Angry Birds Space

L’infinita lotta tra uccelli e maiali si sposta nello spazio profondo. Abbiamo preso uno shuttle e li abbiamo seguiti, per regalarvi la nostra recensione di Angry Birds Space.

Uuuuiiiiiiii… boom, crash, sberebeng… gronf gronf! Ecco il primo difetto di Angry Birds Space: nello spazio non si dovrebbe sentire alcun rumore. Tuttavia, come si potrebbe giocare con soddisfazione senza avere nelle orecchie quei suoni, che ormai sono noti anche alla vecchina che aspetta l’autobus sotto casa, con in mano un fiammante iPhone 4S donatogli da un nipote premuroso? L’altro difetto: dura troppo poco, almeno rispetto ai predecessori. Certo, si tratta sempre di un gioco che costa spiccioli e che sarà supportato con un botto di livelli aggiuntivi nei mesi a venire, o almeno si spera. D’altronde, questa è sempre stata la tradizione della serie, e non vedo per quale motivo gli sviluppatori dovrebbero cambiare brutalmente registro.

A ogni modo, due mondi di trenta livelli ciascuno si spazzolano via in un paio di serate, e in altrettante ore un giocatore un po’ sgamato è in grado di “tristellare” tutto quello che Angry Birds Space mette a disposizione, nell’attesa che venga tolto il velo al mondo 3, su cui al momento campeggia un laconico Coming Soon. Volendosi fare del male, con un piccolo obolo in denaro si può acquistare un pacchetto di livelli paralleli (la cosiddetta Danger Zone), caratterizzato da un tasso di difficoltà superiore e che farà dannare anche il più indefesso dei completisti. Infine, la proposta di Rovio include un ulteriore set di stage, raccolto in un calderone chiamato Eggsteroids: si tratta di sub-livelli che possono essere sbloccati strada facendo, scoprendo particolari teletrasporti nei due mondi a disposizione.

L’uccello viola si trasforma in un razzo missile, coi circuiti di mille valvole.

Fatte queste doverose premesse, sarebbe una blasfemia non definire Angry Birds Space il migliore della serie, per lo meno dal punto di vista del concept e delle variabili che mette in gioco, a cominciare dalla presenza della forza di gravità. Quest’ultima si erge a vera e propria colonna portante di tutto il level design, visto che al di fuori della zona di influsso di pianeti e asteroidi il movimento degli uccelli è inesorabilmente quello della linea retta, mentre nelle vicinanze è necessario calcolare le dinamiche di attrazione. Si tratta di una modifica del gameplay talmente inficiante che alcuni uccelli sono giocoforza spariti (il tucano boomerang, giusto per fare un esempio, non ha proprio ragione di esistere nello spazio) e sono stati sostituiti da altri che meglio si adattano alla nuova ambientazione. Fanno così il loro ingresso due nuove conoscenze, che s’imparano ad apprezzare fin da subito: il primo è l’uccello ghiaccio, che trasforma qualsiasi superficie in una lastra facilmente impattabile dal trio di mini-uccelli azzurri; il secondo è l’uccello missile, parente di quello giallo dei precedenti Angry Birds, che può essere scagliato con veemenza in una qualsiasi direzione dopo il lancio dalla fionda.

Come detto, Angry Birds Space a livello di game design vince contro carta, sasso e pure forbice. A differenza dei suoi predecessori, che se affrontati in ottica “tre stelle” offrivano una o al massimo due opportunità di successo, qui ci si può sbizzarrire con approcci molto differenti, soprattutto nel secondo mondo. Questo è ancor più vero se si decide di cimentarsi con la Danger Zone, che dovrebbe rappresentare un assaggio di quello che a livello di sfida sarà Angry Brids Space tra un po’ di mesi, qualora fosse mantenuta da Rovio la progressione nella difficoltà che è tipica del primo capitolo, di Seasons e di Rio.

Maledetti maiali, morirete tutti!

Se, quindi, da un lato c’è il rammarico di un gioco quantitativamente inferiore rispetto alle abitudini, dall’altra c’è la percezione che Angry Birds Space sia destinato a un prosperoso e fulgido futuro in termini di contenuti e sfide, grazie a una programmazione cristallina e a un level design già da ora ispiratissimo, in particolare nei livelli avanzati. Dopotutto, per la cifra irrisoria che costa (Danger Zone compresa), lamentarsi del rapporto quantità/prezzo è davvero un po’ ridicolo, non trovate?