La vita di ogni essere umano prende talvolta pieghe inaspettate. Puoi decidere di andare a cena fuori, ma poi a tuo figlio sale il febbrone e ti ritrovi a mettere in forno un paio di pizze surgelate, costretto a rimanere a casa. Spesso c’è quell’evento che stravolge i tuoi piani, nel bene e nel male, e non puoi che accettarlo passivamente con una certa impotenza.
Una donna credeva di aspettare un bambino e aveva già programmato il suo matrimonio ma, boom, l’ecografia le rivela che in grembo non ha il suo primogenito… bensì un tumore grande come un mandarino. Si dispera, ne prende coscienza, va avanti. È questo il cuore pulsante del nuovo film drammatico di Netflix, L’unica (Irreplaceable You), disponibile sulla piattaforma dallo scorso 16 febbraio. Ve ne parlo perché, sebbene sia una pellicola che non racconta niente di nuovo – lei si innamora di lui, lui di lei, lei si ammala gravemente e si prepara a morire -, offre spunti interessanti grazie ai quali poter riflettere e apprezzare la vita. Un po’ di più.
Di seguito è presente più di qualche spoiler, per cui vi consiglio di continuare a leggere dopo la visione.
Già dalla prima scena de L’unica si scopre che Abbie, il personaggio principale interpretato da una magnifica Gugu Mbatha-Raw (già grandiosa in The Cloverfield Paradox), è morta. Il suo ex fidanzato va infatti a portarle dei fiori al cimitero, dopodiché parte un flashback che dura un’ora e mezzo e racconta la storia di Abbie e Sam. Non mi dilungherò nel riportarvi la trama o nell’analisi della pellicola perché, di fatto, questa non è una recensione. Spero soltanto che queste righe siano d’aiuto per rendervi veramente conto di quanto, la maggior parte delle volte, non realizziamo di essere fortunati.
Non so a voi, ma a me è capitato di affannarmi e lamentarmi per il lavoro, o di essere nervoso perché avevo voglia di starmene tranquillo a vedere la tv e invece mia moglie si era sbizzarrita con gli inviti a pranzo, togliendomi la pace che bramavo. Succede infatti che delle piccolezze cambino il nostro umore perché siamo incapaci di guardare a ciò che abbiamo, di viverlo al cento per cento e di gustarlo da sobri. È come se fossimo costantemente ubriachi, con quel “mi gira tutto” che offusca doni belli come la salute, la famiglia, l’amore. Non riusciamo a renderci conto di questo stato di ebbrezza perché siamo sempre proiettati al domani, o scontenti per qualcosa che ci manca.
La natura umana è questa ed è ciò che L’unica, più di ogni altra cosa, vuole mettere in risalto. È come se il film diretto da Stephanie Laing ci dicesse, attraverso una storia struggente ma con la giusta dose di umorismo, “vivete l’oggi belli ché il domani non vi appartiene”. E quando la protagonista si dà ansante alla ricerca di un futuro partner per l’amore della sua vita, il goffo e ingenuo Sam, è come se di fatto stesse buttando il suo oggi. L’unica non è un film che merita di essere ricordato negli annali del cinema, sia chiaro, e forse molti lo potrebbero considerare il solito film d’amore strappalacrime, perfetto da vedere con la dolce metà muniti di coperta e cioccolata calda, fiacco e privo di personalità propria.
La storia di Abbie e Sam è però verosimile. Da qualche parte del Mondo c’è davvero qualcuno che ha vissuto o sta vivendo lo strazio della loro situazione, e più vicino di quanto immaginiamo c’è senz’altro chi si sobbarca una storia ancora più angosciante, distruttiva. Nonostante ciò il film ci conduce a un punto in cui Abbie riesce addirittura a ritenersi fortunata, godendosi – seppur arrancando – gli ultimi giorni della sua vita. D’altro canto anche quelli facevano parte della sua permanenza su questa Terra, e gettarli via sarebbe stato un peccato mortale. La malattia viene inizialmente vissuta dalla protagonista come una fase della vita utile a pianificare in qualche modo il futuro del suo amato per quando lei non ci sarebbe più stata, ma accetta umilmente di prendere vere “lezioni di cancro” durante le sue uscite con il vecchio Myron (Christopher Walken), che le consente di vedere il suo dramma con un’ottica diversa. “Sto morendo da più tempo di te, quindi so farlo meglio”, la punzecchia con fare da dottorino neolaureato.
È così che si toglie quel velo dagli occhi, quella patina che fondamentalmente non le permette di vedere ciò che ha nella sua vita, e non è quel tumore che piano piano gliela sta succhiando via. La fortuna di avere un uomo accanto che, nonostante il travaglio, continua a donarle gratuitamente il suo amore. È così che L’unica ci interroga, come un minaccioso agente dell’FBI che si sfrega le mani prima di darci un bel pugno sulla guancia:
“Apprezzi quel che hai? E, soprattutto, vivi l’oggi?”