Inazuma Eleven 2: Tempesta di Fuoco/Bufera di Neve

La volete vedere una vera squadra di extraterrestri, senza andare a Barcellona? È qui, nella nostra recensione di Inazuma Eleven 2.

Titic, titoc, titic, titoc… e non se ne può più del calcio proposto dal Barcellona! Guardiola, Messi e Iniesta… vincono sempre, vincono tutto e sembra che su questo diavolo di pianeta non ci siano avversari capaci di contrastarli. Qualcuno, per raccontare il Barcellona, è arrivato addirittura a definirlo “un team di extraterrestri”. E allora non sarebbe mica male vedere questo Barcellona alle prese con le squadre che dovranno affrontare Mark Evans e i suoi compagni della Raimon Junior High Scool. Questo perché i team che dovremo sfidare in Inazuma Eleven 2 vengono, per l’appunto, dalle profondità dello spazio!

A CACCIA DI TALENTI
Ben poco sorprendentemente, Inazuma Eleven 2 inizia proprio pochi giorni dopo la conclusione del primo capitolo. Il che vuol dire che, tutto sommato, non è consigliabile iniziare questo nuovo gioco senza aver finito quello prima (di cui potete leggere la recensione di GV.it a cura dell’inossidabile Luca Salvucci, cliccando qui). Una settimana dopo aver vinto il Football Frontier, Mark e soci corrono al loro campetto per riprendere gli allenamenti. Sono ancora stanchi e malconci, ma hanno intenzione di “salire di livello” e di migliorarsi ulteriormente. Questo nonostante l’assenza di Axel, impegnato a prendersi cura della sorellina. Nemmeno a farlo apposta, però, il primo allenamento della Raimon finisce quasi subito. All’improvviso, infatti, il cielo viene oscurato da un grosso oggetto scuro che, a una velocità pazzesca, sorvola l’intera struttura scolastica lasciandosi dietro una scia di rovine, macerie e distruzione. A Mark e ai suoi amici bastano pochi minuti di indagini per rendersi conto di quello che è successo: la Terra è stata attaccata da una razza aliena! E, che ci crediate o meno, questi invasori spaziali (che dicono di venire dalla misteriosa Alius Academy), lanciano un guanto di sfida mica male: vogliono combattere contro la Raimon in una partita di calcio. Se Mark e soci dovessero riuscire a vincere, allora si ritireranno. Altrimenti distruggeranno la Terra e metteranno la parola fine alla Grande & Pasticciata Epopea della razza umana. Come dite? Lo trovate un po’ assurdo? Naaaa…

MEGLIO DI MESSI E DI RONALDO
La Raimon, per quanto ben attrezzata, non può competere contro una squadra di marziani. Ecco quindi che Inazuma Eleven 2 ci vedrà impegnati a girare per il Giappone alla ricerca di nuovo talenti da mettere in campo al fianco di Mark, Axel e compagni. Ben presto queste ricerche prenderanno una piega sorprendente, soprattutto quando Mark finirà per imbattersi in un fenomeno chiamato Shawn Froste. Gelido, tormentato e pirotecnico, Shawn è un po’ il “ragazzo immagine” di questa nuova avventura pallonara (venduta in due edizioni diverse ma uguali: le differenze sono talmente poche che potete scegliere in base alla copertina, o quasi). Nuova per modo dire, comunque, perché la struttura di base è infatti quella dell’originale.

A guardarlo attentamente, Inazuma Eleven 2 lo si può riconoscere come un Gioco di Ruolo giapponese talmente classico da risultare quasi “retro”. E questo è vero sia per l’impostazione di gioco, sia per il tono generale. Tono che, in barba all’invasione aliena, è sempre e comunque sciocchino. Sensazione, questa, enfatizzata sia dai dialoghi tra i vari protagonisti (che sono proprio dei “pensierini”), sia dal lavoro dei doppiatori che hanno prestato loro la voce. A sconvolgere l’impostazione estremamente classica – fatta di esplorazioni guidate ed estremamente lineari degli ambienti e di lunghi intermezzi narrativi – ci pensano le partite di calcio. Partite che, in termini pratici, sostituiscono i combattimenti dei classici GdR fantasy e/o fantascientifici. Giocare a Inazuma Eleven vuole infatti dire affrontare “match casuali” (l’equivalente degli “incontri casuali” di un Dragon Quest a caso) e partite più strutturate (che sono quasi gli scontri con i boss dei normali GdR). I match sono divertenti, ma l’effetto novità è andato un po’ perso e, quindi, al centesimo torello casuale è lecito lasciarsi andare a qualche sbuffo spazientito. Un problema, questo, che alla fin fine risulta solo un fastidio: la sceneggiatura ultrapop, le spettacolari conclusioni a rete di Axel e Shawn e le fasi esplorative tipiche dei GdR giapponesi bastano e avanzano per sorreggere un seguito magari poco sorprendente, ma comunque estremamente riuscito.