Labyrinth of Refrain: Coven of Dusk Recensione, quando il dungeon crawler si tinge di strategia

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In materia di dungeon crawler giapponesi esiste un mondo sconfinato che noi occidentali conosciamo poco. Un genere di nicchia che è noto principalmente grazie a uno dei suoi maggior esponenti Etrian Odyssey; sono effettivamente pochi i titoli DCRPG che arrivano in Europa ed America come non sono molte le copie vendute, a fronte di un lavoro di localizzazione che invece è piuttosto impegnativo. Di recente uno di questi titoli, best seller assoluto nel suo paese d’origine è arrivato sul nostro mercato promettendo di fare della componente tattica la chiave di volta per puntare al successo nel nostro difficile mercato. Parliamo di Labyrinth of Refrain: Coven of Dusk.

Riconoscibilissimo il tratto di Nippon Ichi, molto simile alla sua storica saga Disgaea.

Alla scoperta del labirinto magico

Sviluppato dalle sapienti mani di Nippon Ichi, Labyrinth of Refrain narra le avventure della seducente maga Baba Yaga e del suo viaggio alla volta del labirinto magico che giace sotto la cittadina di Refrain. Il pretesto narrativo che da il via al nostro viaggio è piuttosto banale, ed è legato alla bramosia di Dronya, questo il nome di copertura della strega, di scovare e tenere per se le magnifiche e mirabolanti risorse magiche presenti nel laboratorio. Tra i personaggi principali, oltre alla mandante della nostra avventura, abbiamo la sua petulante assistente, Luca (vaglielo a spiegare ai giapponesi che sebbene il nome finisca per A non sempre è adatto ad una femmina) e l’indiscusso protagonista, il Tractatum de Monstrum, il libro, da noi interpretato, che avrà il compito di esplorare il labirinto. Non stiamo parlando di un libro qualunque, ovviamente, ma di un tomo di proprietà dell’una persona che ha esplorato il labirinto e che ospita un’anima, la cui identità verrà rivelata con il proseguire della storia. Legata da un maleficio al suo compito il nostro povero spirito rimarrò confinato all’interno del libro fin quando non avrà soddisfatto tutte le richieste di Dronya. Il labirinto infatti è ricolmo di un miasma magico letale per gli uomini ma che invece amplifica esponenzialmente i poteri delle creature magiche, libri posseduti inclusi.

Dal punto di vista estetico il titolo si presenta come un classico RPG giapponese, con lunghe sessioni di dialogo tra personaggi parzialmente animati e altrettanto lunghe sessioni di esplorazione in una grafica 3D piuttosto elementare. Stesso dicasi per i combattimenti che presentano i nemici come sprite bidimensionali che, per varietà ed estetica, sembrano usciti direttamente dagli anni ’90.  A questo punto dovreste aver capito che tra i numerosi pregi di Labyrinth of Refrain non possiamo di certo annoverare il compartimento grafico. Al di là dello stiloso tratto giapponese simil anime infatti, da un punto di vista videoludico il titolo è antiquato, riuscendo a sfigurare persino contro l’Etrian Odyssey V: Beyond the Myth uscito su 3DS. Considerazione piuttosto imbarazzante tenuto in considerazione che parliamo di gioco a cui abbiamo giocato su PlayStation 4.

Classico esempio di cosa voglia dire il termine “antiquato”

Un gameplay da matti… nel senso che ti fa ammattire

Accantonando la componente grafica, Labyrinth of Refrain regala non poche gioie. Abituato a lavorare con titoli di stampo tattico a turni, Nippon Ichi ha corredato la sua nuova creatura di una struttura che aggiunge alle classiche meccaniche da dungeon crawler un tocco da gioco strategico. Sfruttando l’aggancio narrativo del libro magico e dell’impossibilità da parte degli esseri umani di entrare nel labirinto il giocatore può creare un esercito di pupazzi (Puppet nel gioco) da animare grazie alle anime e al mana, entrambi presenti in abbondanza nei corridoi. Il giocatore ha sei classi base tra cui scegliere per la creazione di questi feticci, ciascuna delle quali è altamente personalizzabile sia dal punto di vista delle statistiche di partenza che del loro sistema di crescita. è quindi possibile creare due personaggi della stessa classe totalmente diversi e se aggiungi il fatto che il giocatore può apprendere una magia che permette di “travasare” un’anima da un pupazzo ad un altro, con tutto quello che ne consegue, è chiaro che parliamo di una personalizzazione praticamente quasi illimitata. Va tenuto in considerazione inoltre che il giocatore può (e deve) organizzare il suo piccolo esercito. Si comincia in modo piuttosto semplice con 3 pupazzi, assegnati attraverso lo strumento dei Patti a una brigata, la Coven. Un pupazzo per una Coven. Man mano che procediamo però possiamo migliorare le nostre Coven, permettendogli di ospitare più membri e aumentandone il numero, da 3 a 5, con un’organizzazione dannatamente complessa che può portare il giocatore fino a gestire 8 Puppet per brigata (di cui 3 attivi in combattimento). Un sistema dannatamente complesso e macchinoso che con il passare delle ore (ne serviranno un bel po’) si rivela però dannatamente soddisfacente.

Altro meccanica interessante è quella che prevede l’uso di una seconda risorsa oltre al Mana, il Reinforcement. Questo ha un numero significativo di impieghi che vanno dalla costituzione della Coven, serve infatti ad assegnare i Puppet attraverso i Patti ad una Coven, allo sfruttamento di abilità particolari, come la distruzione delle pareti per raggiungere aree segrete del labirinto (o creare vie di fuga) o la creazione di un velo di nebbia. Una risorsa il cui utilizzo e accumulo sono un fattore fondamentale durante le lunghe sessioni esplorative e le altrettanto lunghe sessioni di sviluppo e organizzazione del party. Il problema è che, superata il limite massimo della curva di apprendimento del gameplay, a causa della trama non particolarmente brillate ma soprattutto della meccanica missione assegnata – svolgimento – missione completata che si instaura con Dronya, la soddisfazione diventa presto noia. E se alcuni amanti sfegatati del genere possono farsi bastare l’esplorazione e il combat system come unica spinta a procedere nel gioco, ai più tutto questo finirà diventare noioso.

Un bel problema quando gestisci più di 10 Puppet…

Una colonna sonora calzante e un doppiaggio in inglese ben recitato, gestito dalla divisione americana di Nippon Ichi, concludono un opera che sebbene sia confezionata per bene a mio avviso può stuzzicare solo ed esclusivamente gli amanti del genere. Vuoi un inizio che richiede più studio di un esame universitario, tra la mole enorme di termini nuovi da apprendere e da associare a determinate azioni/abilità/caratteristiche, vuoi una quantità infinita di azioni che si ripetono sempre uguali a se stesse, credo che Labyrinth of Refrain sia un gioco difficile (ma non in senso stretto) per la maggior parte dei videogiocatori. Destinato ad un nicchia che invece lo amerà alla follia proprio per le sue caratteristiche estreme, sia come dungeon crawler che come gioco strategico.

Federica Farace, alias Sister Death, è la dimostrazione che i redattori sono come la cioccolata: quelli buoni stanno in Svizzera. Ama i vichinghi, i conigli, Conan, Star Wars e i videogiochi. Spera costantemente che nel mondo si scateni l'apocalisse zombi e non escludiamo che si stia dando da fare per accelerare il processo.