State Of Decay 2, primi passi nell’apocalisse di Undead Labs

State Of Decay 2

Finalmente sono riuscito a mettere le mani sull’ultima fatica di Undead Labs, era quindi scontato, per me, portarvi le mie prime impressioni su State Of Decay 2. Ho da sempre sognato una vera e propria “apocalisse zombi”, in cui i defunti si rialzino dalle proprie fetide tombe per scorrazzare su questa simpatica roccia che orbita intorno al sole. Insieme a licantropi e, non me ne vogliate, poltergeist sono tra le creature soprannaturali che più mi affascinano sin da quando ero ancora un imberbe fanciullo (scherzo: mai stato imberbe) che guardava, con gli occhioni sgranati, Zio Tibia raccontare le sue Storie Dalla Cripta in seconda serata sull’ingombrante TV a tubo catodico che troneggiava in salotto. Fidatevi, di fronte a quei mostri tecnologici l’avvelenamento per radiazioni e la trasformazione in morti viventi non era del tutto da escludere! Quindi sedetevi, preparate snack e bibite energetiche e seguitemi in questa esplorazione preliminare di ciò che il titolo di Undead Labs, pubblicato sotto l’egida di Microsoft, ha da offrire a noi appassionati di non morti.

Parto subito fugando ogni dubbio: State Of Decay 2 non è un mero copia e incolla del suo predecessore. Tutt’altro, riparte laddove quest’ultimo si interrompe e riprende magistralmente l’opera limando e correggendo alcuni difetti del primo capitolo e, purtroppo, glissando su alcuni altri che avrebbero potuto essere facilmente sistemati. Ma su questo punto, almeno per quanto riguarda il lato tecnico, sono fiducioso: dopotutto viviamo nell’era delle patch al lancio e dei bugfix istantanei e, se non bastasse questo per alimentare una fiamma di speme, Undead Lab ha già dichiarato di essere a conoscenza di tutti o quasi i problemi della build attuale e di essere già al lavoro per risolverli entro il lancio del gioco. Intendiamoci, a colpo d’occhio il gioco si presenta in buona forma, con discreti effetti di luce e, soprattutto, animazioni molto meno legnose rispetto al suo predecessore. Purtroppo non si può dire lo stesso di alcune texture, decisamente sgranate, e della stabilità del framerate che in alcune situazioni crolla miseramente, così come di altre piccole magagne. Qualche difetto c’è, non indorerò la pillola, ma tutto sommato il motore di gioco fa abbastanza bene il suo dovere e si può affermare che, nonostante i problemi ancora palesi, il passaggio dal CryEngine utilizzato nel primo capitolo a Unreal Engine ha sicuramente giovato al titolo. Il gameplay, nelle sue meccaniche di base, risulta quasi invariato ma il gunplay sembra essere decisamente migliorato rispetto al primo capitolo. Ogni arma da fuoco restituisce ora una sensazione, un feeling diverso: colpire un infetto in piena faccia con un fucile a canne mozze è, se possibile, ancor più soddisfacente di prima. In questo bisogna riconoscere un buon lavoro sul combat system in generale e in particolare sulle hitbox, che sembrano meno “casuali” rispetto al passato.

State Of Decay 2
Come vi ho accennato, alcune meccaniche sono state riviste e riequilibrate, con alcune nuove aggiunte che sono molto interessanti e riescono a portare il titolo a un nuovo livello. Su tutte, ovviamente, spicca la nuova modalità cooperativa: affrontabile fino a quattro giocatori in cross play tra PC e Xbox One, è una delle novità che più mi hanno colpito, anche se non del tutto in positivo. Massacrare orde su orde di zombi è una cosa che piace tanto a me quanto a voi, credetemi, ma affrontare questi cannibali decerebrati in compagnia di altri giocatori umani rende le cose troppo facili. La sensazione, nelle prime ore di gioco, è che in parte venga meno il fattore survival del gioco, temporaneamente accantonato e sacrificato all’altare dell’azione che, in modalità cooperativa, sembra farsi più serrata e caotica. Un’altra peculiarità della modalità online è che le azioni dei giocatori intervenuti ad aiutarci non si ripercuoteranno sulla loro partita ma solo sugli eventi in corso nella nostra. Questo riesce ad aggiungere, sottilmente, un elemento di non poco conto ai fini dell’immersività: non parliamo tanto di un matchmaking classico quanto di un gruppo di sopravvissuti che si allea con altri derelitti per sfuggire al declino dell’umanità. Un altro particolare che mi ha (non troppo, in tutta onestà) favorevolmente colpito è la scelta di personalizzare il loot durante le sessioni cooperative. In pratica ogni giocatore avrà accesso solo ed esclusivamente a certi contenitori, il cui contenuto potrà essere poi scambiato con gli altri partecipanti alla partita solo dopo essere stato raccolto dal sopravvissuto in questione. Se da un lato questo minimizzerà sicuramente i problemi relativi alla spartizione del bottino, dall’altro va a mio avviso a privare il giocatore di una piccola libertà: quella di fare lo sciacallo. In un titolo come State Of Decay 2, che sembra quasi una (bella) puntata di The Walking Dead, un ulteriore elemento roguelike non mi sarebbe dispiaciuto.

