Siamo andati a Londra su invito di Rockstar Games per provare in anteprima il terzo capitolo della serie Max Payne.
Una Londra insolitamente soleggiata ha ospitato, nel giorno di San Valentino, una breve ma intensa sessione hands-on di Max Payne 3, sia su PC che su console (versione Xbox 360), e che mi ha permesso di gustare un po’ di sane sparatorie con il poliziotto più tormentato e sfigato della storia dei videogame, assente dalle nostre vite dal lontano 2003. La trama, che si sta lentamente delineando in queste settimane grazie al rilascio di nuovi trailer e frammenti di informazioni da parte di R*, ci fa incontrare il povero Max, otto anni dopo gli eventi di Max Payne 2, nuovamente alle prese con la bottiglia e gli antidolorifici, in un bar di New York: qui ritroverà Raul Passos, suo compagno all’Accademia di Polizia, che lo sta cercando per offrirgli di unirsi a lui come agente della sicurezza per la famiglia di Rodrigo Branco, industriale di San Paolo del Brasile. Max non ha alcuna intenzione di accettare, ma proprio in quel momento arrivano sulla scena alcuni sicari pronti a fargli la pelle: qualche giorno prima, infatti, in una sequenza che non abbiamo visto, Max ha ucciso il figlio di un pezzo grosso della mala di New York. Quale migliore occasione per cambiare aria?
NESSUNO ALLO STADIO
La missione “Stadium”, giocata su PC, inizia qualche tempo dopo l’antefatto che vi ho appena raccontato e subito dopo il rapimento di Fabiana, la moglie trofeo di Rodrigo, da parte dei Comando Sombra, una piccola gang locale in cerca di notorietà. Max e Raul vengono incaricati di consegnare il riscatto, a mezzanotte, nello stadio di calcio di San Paolo. Giunti sul posto a bordo dell’elicottero privato della famiglia Rodrigo, i due si accingono a mollare la borsa con i soldi ai rapinatori, quando un cecchino appostato da qualche parte ammazza i criminali e ferisce Max al braccio sinistro. Non ci vorrà molto per capire che non si tratta di un folle che gira tutti gli stadi del mondo alla ricerca di gente a cui sparare, ma del membro di un’altra organizzazione criminale ancora sconosciuta, molto più attrezzata e determinata dei Comando Sombra, e che può contare su uomini molto addestrati ed equipaggiamento militare. Da un punto di vista strettamente narrativo, nel corso della missione scopriremo che quest’altro gruppo di criminali è interessato sia ai soldi del riscatto che a scoprire dove si trova la moglie di Rodrigo: Max e Raul si ritrovano nel mezzo di tutto questo, costretti loro malgrado a difendere i rapitori per evitare che finiscano nelle grinfie dei nuovi arrivati e rivelino dove si trova la donna. Inutilmente, anche perché altrimenti il gioco sarebbe finito subito!
PROIETTILI VOLANTI
Impossibile raccontare tutto quel che è Max Payne 3 “giocato” in un articolo solo, ma ci posso comunque provare. La prima cosa che salta all’occhio, dopo pochi istanti in cui si ha in mano il pad e si comincia a sparare alla gente, è la straordinaria libertà di azione, di movimento e di mira, davvero inedita per uno sparatutto in terza persona: non importa da che parte corre Max, o dove si sta muovendo, perché sarà possibile sparare in qualsiasi altra direzione, senza che questo porti ad animazioni fuori luogo, o faccia sembrare in alcun modo artificioso il movimento del protagonista… al contrario! Merito dell’eccellente lavoro svolto dagli animatori, dai responsabili dello slow-motion, dall’Euphoria Engine e da chi ha saputo mettere insieme tutto quanto. Il risultato, non posso nasconderlo, è davvero entusiasmante, perché coniuga in maniera straordinaria la spettacolarità dei giochi in terza persona con la libertà di movimento e d’azione di quelli in prima. E del resto è proprio la spettacolarità dell’azione il cardine attorno a cui ruota tutto il gioco, e lo si vede anche da come sono costruite le (numerose) sequenze di intermezzo, fatte di montaggi sincopati e filtri che saturano i colori. Non gridino allo scandalo o all’eresia gli adoratori dei primi due giochi di Remedy, perché anch’io sono uno di loro: le tavole da fumetto che introducevano la storia nei primi due capitoli sono state sostituite da spezzoni realizzati con il motore del gioco, che tagliano e si affiancano dinamicamente, in maniera del tutto analoga a quanto avevamo visto nella serie TV 24. Per quanto possano lasciar spiazzati, almeno all’inizio, il risultato complessivo risulta molto più omogeneo e coerente con il resto del gioco, e non diminuisce di un millimetro la statura del personaggio hard-boiled di Max Payne.
È lui: l’originale bullet time, ora con più splendore e morbidezza.
A BALLET OF BULLETS
Cosa sarebbe Max Payne senza il bullet time? R* non poteva certo limitarsi a riproporlo tale e quale, e seppur invariato nella sostanza, qualcosa è cambiato. Ciò che nei primi due Max Payne era una risorsa piuttosto rara, da centellinare e da non sprecare onde ritrovarsi con un proiettile di troppo in corpo (a proposito – niente energia che si ricarica automaticamente: Max Payne è cazzuto, lui si cura solo con gli antidolorifici!), qui diventa un elemento molto più integrato nel gameplay, e che lo rende quanto mai gratificante e spettacolare. Il bullet time si accumula facendo fuori i nemici, e in misura tanto maggiore quanto più “stilosa” è l’uccisione, risultato che si ottiene molto più facilmente usando proprio il bullet time e lo shootdodge. Non ci vuole un genio per capire che, in men che non si dica, ci si ritrova in un circolo virtuoso nel quale più si rallenta il tempo, più si ha la possibilità di farlo; a questo aggiungete la completa libertà di movimento di Max, e il risultato è un vero e proprio balletto nel quale il coreografo stesso è il giocatore, che entra ed esce in continuazione (e in maniera sorprendentemente fluida) dal bullet time per costruire una spettacolare quanto efficace danza di morte. Non sarà infrequente ripetere una sparatoria solo per il piacere di poterla eseguire diversamente (con il vantaggio, tutto unico nel mondo dei videogiochi, di sapere già in parte quel che ci attende dietro l’angolo).
