Dopo tanta attesa e tante aspettative, ecco che finalmente la nostra Lara approda al cinema con il nuovo film a lei dedicato, Tomb Raider, ispirato all’omonimo reboot del 2013 ad opera del developer Crystal Dynamics.
Benché dal materiale promozionale che ha preceduto l’uscita del film nelle sale ci si aspettasse qualcosa di molto simile al videogioco anche in termini di trama e situazioni, posso garantirvi fin da subito che, nonostante l’impronta survivor ci sia e si veda, la pellicola si ispira al gioco per linee generali, addentrandosi poi in sentieri originali che ci consegneranno una versione alternativa ma non per questo meno interessante dell’esperienza da incubo di Lara sull’isola di Yamatai. Ma partiamo dal principio, e concentriamoci subito sulla nostra esploratrice.
L’utenza ha avuto reazioni molto forti e fra loro anche diametralmente opposte quando il regista del film Roar Uthaug ha scelto l’attrice svedese Alicia Vikander (Ex-Machina, The Danish Girl) per vestire i panni di Lara Croft. Molti hanno disprezzato in particolare il suo aspetto, specialmente per via del suo fisico asciutto continuamente paragonato a quello di Angelina Jolie, che negli anni passati interpretò la sua versione di Lara sul grande schermo forte, oltre che delle sue doti recitative, anche della somiglianza fisica fra lei e il modello poligonale dell’avventuriera più famosa del mondo. Ma così come la Jolie si dimostrò all’altezza del ruolo nel 2001, la Vikander ha fatto un ottimo lavoro oggi, dovendosi rapportare ad un personaggio per moltissimi versi diverso e più complesso rispetto a quello che era in auge una decina di anni fa.
La sua Lara è una ragazza giovane, scanzonata, impulsiva e volenterosa che però deve quotidianamente affrontare i problemi derivati dal suo rifiuto di ereditare le proprietà del padre, disperso durante uno dei suoi viaggi avventurosi e dato per morto. È apprezzabile lo scarto di situazione fra la Lara che si ingegna mille modi per guadagnare qualche soldo, e la figlia del facoltoso Richard Croft, che esplora i meandri della magione di famiglia per scoprire la verità sull’ultima spedizione del padre. Spinta dal bisogno di scoprire cos’è realmente accaduto alla persona più importante della sua vita, Lara affronterà come nel gioco situazioni che le mostreranno la morte da vicino; forgiata nella sua nuova consapevolezza potrà infine diventare la Lara Croft che conosciamo.
Questa transizione viene interpretata in maniera convincente dalla Vikander, che con la sua recitazione ci restituisce una Lara dalle molteplici sfaccettature: ragazzina che si rifiuta di prendersi le responsabilità lasciatele in eredità dal padre, intraprendente esploratrice dalle mille risorse, sopravvissuta e, semplicemente, figlia. Complice la messa in scena, devo dire che come spettatrice ho provato una varietà di emozioni, sono passata dal sorriso alla preoccupazione, al sollievo…ammetto che le sequenze in tutto e per tutto ispirate al videogioco in cui Lara viene sbalzata, travolta dalla furia dell’acqua, appesa ad un appiglio precario a strapiombo su un vertiginoso precipizio mi hanno realmente fatto soffrire. La realizzazione delle scene e l’interpretazione di genuine fatica e paura della Vikander mi hanno convinto fino in fondo.
Certo il film non è retto unicamente dalla sua protagonista. Nell’avventura di Yamatai figurano altri personaggi, fra cui il contrappunto alla nostra eroina e cioè Mathias Vogel, interpretato da Walton Goggins (Django Unchained, Lincoln) che tratteggia un personaggio stanco, frustrato e pronto a tutto non per cattiveria, ma per pura e semplice determinazione di uscire dall’isola. A questi si aggiungono Lu Ren, capitano e unico membro della nave Endurance interpretato da Daniel Wu (Warcraft: l’inizio), personaggio con il dichiarato ruolo di spalla della protagonista.
Per motivi di tempo, la trama si concentra su questi pochi personaggi alla scoperta del segreto di Yamatai e della sua regina Himiko tralasciando volontariamente l’intera setta dei Solarii e i guerrieri Oni del videogioco: in effetti il film evita completamente di addentrarsi nel territorio del soprannaturale tanto caro alla serie videoludica, andando a creare un contenuto originale che però risulta essere una buona idea. Nel film troviamo anche omaggi a Indiana Jones, complice anche la tradizione ventennale di Tomb Raider di risoluzione dei puzzle e dei trabocchetti.
In conclusione, Tomb Raider è un buon film d’azione su licenza che rassomiglia al videogioco abbastanza da emozionare il gamer che riconoscerà questa o quella situazione ma non al punto da precludersi a quella fetta di pubblico che non ha provato il gioco. L’interpretazione della Vikander è convincente, anche se per rispettare i tempi del film la caratterizzazione del suo personaggio emerge a discapito di quella degli altri, che in molti casi risultano decisamente meno credibili della protagonista. Una buona idea che è stata sfruttata bene, ma che si poteva tutto sommato sfruttare meglio.