Un’insolita “serie” di morti e misteri dai professionisti dell’adventure-comedy, nella nostra recensione di New York Crimes.
Si corre il rischio di esagerare quando descrivi un gioco che ti è piaciuto: ti convinci di dover trasmettere le tue impressioni – evidentemente molto positive – per giustificare l’entusiasmo e, in particolare, il voto. Per questo, ma soprattutto per un’altra ragione, parlando di New York Crimes eviterò di dirvi cosa ne penso, ma vi parlerò di ciò che è.
È innanzitutto un gioco molto diverso da quello a cui Pendulo Studios ci ha abituati da 18 anni a questa parte. Durante l’anteprima era già stato detto, ma dopo averlo giocato, finito e ri-finito (perché ci sono tre diversi finali disponibili, più un quarto per chi si registra sul sito del distributore) posso dirvi che davvero si possono scordare le atmosfere spensierate e i toni leggeri di Runaway e Hollywood Monsters. Nei panni di tre diversi protagonisti si diventa testimoni (e complici) di vicende misteriose, quasi paradossali, intrise di esoterismo e satanismo. Qualcosa a cui le moderne avventure grafiche ci hanno ormai abituato, da The Darkness Within a Black Mirror.
Volendo esplorare anche questo genere narrativo, col dichiarato intento di scimmiottare, rendere omaggio e ispirarsi ad illustri esempi cinematografici, letterari, televisivi e – ovviamente – videoludici, Pendulo Studios ha però pensato bene di rivestire questo esperimento con un’ironia e uno stile che è difficile incontrare in un videogioco. Tutto prende vantaggio dalla complessità dei personaggi – principali e secondari – che snocciolano, a modo loro, un pezzo di storia ciascuno. Questa ruota intorno a uno dei tre protagonisti, lo smemorato e tormentato John Yesterday: il modo in cui questi si sviluppa la dice lunga sull’entità delle situazioni che si incontrano in poco più di cinque ore di gioco trascorse a esplorare degli scenari progettati e disegnati secondo l’inconfondibile stile Pendulo Studios, che mischia 2D e 3D con sapienza.
Temi adulti e personaggi ben tratteggiati: ecco NYC!
A qualcuno potrà sembrare inadeguata l’adozione di una grafica cartoonesca per un titolo drammatico, ma l’occhio non ha pregiudizi, e di fronte ai volti ambigui e alle espressioni tragiche si percepisce continuità tra le vicende narrate e quanto appare sullo schermo. Omicidi, torture fisiche e violenza verbale sono solo alcune delle situazioni che si incontrano in New York Crimes: alcune di queste fanno parte dei ricordi dei personaggi, altre di situazioni che si verificano nell’immediato. Il passato occupa un ruolo importante, perché grazie ai feedback si viene a conoscenza dei trascorsi dei protagonisti: uno strumento non abusato, in quanto non sempre chiarisce le questioni, ma piuttosto aggiunge profondità al comparto narrativo.
Tutto questo generalmente è cosa buona e giusta: la storia è importante, il modo in cui la si racconta ancor di più. Quello che però Pendulo Studios ha fatto, e che a me sembra più importante del cambiare approccio, è sperimentare le tecniche narrative, senza abusare dell’enfasi drammatica, anche se bisogna mantenere una certa concentrazione per cogliere l’insieme delle allusioni, degli sviluppi e delle numerose citazioni.
A sostegno di questo, non poteva che esserci una buona giocabilità, classica e allo stesso tempo minimalista. Un singolo click zooma sulla zona sensibile, attivandone la descrizione e/o l’interazione, eliminando passaggi intermedi e snellendo un’azione di gioco già di per sé incalzante. Data l’assenza delle normali transizioni degli alter ego sullo schermo, tutto è più immediato, il ritmo serrato e solo di rado rallenta in corrispondenza di qualche enigma un po’ più difficile. Questi ultimi sono tutti di natura logica e richiedono di conseguenza un’applicazione in tal senso, anche se è praticamente impossibile bloccarsi come è consueto nella maggior parte delle avventure grafiche.
L’interfaccia è abbastanza snella da non mandare in paranoia mai.
In fase di anteprima Claudio Todeschini aveva accennato al sistema di suggerimenti. Questo strumento, nonostante corra in soccorso di tutti gli avventurieri in procinto di gettare la spugna, non si è rivelato come un elemento invasivo. Accanto al pulsante predisposto a evidenziare le zone sensibili c’è quello che attiva i suggerimenti, a seconda della situazione e solo su richiesta di chi gioca. È gradevole, inoltre, che tale sistema dispensi esattamente dei suggerimenti, non la diretta soluzione agli enigmi. Di fronte a una giocabilità così agile, la longevità di gioco già esigua, si fa ancor più sottile: un neo che mi sento di poter definire accettabile. Di sicuro non avrebbe fatto piacere se i ragazzi di Pendulo Studios avessero allungato il brodo con una miriade di documenti da leggere, ripetute da un lato all’altro dello schermo, oggetti inutili da raccogliere e da combinare astrusamente… questo sì che avrebbe dilatato il tempo di gioco, ma a che prezzo?
Solo i dialoghi lasciano un po’ a desiderare se non altro perché, in tutta questa struttura che sembra volersi svincolare dalla rigidità tipica delle avventure grafiche, non offrono nulla di nuovo. Ed è chiaro, ora più che mai, che gli sviluppatori possiedono l’abilità di osare anche su questo fronte.