State Of Decay 2
Parlando del mero single player, invece, si può notare come la parte gestionale sia rimasta pressochè invariata nelle basi, con qualche piccola aggiunta e ritocco che danno nuova freschezza al gioco e, al contempo, riescono a rendere tutto estremamente intuitivo e di facile accesso specialmente per i veterani del primo capitolo. Come in State Of Decay dovremo trovare riparo mettendo in sicurezza una struttura adatta e attrezzandola per poter fare fronte a tutte le minacce del mondo esterno. Una volta stabilito il nostro quartier generale, dove avrà sede anche il nostro magazzino principale, è il momento di cominciare ad esplorare una delle tre aree a disposizione per scoprire quali risorse si celino nei paraggi. Se la gestione delle nostre basi sembra cosa facile, lo stesso non si può affermare per quanto riguarda il riuscire a far andare d’accordo i nostri seguaci. Ogni superstite, infatti, ha le proprie peculiarità e caratteristiche che si riflettono non solo sul suo stile di combattimento o di gioco, ma anche sui rapporti interpersonali che si sviluppano all’interno della comunità. Il morale dei nostri compagni è uno dei fattori chiave da tenere sempre sotto osservazione e ogni nostra scelta può alterare questo valore in meglio o, inutile dirlo, in peggio.

State Of Decay 2
Per concludere ecco un ultimo e leggero antipasto, prima della scorpacciata che arriverà con la nostra recensione: un piccolo accenno alla storia di State Of Decay 2. Gli eventi si compiono circa un anno e mezzo dopo lo scoppio dell’epidemia; a differenza di Marcus ed Ed, quindi, i sopravvissuti che impersoneremo in questo nuovo capitolo saranno più avvezzi alla presenza degli zombi e più forgiati per questo nuovo mondo. All’inizio del gioco ci sarà data facoltà di scegliere tra tre differenti “coppie” di superstiti, ognuna delle quali formata da due sopravvissuti dotati di abilità uniche che potremo, guadagnando esperienza e completando missioni, migliorare. Una volta scelto con quale coppia e da quale delle tre aree a disposizione partire, il resto starà a noi. Come in una reale apocalisse saremo lasciati a noi stessi, soli, in un mondo dove tutto è corrotto e la civiltà è ormai ridotta a piccoli gruppi uniti da precarie alleanze e meschini scopi comuni e diviso da sanguinose faide. Aldilà della quest principale (niente spoiler, non siamo qui per questo!), la cui durata dovrebbe secondo gli sviluppatori attestarsi intorno alle venti ore di gioco, saremo obbligati a fare un’unica cosa: sopravvivere, con ogni mezzo a nostra disposizione.

Tirando le somme, per il momento State Of Decay 2 sembra apparire in buona forma nonostante qualche difetto mutuato dal primo capitolo e che ora come ora sembra in parte affliggere anche questa nuova iterazione. Non ci resta quindi che finire di spolpare, letteralmente fino all’osso, il titolo e attenderne il lancio per avere tra le mani una versione definitiva del gioco e poter esprimere un parere ben più esaustivo.
Gamer dal 1990, complice un NES è diventato un essere mitologico, metà uomo metà pad. Nato per partenogenesi dal dio Chaos, si narra che nel suo pizzetto viva un troll viola del tutto simile a Trevor Phillips. Tra una sessione di gaming e l'altra è riuscito a procreare e la stirpe, sorprendentemente, è umana. Sincero, arrabbiato e politicamente scorretto, ama Halo alla follia, tanto da chiamare la figlia Cortana.