L’uomo che uccise Don Chisciotte è l’ultimo film in ordine di tempo di un regista ormai di culto per diversi motivi, ovvero Terry Gilliam. Un artista di origine statunitense che deve però il maggior successo e la fama al vecchio continente e, in particolare, alla Gran Bretagna dove la sua carriera artistica è decollata definitivamente. Un sognatore vecchio stile, un vero visionario con una vena comica unica, brillante e tagliente. GamesVillage lo ha incontrato in occasione della presentazione romana della sua ultima opera cinematografica.
In principio furono i Monty Phyton…
Avete presente lo SPAM? Quel simpatico sistema di pubblicità invasiva e di pessima qualità che si è diffuso a macchia d’olio nell’era di Internet? Ebbene, in pochi sanno che il suo nome deriva da una reale marca di carne in scatoletta di dubbia qualità e che il termine, usato come sinonimo di degrado, venne ideato da un celebre gruppo di comici britannici noti col nome di Monty Phyton. Oggi, forse, alle nuove generazioni il nome dirà poco, eppure il sestetto comico scrisse di fatto alcune delle pagine più ilari della storia della comicità. Dotati di un umorismo altamente colto e raffinato, derivato del resto dagli ambienti universitari da cui i membri del team provenivano, ovvero Oxford e Cambridge, i Monty diventarono pian piano una vera icona. Unico membro statunitense del gruppo, Terry Gilliam quasi si commuove quando in sala, durante la conferenza, vengono poste alcune domande sul leggendario team di geniali comici. Formatisi singolarmente in programmi radiofonici e televisivi nei tardi anni settanta, nel lontano 1969 ecco che Graham Chapman, John Cleese, Eric Idle, Terry Jones, Michael Palin e Terry Gilliam, ormai già comici parecchio noti, entrano nel mito grazie a un programma della BBC, ovvero il Monty Python’s Flying Circus dove, per la prima volta, l’eroico sestetto non ha più alcuna limitazione compositiva e può esprimersi liberamente, raggiungendo vette di comicità mai toccate prima nella storia televisiva. Anche nella scurrilità, peraltro, poiché John Cleese, in un testo scritto dai Monty, dice per la prima volta la parola “shit” in una trasmissione televisiva britannica. Il programma dura quattro stagioni indimenticabili e fa letteralmente scuola, ispirando decine di show successivi, tra cui Saturday Night Live o Zelig. L’apporto di Terry Gilliam alla serie è fondamentale, e oltre ai testi, come ricorda durante la conferenza, si occupa pure dei disegni surreali che accompagnano le scene.

E ora, qualcosa di completamente diverso!
Dal piccolo al grande schermo il passo è breve, e i Monty, in soli quattro leggendari film, raggiungono l’olimpo, per poi separarsi ufficiosamente nel tardo 1983, dopo sedici anni di onorata e spudorata carriera. Il primo è un semplice collage di scenette classiche, gli altri dei veri e propri lungometraggi, tra cui spicca Brian Di Nazareth, film cult del 1979. Dopo lo scioglimento del gruppo, ognuno dei membri ha proseguito per conto proprio, e opere come Un pesce di nome Wanda del 1988 sono rimaste nella storia del cinema. Il film vede John Cleese curare soggetto e sceneggiatura, oltre che recitare nudo. Terry Gilliam ricorda come questa performance lo faccia ancora sbellicare dalle risate. La carriera solista del geniale autore viene ricordata durante la conferenza, e alcuni titoli fondamentali del regista escono inevitabilmente fuori durante la chiacchierata. Impossibile, del resto, non citare opere seminali e iconiche come il fantascientifico Brazil del 1985, in cui si prende di mira la burocrazia o Le avventure del barone di Munchausen, film fantastico del 1988 tratto dall’omonima opera letteraria, che Terry Gilliam ama ricordare in occasione del trentennale, e che precede di un solo anno la nascita del film che è attualmente nelle sale. L’uomo che uccise Don Chisciotte nasce ufficialmente, infatti, nel lontano 1989. Spieghiamo il paradosso.

