In momenti come questo è necessario fare un passo al di là dell’accaduto. C’è bisogno di superare un fatto così grave con intelligenza e senza cadere nel tranello delle facili teorie popolari e approssimative. A Jacksonville, California, è stato versato del sangue. Un ragazzo ha sparato durante un evento uccidendo due persone, ferendone undici e togliendosi la vita. Quella che molti descrivono come una scampata strage sta assumendo i contorni di un caso molto difficile da inquadrare. Ma è inutile ora fare congetture, è compito delle autorità indagare e fare luce sui fatti. Se l’evento fosse avvenuto in altre circostanze forse non ne avremo parlato. Ma qui si parla di spari e morti durante un torneo di videogiochi. Si parla di un partecipante alla competizione che ha aperto il fuoco contro gli altri concorrenti e il pubblico. Un dramma assurdo che rischia però di essere travisato dalla maggior parte dell’opinione pubblica.
In molti sono pronti a riesumare dal proprio cassetto dell’indignazione l’assunto i videogiochi sono violenti. La disinformazione sul nostro media non passa mai di moda, così come gli opinionisti che, pur di far sentire la propria voce, vanno a pescare dal calderone dell’opinione popolare le sempreverdi polemiche che fanno girare la ruota dell’approssimazione. I marchi e le facili etichettature spesso sono un modo facile per dar voce ai propri timori, scaturiti da evidenti lacune personali, ma spesso non corrispondono alla verità. Giudizio popolare non vuol dire veritiero. Sappiamo già quanto sia facile con pochi trucchi condizionare il pubblico. I media lo sanno fare. I media possono. Quindi andiamo oltre e cerchiamo di capire. Le ultime informazioni parlano di un giovane, il 24enne David Katz, che partecipava alla fase eliminatoria del torneo Madden NFL Classic. Un utente-giocatore conosciuto nel circuito competitivo di Madden NFL, vincitore del torneo nel 2017, che alcuni descrivono come taciturno, solitario e con comportamenti strani durante i giorni precedenti alla sparatoria (ma in queste dichiarazioni potrebbe essere entrata in gioco l’autosuggestione degli intervistati). Quel che sta emergendo dalle ultime notizie è che l’aggressore avrebbe ucciso altri due partecipanti al torneo dopo aver perso alcune partite di qualificazione, come riportano alcune fonti. Motivazioni e dinamiche precise sono in corso di chiarimento e quindi non c’è ancora una verità certa. Quel che resta è un omicidio-suicidio che si è portato via tre vite, compreso il killer, e ha contribuito a far ricadere l’America sotto il manto spettrale degli assassini insospettabili, dei grilletti a buon mercato, dei vicini dal colpo in canna. Bombe che possono esplodere senza preavviso.
Tralasciando l’annoso problema della vendita e possesso delle armi negli Stati Uniti, che non è il nostro campo, qui si parla di videogiochi e violenza. Una dicotomia che deve essere approfondita per evitare di svincolarsi dal tema con troppa approssimazione. I videogiochi sono un media diversificato che abbraccia tanti temi, i quali non sempre collimano con la violenza, il sangue e l’odio. Si stava partecipando a un torneo di Madden, un titolo sportivo sul football americano dove la violenza c’entra poco o nulla, un evento basato un uno sport reale e una competizione sana, come sempre dovrebbe essere, di qualsiasi videogioco si parli. Eppure siamo qui a discutere di morti. Attenzione però a puntare il dito contro i videogiochi come se fossero l’unico responsabile: etichettarli come violenti non eviterà i massacri. Andare a fondo con i problemi dei singoli individui, con i demoni che si sprigionano dalle ansie più oscure della coscienza umana, e non lasciare che si combattano in completa solitudine sarebbe un primo passo per comprendere questi folli gesti e per prevenirli. Ne abbiamo viste tante, troppe, di stragi dove le mani degli assassini erano quelle di giovani. Ricordare la Columbine o il Virginia Tech è utile solo per capire che esistono motivi più profondi, complessi e nascosti dietro i gesti efferati delle persone. Disagio sociale, emarginazione, bullismo, disturbi psichici, problemi economici, delusioni affettive. Potremmo riempire pagine e pagine di possibili cause per atti brutali e incomprensibili come questo. Dare la colpa unicamente a un fattore non può dare la dimensione della personalità di un individuo né delle sue azioni. I videogiochi sono un mezzo, una composizione di immagini, un artificio che non contiene demoni che si impossessano dei giocatori e li rendono folli. Quante sono state le distorte visioni della realtà create dalla fervida e mal educata mente umana che hanno prodotto sadici e folli. Quante volte la frustrazione, la rabbia, il tormento interiore hanno prodotto la follia che ha riempito le pagine di cronaca nera. L’ispirazione per un gesto violento può venire da qualunque semplice azione, evento o medium. Un film, un’ingiustizia, un evento passato, un passaggio letto su un libro, una persona adulata al limite dell’emulazione. Bisogna evitare di andare a cercare un facile capro espiatorio e cercare la verità oltre le prime impressioni e informazioni. Le domande da farsi sono ben altre, sempre.
Perché andare a un torneo, a un evento sportivo, con un’arma in tasca? Perché è così facile per un partecipante raggiungere armato un luogo così affollato? Sorge spontanea l’esigenza di portare all’interno delle manifestazioni legate agli eSport una macchina organizzativa e di controllo paragonabile a quella di altri eventi sportivi. Le competizioni videoludiche stanno prendendo sempre più piede e hanno raggiunto una quantità di pubblico che in certi casi supera alcuni importanti eventi sportivi “convenzionali”. I videogiochi sono un fenomeno che attira oggi tantissime persone e non solo giocatori, ma anche curiosi e fan. Dare più peso a eventi come questo è necessario per garantire più sicurezza. Allo stesso modo è necessario che tutti i giocatori riflettano bene su questo evento, perché una partita persa non vale una vita spezzata. Una delusione non può portare all’autodistruzione. I videogiochi competitivi sono sport, stanno diventando sport accreditati, ma devono essere vissuti come tali. Con sana competizione, rispetto per l’avversario e sportività.