Battlefield V Anteprima, il futuro del multiplayer secondo DICE

battlefield V

L’amore che personalmente provo da oltre un decennio per la serie Battlefield è qualcosa che non si può spiegare a parole: per capirlo appieno, bisognerebbe osservare le mie reazioni mentre mi diverto a giocare online, i piccoli sussulti e le repentine fughe quando vengo colpito da un proiettile, l’esaltazione provata nel mettere a segno un colpo ben assestato e la gioia quando il teamwork che ho in mente con i miei compagni funziona appieno. Battlefield è così, sa essere adrenalinico e viscerale al pari di un Call of Duty, se glielo si lascia fare e lo si gioca nel modo giusto. Da qualche anno, poi, il franchise sembra davvero aver imboccato la strada giusta, con diverse innovazioni al gameplay rispetto al passato, le quali sono riuscite a rinfrescarne l’identità quel tanto che bastava da permettergli, nell’arco di qualche anno, di tornare a lottare spalla a spalla con il suo principale avversario. Battlefield V è la sintesi perfetta di questo percorso, e incarna in sé diversi, intelligentissimi miglioramenti che gli consentono di compiere uno step ulteriore anche rispetto a Battlefield 1. Indossato l’elmetto e imbracciato il fucile, mi sono immerso in un paio di partite ai comandi di una versione pressoché definitiva del gioco, e le impressioni che ne ho tratto sono state più che positive.

A prima vista, Battlefield V può sembrare molto simile al suo predecessore, ed in effetti è così: le basi su cui DICE ha continuato a costruire in questi due anni, dopotutto, sono quelle, e stravolgere in meglio l’esperienza ludica era molto difficile, se non impossibile. Il team, però, è riuscito a rifinire ulteriormente diversi aspetti, restituendo ulteriore profondità ad un gameplay che in molti avevano definito “Battlefrontizzato”. Tanto per cominciare, ad aver ricevuto una bella aggiustata sono le classi, le cui specializzazioni sono ora diventate veri e propri rami di abilità sbloccabili, utili a differenziarle a dovere e a dare ad ognuna un’identità ben più forte sul campo di battaglia. In passato, la scelta di una classe comportava determinati (e a volte fastidiosi) paletti nella scelta degli equipaggiamenti, paletti che ora sono stati in parte rimossi, con la possibilità di sbizzarrirsi nel creare archetipi del tutto nuovi. Ciò significa che se state utilizzando un assaltatore, potrete ad esempio specializzarvi come demolitore a corta distanza, o in alternativa, nel caso preferiate il combattimento sulle medie distanze, puntare tutto su un DPS il più possibile elevato. Nel paio di match che ho avuto modo di giocare ho potuto testare tutte e quattro le classi con un paio di abilità differenti, votate ora alla difesa (mine, fumogeni, ecc.), ora all’attacco: effettivamente, cambiando classe, ogni volta ero spinto molto più che in passato a giocare in maniera differente e appropriata alla situazione, a volte giocando per gli obiettivi, a volte cecchinando dalla distanza, a volte fiancheggiando gli avversari e altre affrontandoli senza paura frontalmente, ma sempre con un asso nella manica utile a cavarmela in ogni situazione. Purtroppo non ho potuto dare un primo sguardo generale alla bontà del level design, perché la build di prova era limitata alla sola mappa Rotterdam e alla modalità Conquista. Lo scenario giocato, tuttavia, era piuttosto buono in termini di varietà degli spazi e del posizionamento degli obiettivi, situati in spazi aperti o in piccoli cortili, cosa che spingeva l’intero squadrone a collaborare in maniera naturale e fattiva per la conquista di questo o di quel punto di controllo.

