Dragon Quest, Final Fantasy, Disgaea, Atelier, Persona. Nel corso del tempo, tutte le saghe summenzionate sono riuscite a ritagliarsi una discreta fetta di fedelissimi, eppure la stessa cosa non è accaduta per altri esponenti del genere JRPG divenuti famosi solo in terra nipponica e rimasti praticamente sconosciuti a gran parte dei giocatori occidentali. Fra le saghe rimaste nell’ombra vi è sicuramente la serie Shining, sino ad oggi rimasta principalmente confinata nel solo mercato asiatico. SEGA fortunatamente ha deciso di iniziare ad invertire questa tendenza, portando anche in occidente il remaster di uno degli ultimi capitoli, uscito oramai diversi anni or sono solo sulla scorsa generazione di console, e solo in terra nipponica: Shining Resonance, giunto in Europa con il sottotitolo Refrain.
Senza spoilerare molto sulla storia, vi basti sapere che il mondo, nell’universo di Shining, era un tempo governato da possenti draghi, i quali vivevano in armonia con elfi ed esseri umani, che li veneravano come se fossero vere e proprie divinità. In seguito ad una spaventosa guerra, queste possenti creature si sono pressoché estinte, e le loro anime cristallizzate risultano ora sparse per tutto il globo. Per impossessarsi dell’oramai perduto potere dei draghi, l’Impero di Lombàrdia ha invaso il piccolo regno di Astoria, in cui vive un ragazzo che custodisce nel proprio corpo l’anima del cosiddetto Shining Dragon, la più potente e pericolosa fra le suddette bestie leggendarie. Nei panni dell’avvenente Sonia Blanche, cavaliere e al tempo stesso principessa di Astoria, e dell’elfa Kirika, la temuta Dragoneer di Wellant, il giocatore è quindi incaricato di salvare dalle grinfie dell’impero il giovane spadaccino Yuma Ilvern, ormai rinchiuso nella Prigione di Gaelritz. I Dragoneer altro non sono che le persone in grado di utilizzare una delle sette armi intrise del potere dei draghi, artefatti di incredibile potenza. Il comparto narrativo, pur partendo da premesse chiaramente legate all’immaginario nipponico, si concede anche qualche prestito dalla mitologia norrena: nel corso dell’avventura infatti si farà spesso riferimento a cose come il Ragnarok, ossia lo scontro fra le forze del bene e quelle del male che secondo i miti nordici precede la fine del mondo. Ad ogni modo questo non è God of War, quindi dal finale del gioco non aspettatevi chissà quale epico scontro con un Dio nordico: qui i nemici più forti contro i quali incrocerete le armi sono appunto i temibili draghi leggendari.
Tecnicamente, complice anche un lavoro di rimasterizzazione molto povero, la natura old gen del gioco si fa sentire, soprattutto se consideriamo che si tratta di un gioco uscito nell’oramai quasi preistorico (videoludicamente parlando) 2014. Le mancanze in termini visivi si notano soprattutto durante il girovagare per le città, spesso molto spoglie e poverissime in termini di dettagli. A salvare in parte un comparto tecnico zoppicante ci pensa l’ottimo design dei personaggi, curato dal celebre fumettista nipponico Tony Taka, e dei mostri che incontrerete nel corso dell’avventura. Nel gameplay, invece, per quanto offra qualche spunto interessante, il titolo scricchiola non poco sotto il peso degli anni, affidandosi ad un sistema fin troppo classicheggiante. Durante gli scontri dovrete prestare particolare attenzione alla barra dei PA (punti azione, perché una volta consumata tutta non sarete più in grado di sferrare alcun tipo di attacco. Man mano che andrete avanti e sbloccherete nuove skill, potrete disporre di attacchi via via più potenti grazie soprattutto alle abilità di forza, che recupererete avanzando di rango. Gran parte del combat system ruota attorno alla meccanica del break, una sorta di status alterato che è possibile infliggere a qualsiasi tipo di avversario colpendolo sempre in un determinato punto, in modo da renderlo quasi inoffensivo e suscettibile a un maggior quantitativo di danni. Come ogni buon JRPG che si rispetti, anche in Refrain è possibile influire sulle statistiche del personaggio cambiando gli abiti ai vari membri del party. Durante il gioco, inoltre, vi ritroverete al controllo di un personaggio piuttosto che un altro in base alla porzione di storia che starete vivendo, cosa che apre spesso diversi risvolti interessanti dal punto di vista narrativo e appare molto chiara sin dalle prime battute del gioco, in cui impersonerete a tratti l’affascinante guerriera Sonia, a tratti l’elfa Kirika. Altra nota dolente di questa remaster, comparto tecnico a parte, è sicuramente il suo essere completamente in inglese, dal parlato ai testi. Certo, si tratta di un problema comune a tanti fra gli esponenti del genere meno noti di un Final Fantasy a caso, eppure una traduzione in lingua italiana avrebbe forse aiutato, dopo ben cinque anni, a giustificare maggiormente il prezzo del pacchetto (49,99 euro), comunque di per sé piuttosto onesto, se consideriamo che si tratta di un’opera fino ad oggi inedita in Occidente e ricchissima di contenuti.