Siamo volati a Londra a dorso di un riluttante drago per la prima, vera presentazione del nuovo capitolo della saga.
La prima presentazione ufficiale di un gioco non può essere definita tale, nel nostro mondo, se non hai la possibilità di osservare il gameplay, insieme alla prestazione tecnica del titolo. In questo senso, il trailer visto all’E3 e il diario di sviluppo della Gamescom hanno già fatto intravedere diverse caratteristiche, dai personaggi destinati a tornare – il cattivissimo “re dei cornuti” Arishok, ad esempio, oppure la strega Morrigan – fino allo scenario da guerra civile che interessa le terre di Thedas, complicato dall’intervento delle forze del male, passando per lo sviluppo non lineare della trama e dalla maggiore possibilità di personalizzazione per l’eroe e per il team; nella presentazione tenutasi a Londra l’altro ieri, invece, tutti i rumour e le dichiarazioni dei mesi passati sono finalmente confluiti in qualcosa di più concreto.
VEDERE MA NON TOCCARE
Il cinematic lead Jonathan Perry e il producer Cameron Lee hanno spiegato le caratteristiche di gioco sulla base di diverse situazioni in-game, situate nella parte centrale della trama, con un altro sviluppatore impegnato a muovere il tutto dietro una postazione PC: la prima sequenza era maggiormente improntata sull’interazione con gli eventi, e dunque sullo sviluppo della storia, pur non facendo mancare spettacolari scontri capaci di mettere in luce, in questa prima parte del demo, l’anima più action di Dragon Age Inquisition (che è sempre lì, cari puristi). Una ruota in sovrimpressione, non così lontana dalle soluzioni di Dragon Age II, è stata aperta per mostrare le possibilità di selezione “on the fly” di poteri e pozioni, per poi lasciar spazio alla declinazione più muscolare del combattimento, nell’uso delle skill come nei repentini movimenti dei quattro personaggi. E qui qualcuno avrà già alzato il sopracciglio, lo so.
Fortunatamente si è subito palesato qualcosa di più interessante. Attraversando un’area popolata di potenti nemici, da affrontare dopo aver scalato un po’ di livelli, l’Inquisitore e il suo party si sono trovati d’innanzi a un villaggio sotto assedio: la scelta, in questo caso, è stata lasciare gli abitanti al loro destino e proseguire, sul fianco di una collina, fino a un piccolo approdo di navi nemiche; le imbarcazioni sono state prontamente distrutte, come obiettivo di una side-quest, così da ridurre i rinforzi dal mare in una delle successive battaglie; la conseguenza più logica e immediata, però, è arrivata al ritorno sulle mura della piccola città, dopo aver combattuto in scorci dall’atmosfera più cupa (con tanto di miniboss): il massacro dei civili inermi si era compiuto, mettendo in luce la gelida freddezza del leader nell’intraprendere decisioni tattiche. L’Inquisitore ha preferito puntare sul sabotaggio del nemico e su altre avventure, piuttosto che sul caritatevole soccorso a un branco di poveracci.
In questa sequenza i dialoghi hanno avuto un ruolo fondamentale: gli eventi che avete appena letto sono nati da una conversazione con un NPC, attraverso opzioni di dialogo scritte per interpretare, a seconda delle preferenze individuali, il ruolo di capo degli Inquisitori. È possibile affrontare il mondo con un sentimento, per così dire, di “pietas” verso le popolazioni, utilizzare soluzioni più individualistiche, oppure agire con il disprezzo del freddo dittatore. In simili casi, anche per il tono netto delle righe di dialogo, è impossibile non sentire nell’aria gli effluvi di un Mass Effect in salsa fantasy; tuttavia, le sfaccettature della trama sembrano molto più forti: il sacrificio dei villici a cui abbiamo assistito, insieme ad altre azioni, entrano a far parte di una «rete che porterà a un multifinale composto da più di tre possibili epiloghi (chissà, forse significa quattro… ndr), passando da una notevole quantità di snodi posti lungo la trama».
ALL’INQUISITORE DEL CASTELLO…
La seconda parte del demo si è concentrata su altri aspetti, il primo dei quali è la possibilità di conquistare specifiche fortezze, che potranno poi essere potenziate e gestite in modo differente, con conseguenze dirette sugli armamenti degli eserciti alleati così come sull’estetica degli territori limitrofi, in termini architettonici ma non solo. Finalmente, poi, è arrivata una sequenza d’azione interamente rivolta alla pausa tattica in cui abbiamo ritrovato, senza grandi stravolgimenti, un briciolo di sana strategia: il personaggio più stealth ha guidato i compagni dietro le linee nemiche, prima che gli eventi costringessero il gruppo a scatenare l’inferno; ruotando la visuale in una momentanea sospensione del tempo, il tank di turno (lo stesso eroe, in questo caso) è stato mandato in prima linea, lasciando alla maga e al balestriere il compito di bersagliare gli avversari da lontano; al secondo scontro, un poco più ostico, è stata creata una barriera di ghiaccio tra due colonne con un’apposita spell, per poi colpire al fianco i nemici impegnati ad aggirare l’ostacolo. Roba non nuovissima, certo, ma ben curata delle dinamiche: tra le altre cose, i nemici mi sono parsi più svegli della media, con il loro tentativo di difendere le retrovie senza sbilanciarsi troppo. Un tentativo fallito, per la cronaca, ma dobbiamo riconoscere che almeno ci hanno provato.
