Contrariamente alla decisione dei colleghi danesi, pare che l’autorità francese che si occupa di gioco d’azzardo, l’ARJEL, abbia optato per non inserire le lootbox di videogiochi come Overwatch, PUBG o FIFA nel novero delle attività che presentano elementi affini ai jeux de hasard. D’altra parte, ammettono che il caso beneficerebbe di una regolazione legislativa che comprenda l’Europa intera.
La principale causa addotta per giustificare la decisione è che le ricompense trovate nelle lootbox non posseggono valore intrinseco, cioè non potrebbero essere rivendute per denaro “del mondo reale”. Questo è almeno parzialmente invalidato dall’esistenza di siti in cui i giocatori stessi mettono in vendita talune ricompense a prezzi da capogiro, ma l’ARJEL obietta che in questo caso gli sviluppatori non possono essere ritenuti responsabili. Tuttavia, non si nega il potenziale effetto nocivo che pratiche simili possano avere sul pubblico più giovane.
Ricordiamo che il caso microtransazioni ha avuto inizio con l’avvento di Star Wars: Battlefront II, nel quale le lootbox giocavano un parte fin troppo importante, e l’ondata di sdegno che ne seguì determinò una rimozione delle suddette che si è protratta fino a pochi mesi fa.