Il gioco di corse di Bugbear ha diavolo e acquasanta. Scoprite il perché nella nostra recensione di Ridge Racer Unbounded per Xbox 360, PS3 e PC.
Il diavolo (o dio, a seconda di come vi piace vederla) sta nei dettagli. Il succo di Ridge Racer Unbounded sta tutto qui. Perché il gioco è divertente, con un sacco di modalità, di macchine diverse, un comparto multiplayer che rivela un’anima più ricca di quel che sembrerebbe a prima vista, un gameplay che mischia FlatOut, Burnout e Split/Second, perfetto per gli amanti delle corse arcade. Non è Ridge Racer nel senso più classico ma, come ha giustamente detto la stessa Bugbear (la casa finlandese dei primi due FlatOut che l’ha sviluppato), si tratta di uno “spin-off” più fracassone, e che potrebbe tranquillamente dar vita a una serie tutta sua. Dell’originale mantiene il gusto per le sbandate controllate, le fuoriserie tamarre e la colonna sonora elettronica (e non a caso la soundtrack è per tre quarti composta da pezzi “storici” di precedenti episodi), a cui aggiunge l’amore tutto occidentale per la distruzione, gli speronamenti e le esplosioni. Non sto a ripetere qui tutto quel che ho già scritto in sede di hands-on circa le modalità di gioco, le tipologie di tracciati, come si guadagna e si attiva il “power” e tutto il resto: andatevi a rileggere l’anteprima e bon.
I dettagli, dicevo. Ridge Racer Unbounded è una figata assurda. Da giocare: il mix di gameplay funziona bene, e il modello di guida delle macchine è fantastico. A seconda della vettura scelta cambia in maniera importante il modo in cui va tenuta in pista una vettura, fattore da tener sempre presente, al punto che a volte si “spreca” una gara solo perché ci si è dimenticati di come quella particolare macchina gestisca le derapate. Tra quelle che corrono veloce ma sono fragili come il cristallo e quelle pesanti come Tyson ma lente come bradipi, ci sono tutte le vie di mezzo possibili: non esiste una macchina migliore di altre, esiste quella con cui ci si trova meglio, con cui si instaura un buon feeling, che si riesce a controllare meglio, che più si “sente” sotto i pollici e che permette di ottenere risultati migliori. In questo c’è tutta la straordinaria capacità di Bugbear di realizzare ottimi giochi di corse. La progressione avviene nel solito modo, vincendo gare ed eventi, raggranellando punti, sbloccando macchine. Arrivare a livello venti è un attimo, perché le ore passano che manco te ne accorgi. Però ci sono i piccoli dettagli che avrebbero potuto renderlo uno dei migliori giochi di corse dell’anno, e che invece finiscono per penalizzarlo più di quanto meriterebbe. Dettagli, dicevo, perché l’impianto complessivo funziona davvero bene.
Da vedere il titolo Bugbear è proprio bello, poche storie.
Gran parte del problema sta nella difficoltà. Nella preview avevo scritto che gli avversari si fanno un po’ troppo i fatti loro e che certe sezioni appaiono fin facili; manco fossi stato preso in parola, nelle ultime settimane di sviluppo Bugbear ha deciso di alzare l’asticella della sfida, esagerando forse nel senso opposto. Ridge Racer Unbounded alterna momenti in cui vorresti prendere a martellate il pad ad altri in cui ti senti semplicemente incapace – più incapace del solito, diciamo. Gli avversari non ti danno un attimo di tregua, non mollano mai, sono determinati quanto e più di te, e questo di per sé potrebbe anche andare bene. A volte ti speronano con tanta ostinazione e precisione che li invidi, da tanto sono capaci di portarti fuori strada con manovre che a te non uscirebbero mai neanche in mille partite. Altre volte, però, hai l’impressione che facciano un po’ troppo i furbetti, e questo non va bene: all’inizio non ci fai caso, ma se presti un po’ di attenzione vedi macchine che scaricano “power” a una frequenza sospetta, come se qualcuno gliene regalasse misteriosamente a manciate. Magari sono più bravi di te a derapare, e sanno schivarti per un millimetro quando stai per colpirli, ma sono anche molto più bravi di te a riprendere il gruppo dopo un incidente; tu invece, da terzo ti ritrovi decimo o undicesimo in un nanosecondo, e a quel punto hai voglia a recuperare posizioni!
Un altro problema di bilanciamento sta nell’eccessiva penalizzazione degli errori: andando avanti nella carriera, quando la IA si fa più aggressiva e le piste meno “lineari”, vi renderete conto che basta una semplice sbandata presa male per mandare a monte un’intera gara. Occorre imparare piuttosto bene i circuiti su cui si corre, e questo va anche bene, sebbene la eccessiva somiglianza di molti tracciati e la inevitabile ripetitività dei blocchi dell’editor non aiuti. Diciamo che una gara va ripetuta almeno un paio di volte prima di poterla affrontare serenamente, con la mappa mentale del circuito ancora fresca in testa. E questo, dicevo, ci può anche stare. Ci sta meno che basti letteralmente andare a sbattere contro un ostacolo una volta di troppo o essere speronati in maniera beffarda una sola volta per dover rifare tutto da capo. Non perché io sia uno che adora i giochi facili, ma perché il gameplay stesso, con distruzioni, incidenti, speronamenti ed esplosioni, è intrinsecamente fatto di elementi casuali e non prevedibili. Ridge Racer Unbounded non premia la guida veloce e gli avversari stessi non ti permettono di correre pulito. Tocca quindi – ma è uno degli aspetti divertenti di questo genere, no? – giocare sporco: tuttavia, finire una corsa in decima posizione solo per essersi schiantati una volta contro uno spigolo rischia, alla lunga, di essere frustrante. Aggiungiamo alcune piccole cosine di secondaria importanza che non aiutano, come la possibilità di finire in qualche angolo o vicolo cieco dopo una sbandata, essere costretti a rimettere l’auto in pista tramite l’apposito comando e scoprire che non si viene messi in carreggiata “lanciati”, come dopo un incidente, ma partendo da fermi. A 0 km/h. Secondi infiniti persi, che pregiudicano qualsiasi speranza di arrivare tra i primi tre.
Finire a ruote all’aria è più facile di quel che si creda. Parola di scout.
Ci sono volte in cui corri bene, fai tutto come dovresti, distruggi gli ostacoli giusti al momento giusto, elimini gli avversari che devi eliminare, prendi le curve da dio, assecondi i tracciati senza una sbavatura, arrivi primo e ti ritrovi a saltare di gioia per la stanza; ci sono altre volte in cui riesci a vincere, o almeno ad arrivare a punti, e tra te e te pensi che ti è andata bene, che sei stato fortunato. E pensi che in un videogioco questo NON dovrebbe succedere. Ma ci ritorni, ci ritorni sempre su quelle piste, a provare e riprovare, perché te la godi, e al tempo stesso non puoi credere che un gioco così bello riesca a dimostrarsi così presuntuoso e arrogante da privarti del divertimento che ti promette a ogni sorpasso, ma che te lo sventola lì davanti, per poi rubartelo con una sportellata da stronzo all’ultima curva.