Vi era un tempo in cui a spadroneggiare nelle giulive camerette dei ragazzi erano le buone vecchie costruzioni: prototipi perlopiù, dalle incerte forme e proporzioni, ma pregne della più genuina fantasia. Allora Nintendo produceva carte da gioco, il meccano di Frank Hornby faceva impazzire la quinta generazione consecutiva, i mattoncini LEGO iniziavano ad assumere la forma che noi tutti conosciamo. Ed ancora il piccolo chimico ad intrattenere il futuro scienziato, guardia e ladri per i piccoli uomini d’azione e tutto ciò che sotto un cielo terso poteva rendere felice un marmocchio. Alla base di tutto questo vi erano fogli di istruzioni infiniti accompagnati dalla voglia scoprire, toccare e inventare tutto ciò che si potesse desiderare. Molto prima che internet prendesse piede, la noia sopraggiungeva al calar dell’immaginazione e non della connessione. Molti tendono ad interpretare la storia come ciclica e Nintendo sembra vederla proprio così. Riuscirà la potenza delle idee a vincere la potenza di calcolo? Scopritelo con noi, nella recensione di Nintendo Labo. Anche perché… Carta canta!
Un fulmine a ciel sereno
È doveroso riconoscere che l’arrivo in redazione della confezione di Nintendo Labo (il kit assortito), non è certo avvenuto in sordina. Un sorriso ebete era stampato – nel mentre che io scartavo l’imballaggio – sul volto di quasi tutti i miei colleghi. Buon segno. Molti dei dubbi che aleggiavano in merito all’ultima scommessa della casa di Kyoto stavano effettivamente per trovare risposta. All’aprire del pacco, tuttavia, l’odore inconfondibile della carta mi spiazzò più di quanto non volessi ammettere. E più in fretta di quanto avessi immaginato, la realizzazione di una prima grande opera ingegneristica, nientemeno che una canna da pesca, era già l’attrattiva principale della redazione. Essa fu fieramente realizzata in ben mezza giornata, ed alla sua collaborazione parteciparono qualcosa come otto aitanti persone, dalla ragazza al desk al grafico. Forse è proprio questa caratteristica di Nintendo Labo ad essersi imposta maggiormente: la partecipazione generale aveva reso di fatto l’indaffarata redazione una piccola grande famiglia, stretta intorno a delle istruzioni e tanto cartone. Neanche l’arrivo del più atteso e sbalorditivo tripla A sarebbe riuscito a sortire un effetto simile, e di questo vi ho voluto parlare, della (credetemi) incredibile capacità di una scatola piena di cartone portare il Natale un impegnatissimo ufficio come tanti altri. Certo è che se avessi ricevuto e provato Nintendo Labo in solitudine, l’effetto sarebbe stato molto più contenuto, dissimile da quanto suddetto. Proprio in merito a questa considerazione, è opportuno cercare di delineare, oltre alle indiscutibili doti di rottura del prodotto giapponese, anche i limiti dell’esperienza. Il primo inequivocabile limite è il bisogno di condividere l’esperienza con qualcuno. La necessità di ridere, montare e scoprire insieme le proprie creazioni è seconda solo al genuino divertimento che, con il giusto contesto, Labo riesce a generare.
Il grande ritorno dell’analogico
Di quanti tasti è composto un pianoforte di cartone? Quanto è lunga la realizzazione del mulinello di una canna da pesca home made? Come ho fatto a non rompere nemmeno un singolo tassello, dei puzzle che compongono i vari progetti del gioco? Sono tutte validissime domande. Nintendo Labo, per prima cosa, è al momento venduto secondo le modalità dei vecchi giochi di costruzioni: a seconda del kit che si va ad acquistare si hanno determinati pezzi, con i quali si possono seguire religiosamente le istruzioni per poi giocare, o inventarsi qualcosa da sé, attingendo ad un vasto campionario di funzioni ed algoritmi, in grado di regolare i sensori, i suoni e la vibrazione dei Joy-Con che andranno ad animarli. Ad esempio il kit in nostro possesso (il Kit Assortito) permette di dar vita a ben sei diversi progetti, ma nulla ci vieta di dare sfogo alla nostra fantasia e costruirne uno nostro per poi usare la funzione “Garage” per dargli vita. Tra la fase di montaggio ed i minigiochi successivi, Nintendo ha inserito la voce “Scopri”, con la quale dei simpatici e chiaramente stereotipati personaggi (creati ad hoc) ci permetteranno di capire il funzionamento dei nostri prototipi, financo a personalizzare e variare l’esperienza di gioco. Proprio in questa modalità ci si accorge che la cura, anche nel software, per il prodotto è stata maniacale: se per un bambino sarà naturale rimanere incantati e assorbiti dagli insegnamenti e dal carisma del Dr. Gerry, dall’attenta Lerna e dallo sbadato Plaise; anche agli occhi di un adulto questi sembreranno simpatici ed azzeccati. Ma veniamo al lato pratico. Per prima cosa, le istruzioni e la possibilità di osservare a 360° un modellino 3D con tutti i passaggi da effettuare per montare i suddetti costrutti, rende la costruzione davvero semplice e lineare, cosa che potrebbe rischiare di tediare le mani più pratiche. Allo stesso tempo però alcuni progetti (maledetta canna da pesca) richiedono fino tre o quattro ore, rendendoli certamente più impegnativi e molto più appaganti. Strato dopo strato, ed in modo assolutamente intuitivo ed alla portata di tutti, si riescono a fabbricare strutture dal funzionamento geniale. Tra una fase di montaggio e l’altra il gioco suggerisce per l’appunto di fare qualche pausa, onde evitare di estenuare e stressare il malcapitato che pensasse che un pianoforte di cartone fosse un’impresa rapida. Nota di merito all’ottimo cartone utilizzato: non si rompe affatto facilmente e pur non essendo niente più, trasmette una sensazione di solidità al tatto, e non presenta intoppi durante l’utilizzo.
Un Laboratorio infinito di idee
Nintendo Labo è difficilmente quantificabile come esperienza. Non tanto poiché permette di trarre dal gioco qualcosa che non è previsto nel gioco stesso, che, per quanto sia un’apprezzabilissima feature, non mi esimerebbe dal valutare il prodotto per ciò che propone a un singolo di media. È l’idea che pregna l’intero prodotto ad essere difficilmente classificabile. Nintendo ha affidato all’immaginazione, alla creatività ed alla socialità un ruolo così importante da rendere Labo (per l’appunto) un’idea più che un prodotto, ed io amo pensare – per scomodare il celebre personaggio di un’altrettanto celebre romanzo grafico di Alan Moore – che “Le idee sono a prova di proiettile“. Con questo presupposto come filo conduttore del ragionamento, è lecito dire che sta a come viene accolto e quanto ci si lascia trasportare dal gioco nella sua interezza a decretarne il divertimento che ne conseguirà. Se non si è pronti a lasciarsi stupire, Nintendo Labo potrebbe non essere altro che del semplice cartone ingegnosamente piegato. Ma se si è disposti a liberare tutta la nostra parte fanciullesca in compagnia, allora l’esperienza sarà decisamente più profonda e gratificante. In Uno, nessuno e centomila Pirandello scrive “Ma che colpa abbiamo, io e voi, se le parole, per sé, sono vuote?…E voi le riempite del senso vostro, nel dirmele, e io nell’accoglierle, inevitabilmente, le riempio del senso mio.” e così è per la casa, il pianoforte, la canna da pesca, il manubrio della motocicletta e tutta l’offerta di Nintendo con questo geniale e forse folle prodotto.