolitamente lunghe e ostiche. A differenza dei titoli precedenti, le battaglie di Vietnam ci vedono al comando di squadre numericamente ridotte, con scarsissimo supporto di veicoli, impegnate in azioni al limite del suicida contro forze nemiche preponderanti. L’inferiorità numerica schiacciante è la norma, dunque qualsiasi approccio fracassone non può che condurre al game over. Invece, sarà necessario controllare ogni singola mossa dei nostri uomini, fermarci spesso per valutare la situazione, osservare il territorio e cercare direttrici d’attacco alternative per raggiungere i vari obiettivi. Il terreno è, difatti, il grande protagonista di Vietnam: numerose mappe sono coperte da una fitta giungla, ideale per le azioni di guerriglia, capace di celare tanto i movimenti di aggiramento dei nostri uomini quanto le imboscate nemiche. Si tratta di un tocco di grande realismo, che però rischia di generare confusione persino nel giocatore, disturbandone la visione di gioco. Le missioni stesse sono ben congegnate e offrono un buon numero di soluzioni tattiche; meno valida, invece, l’IA dei nemici: capita che i tapini non reagiscano a dovere al fuoco, ed è, qualche volta, possibile eliminarli uno per volta senza troppi patemi. Pur vero che la difficoltà è assicurata dalle situazioni stesse e dall’enorme disparità di forze in campo: il rischio frustrazione, diciamolo, è dietro l’angolo, e non mi sorprenderei se i novizi della serie buttassero tutto all’aria dopo il decimo tentativo di superare un nido di mitragliatrici.

Vietnam è un titolo da veterani, dedicato a un ristretto gruppo di giocatori nella già limitata nicchia degli appassionati di Men of War. Le caratteristiche della serie, d’altra parte, ci sono tutte: inventario dei singoli soldati, possibilità di recuperare armi e munizioni sul campo, gran copia di ordini, specializzazioni e modalità di attacco, utilizzo delle coperture e, in generale, grande attenzione al dettaglio. Meno presenti i veicoli, invece: se i campi di battaglia della Seconda Guerra Mondiale offrivano lo spazio di manovra ideale a panzer e affini, l’intricato fogliame del Vietnam tende a ostacolare le operazioni meccanizzate. Nondimeno, la campagna bonus ci pone in alcune situazioni al comando di una squadra di corazzati, mentre gli elicotteri costituiscono una presenza costante e minacciosa, per quanto non possano essere controllati direttamente.

Se Assault Squad era dedicato alle sfide online, Vietnam è un’esperienza pensata per il giocatore singolo. Sussiste, tuttavia, la possibilità di affrontare la campagna in modalità cooperativa, e una limitata modalità competitiva è stata aggiunta tramite un DLC, già incluso nell’edizione italiana di FX Interactive. Sebbene le campagne non siano narrativamente forti, lo spirito del Vietnam viene evocato a dovere in tutta la sua brutalità, e non mancano situazioni capaci di lasciare pensosi per un istante, come la presenza di partigiani comunisti mascherati da contadini. Dal punto di vista tecnico, Vietnam non brilla: l’impatto d’insieme non è male, ma zoomando ci si rende conto di come i modelli non siano troppo gradevoli e le texture paiano slavate. Piacevoli, per quanto ripetitive, le musiche in linea con l’ambientazione. L’esperienza, nel complesso, è di valore, per quanto estremamente ostica e, in tutta onestà, poco adatta ai meno blasonati fra i generali da tastiera. Chi cerca un rompicapo tattico, invece, ha trovato pane per i propri denti.