Una delle principali novità a livello di gameplay è data dal sistema di copertura: come Fenix, anche Max può trovare rifugio dietro qualche riparo improvvisato; diversamente dall’omone dei COG, però, il gioco non si risolve in un “whack-a-mole” con gli avversari, perché uno dei loro compiti principali sarà proprio quello di andare a stanare il giocatore, impedendogli così di abusare di un meccanismo utilissimo, ma che non va a scapito delle sparatorie vere e proprie. Non mancano poi alcuni espedienti derivativi ma comunque gradevoli, come la chase cam che segue il colpo mortale che uccide l’ultimo nemico di un gruppo, utile anche per sapere quando si può tirare il fiato. O anche il Last Man Standing, che permette – a patto di possedere almeno un curativo – di riprendere la partita dopo che ci viene inferto un colpo mortale: il tempo rallenta, la visuale si sposta automaticamente verso l’uomo che l’ha sparato, e sebbene a terra, Max può provare a ucciderlo; se ci riesce, l’antidolorifico viene somministrato e la partita può proseguire. Piuttosto tattica la gestione delle armi, ripresa da Red Dead Redemption, con una “rotella” a video dalla quale poter selezionare l’arma corrente: Max può portare con sé due armi leggere (la 608, i revo
lver, le 9 mm, gli Uzi ecc.) e una pesante, da impugnare a due mani (fucili, mitragliatori, robe così); nel corso di una sparatoria può usare una o due armi leggere, anche contemporaneamente, ma in questo caso il dual wield costringe ad abbandonare quella pesante. Non preoccupatevi di rimanere senza colpi o senza armi, comunque, perché ovunque Max si muove il terreno si riempie rapidamente di cadaveri (e relative dotazioni offensive).
Niente mezze misure per Max… tanto la finestra mica la ripaga lui.
HAI PERSO LA FAVELLA, STRANIERO?
La seconda missione, giocata questa volta su console, è ambientata nelle favelas di San Paolo, molto più avanti nel gioco. Dopo una serie di eventi sui quali non è dato sapere nulla, ma che ancora una volta segnano la vita di Max e il suo fallimento come uomo e come poliziotto, il nostro eroe decide di riscuotersi e affrontare il destino con un volto nuovo. Ed ecco perché lo ritrovo con i capelli rasati a zero. Indossa anche una terribile camicetta a fiori, ma non posso pretendere la perfezione… La missione inizia dopo che Max è stato rapinato e abbandonato in una fogna; scopro anche che sulla sua testa c’è una taglia, ma anche qui il perché rimane un mistero. La prima parte del livello si gioca in maniera del tutto passiva, senza sparatorie o dialoghi, solo muovendosi in un ambiente popolato da gente apertamente ostile o che finge di non vederci. Come il resto del gioco, l’attenzione ai dettagli messa da R* in ogni angolo è davvero notevole, a tutto beneficio del coinvolgimento emotivo del giocatore. A un certo punto incontro dei vecchi che giocano a carte e dei bambini che si trastullano in un campo da calcio improvvisato… Max cerca disperatamente un telefono, e finisce per trovarlo in un bordello clandestino, una vera e propria discarica della peggior feccia umana, con donne che si concedono a più uomini contemporaneamente fumando una pipa di crack, mentre altri osservano, e una serie di altrettanto degradanti atti osceni. In mezzo a questo squallore Max riesce in qualche modo a mettere le mani su una pistola ed eliminare alcuni avventori che avevano deciso di rapinare (di nuovo!) il “gringo” americano dalla camicia sgargiante. Inevitabile sparatoria e dissolvenza in nero sulla fine della sessione di gioco.
PC vs CONSOLE? NAAAH
Non mi interessa aprire qui una diatriba tra chi è meglio o chi piscia più lontano, perché ci penseranno i fanboy dell’una o dell’altra fazione. Posso dire che la versione PC, diversamente a quanto R* ci ha abituati ultimamente (maluccio, devo riconoscerlo), non sarà una banale conversione, per di più fuori tempo massimo: la release per Windows di Max Payne 3 uscirà il primo giugno, due settimane dopo quelle per Xbox 360 e PS3, giusto per lasciare un po’ di tempo di esclusiva alle console, ma nulla più. Il gioco è stato sviluppato in parallelo per tutte le piattaforme, e da quel che ho potuto vedere i risultati non mancano; non so ancora le specifiche richieste, né quelle della macchina su cui ho provato il gioco, ma il motore RAGE in versione DirectX 11 fa la sua porca figura. Personalmente prediligo giocare uno shooter con mouse e tastiera, ma anche con il pad il controllo di Max è davvero intuitivo. Esistono due modalità di mira, una libera e una chiamata “softlock”, che permette di inquadrare un bersaglio con il trigger destro, e che potrà essere attivata anche su PC. Inutile dire che, tra le due opzioni, la mira libera è quella che regala il maggior divertimento; ammirevole la decisione di R* (a meno di cambiamenti dell’ultim’ora) di lasciare attivata la mira libera di default anche sulle versioni console.