Un altro cambiamento rilevante apportato all’economia di gioco è la possibilità di rianimare qualsiasi compagno di squadra (non di battaglione, beninteso) a prescindere dalla classe utilizzata, e a patto che quest’ultimo non sia stato colpito da un’esplosione o non abbia subìto un colpo alla testa. Ogni volta che si viene colpiti e atterrati, infatti, si entra in una sorta di modalità ultimo uomo o sopravvivenza, nella quale non si può sparare ma si viene posti di fronte a due scelte: morire subito o aggrapparsi per qualche secondo alla vita, nella speranza che un compagno accorra in nostro aiuto. Si tratta di qualcosa che effettivamente cambia completamente il modo di giocare e induce a stare il più possibile vicini agli alleati, ben sapendo di avere, nel caso, una possibilità in più per salvarsi e non finire in quattro e quattr’otto tutti impallinati nel fuoco incrociato. Occhio, però, perché questo particolare tipo di rianimazione richiederà più tempo per essere utilizzata rispetto alla classe medico, che non è affatto sparita, ed anzi ora può essere sfruttata – insieme al supporto – per costruire piccole fortificazioni con kit medici o munizioni intorno ai punti di cattura: un altro, importante elemento che è in grado di cambiare completamente il ritmo delle battaglie. Prediligendo il cecchino, io mi sono intrattenuto per più tempo con quella classe specifica: le sensazioni che si provano headshottando un nemico dalle lunghe distanze sono rimaste pressoché invariate ed anzi addirittura migliorate, grazie alle piccole rifiniture apportate alla balistica, coi proiettili che ora hanno traiettorie un po’ più secche e hitbox più precise.

Pur non avendo la possibilità di comunicare con i miei alleati, possibilità di cui a questo punto potrò beneficiare solamente al momento del rilascio del gioco, sono riuscito ad imbastire delle buone tattiche con la mia squadra anche senza alcun tipo di istruzione vocale, e questo la dice lunga sulla bontà di alcune soluzioni studiate da DICE: anche la semplice possibilità di recuperare munizioni dai cadaveri dei compagni morti, ad esempio, può essere qualcosa in grado di indurre un compagno a seguirvi, o ancora il nascondersi insieme dietro ad una fortificazione o al rassicurante fuoco di una postazione mobile (le torrette possono infatti essere staccate e portate in giro a piacimento). Tutti i cambiamenti apportati all’economia di gioco, nessuno escluso, vanno in direzione di un miglior teamwork, e si vede: giocare Battlefield V, sia pure con amici o con perfetti sconosciuti, è un’esperienza che riesce ad essere sempre divertente e totalizzante. In tal senso aiutano anche i – sempre ben accetti – miglioramenti al comparto tecnico: lo shooter di DICE si preannuncia un’esperienza spettacolare dal punto di vista visivo, specie su PC, grazie al supporto di Ray Tracing, la nuova tecnologia di rendering proprietaria di NVIDIA. Battlefield V, insieme a Shadow of the Tomb Raider, Assetto Corsa Competizione e Metro Redux, sarà fra i primi videogiochi a supportarla, ma gli utenti console non verranno certo lasciati indietro, grazie ai miglioramenti specifici per PlayStation 4 Pro e Xbox One X.

Battlefield V potrebbe seriamente aspirare al titolo di miglior videogioco multiplayer mai sviluppato da DICE, e questa non è una frase da dire a cuor leggero. Nel titolo degli sviluppatori svedesi c’è tutto, adrenalina, tattica e competizione, ed ogni aspetto riesce ad elevarsi ad un livello completamente diverso rispetto al passato. Le serie di Battlefield e Call of Duty, quest’anno, si rinnovano ancora una volta da dirimpettaie e guardandosi in cagnesco l’una con l’altra: la lotta per eccellenza fra gli shooter online non è mai stata così infuocata come, probabilmente, sarà fra pochi mesi.

Nato nello scorso millennio con una console fra le mani e rimasto per molti anni confinato nel mondo distopico della Los Angeles del 2019, ha infine deciso di uscirne per divulgare al mondo intero le sue più grandi passioni: il videogioco in tutte le sue forme, il cinema (quello vero) e Dylan Dog.