ALITO PESANTE?
La presentazione si è conclusa nel più ovvio dei modi, considerato il nome del gioco: un dragone è atterrato in una vasta radura in perfetto stile Skyrim (contesto desertico a parte), per ricordare a tutti che il napalm è stato inventato dalla sua progenie… Anche per questo, al di là delle rassicurazioni su «draghi diversificati, ognuno con la sua tattica di battaglia», preferisco lasciar spazio a qualche impressione personale dopo la chiaccherata con Cameron. In attesa di un vero hand-on, voglio subito togliermi il pensiero sulle considerazioni negative: il bilanciamento tra lo spirito RPG di Dragon Age Origins (già gentile con i neofiti, rispetto ai modelli del passato) e l’azione più frenetica di Dragon Age II è stato ricercato nella maggior varietà e specializzazione di poteri ed equipaggiamento, mentre tutto il resto sembra rimasto ancorato alle soluzioni dell’immediato predecessore, senza particolari rivoluzioni. Allo stesso tempo, però, i detrattori del secondo capitolo possono dimenticare la forte ripetitività delle aree di gioco, insieme alla prestazione grafica dello stesso, controverso episodio: il potente Frostbite 3 non sembra sfruttato al meglio, in termini di meraviglia visiva, ma riesce comunque a raggiungere un dettaglio molto più elevato nella rappresentazione di personaggi, scenari e condizioni atmosferiche, con l’aggiunta del “surplus” tipico di questo engine, determinato dalla possibilità di distruggere diverse strutture con relativi vantaggi tattici.
Altri macroscopici cambi di direzione hanno riguardato la scelta della razza – ora estesa a Umani, Elfi e Nani e Qunari – insieme all’imparagonabile apertura dello scenario: la soluzione sembra essere a metà strada tra gli spazi meno dispersivi, che facilitano la cura per i singoli dettagli (anche a livello di trama), e le ambientazioni propriamente open world, con un vasto territorio composto dalle macro ambientazioni di Nevarra, Free Marches e delle ben conosciute Orlais e Ferelden. Ognuna di queste dovrebbe essere più grande dell’intera area esplorabile di Dragon Age Origins, e potrà essere percorsa con più di dieci mount differenti. In effetti, sarà interessante il confronto con un altro attesissimo action RPG, di cui non vi ricorderò il nome per una questione di bon ton (non si parla di una bella ragazza, di fronte a un’altra): vi dirò solo che il titolo in questione prevede una pausa tattica dal funzionamento diverso, al servizio di un solo e carismatico personaggio, e che la sua concezione di open world si è fatta decisamente ambiziosa, dopo due giochi progressivamente più grandi e sfaccettati, fino a superare la dimensione dei più blasonati GdR ad ambientazione aperta. La sfida è lanciata anche sul piano narrativo, visto che Dragon Age Inquisition sembra aver virato su un tono più forte e maturo, in linea con l’innominabile (ed eccellente) concorrenza.
DRAGONI TRA LE NUVOLE
In chiusura, lasciatemi spendere un paio di parole sulla tecnologia cloud Dragon Age Keep, anche solo per ricordarne la valenza: il sistema prevede la raccolta e la gestione dei salvataggi dei precedenti episodi della saga, utilizzabili su PC e sulle console next-gen (ricordiamo, comunque, che sono previste versioni “depotenziate” anche per Xbox360 e PS3), in modo che ognuno possa trovare tutte le possibilità sul tavolo, in termini di snodi narrativi, compagni acquisiti, sviluppo dell’eroe precedente e caratteristiche dell’organizzazione guerriera Grey Wardens, per poi decidere di esportare ciò che vuole nel terzo capitolo. È possibile rispettare fino in fondo le scelte fatte in precedenza, oppure optare per uno specifico snodo e ridefinire, da quel punto, gli attributi e le abilità acquisite, oltre alla struttura della storia (questa opzione sarà offerta anche ai totali neofiti, che ovviamente dovranno partire dall’inizio). Tuttavia, a mio modesto avviso, la notizia migliore risiede altrove: la non linearità della trama degli action RPG sembra essere tornata la regola, dopo aver rappresentato per anni una sorta di “eccezione dei coraggiosi”. Meglio tardi che mai.