Un film in gestazione per trent’anni
Partiamo da lontano, e torniamo al 1605, anno in cui viene pubblicato il libro originale dedicato alle avventure fantastiche di Don Chisciotte della Mancia, il leggendario dittico letterario El Ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha scritto da Miguel de Cervantes Saavedra, seguito ben dieci anni dopo dal secondo volume, edito nel 1615; persino con una bizzarra polemica contro un finto sequel pubblicato l’anno prima in modo indipendente dall’editore, con una manovra commerciale degna dei tempi moderni! Un’opera fondamentale per la letteratura, influente come pochi altri libri. L’idea di girare un film dedicato all’iconico eroe cavalleresco nasce nella geniale mente di Terry Gilliam già nel 1989, anno in cui ormai i Monty Phyton erano già da tempo divisi e in cui la carriera solistica dell’autore era decollata. Durante la conferenza stampa, Terry Gilliam ricorda con affetto e nostalgia quel momento. Il sogno di fare un film su Don Chisciotte si trasforma però in un incubo al momento di cominciare a girare. Le peripezie che il regista di Minneapolis e il suo staff devono affrontare sono davvero imprese eroiche, al pari del cavaliere e del suo fedele scudiero Sancho Panza. Diverse false partenze e un’attesa di ben venticinque anni per la reale uscita sul mercato cinematografico, al punto che l’odissea venne persino citata nello strillo di copertina del film! A un certo punto il film divenne una sorta di chimera irraggiungibile, al pari di Eraserhead di David Lynch, altro film di culto più volte rimandato per mancanza di fondi dall’altrettanto visionario regista statunitense. Dopo aver buttato giù diverse sceneggiature negli anni novanta, una grande occasione arriva nel 2000, anno in cui sarebbe dovuto uscire finalmente, il film, con protagonista Johnny Deep, e una trama molto diversa, peraltro basata su un reale viaggio nel tempo. Per diversi motivi l’opera venne poi accantonata, e anche molto modificata. Se all’inizio c’erano scene con centinaia di comparse, dice scherzando Gilliam, ora ci sono un paio di attori e cinque pecore, ma la fantasia supplisce, come sappiamo, al resto. Diverse le battute scambiate anche su Adam Driver e Jonathan Pryce, già visto in Brazil, talentuosi protagonisti del film. Dall’incontro casuale in un pub alla volontà dell’attore di mantenere vivo il suo personaggio per anni, in attesa di poter fare davvero il film; rinunciando inoltre a lavori veri e seri, come sottolinea in una fulminante battuta. Le peripezie del film vengono raccontate anche in un interessante documentario intitolato Lost in La Mancha. Persino la moglie di Terry Gilliam viene messa in mezzo durante la conferenza, e viene esaltata la sua capacità di sopportazione delle bizzarrie del marito, dei suoi modi di fare da sognatore incallito e collezionista compulsivo di camicie dalle fantasie ultraterrene, note oggi nel mondo del cinema appunto come “camicie alla Gilliam”. Per chi scrive, da sempre fan appassionato dei leggendari Monty Phyton, credeteci, l’incontro è un vero momento emozionale senza confronti.

Il futuro di Terry Gilliam
Durante la conferenza viene fuori il nome degli Avengers, una serie che il regista cita per fare il confronto tra i suoi film e quelli basati sulla pura fantasia. Un’opera di Gilliam, infatti, come sappiamo, fa in modo che la componente fantasy abbia un serio contatto con la realtà e serve spesso come catarsi per essa. I personaggi del film, come analizziamo nella recensione, spesso sono toccanti e con una introspezione psicologica, primi tra tutti Don Chisciotte stesso e la dolce prostituta che vive di sogni. Dopo una lunga serie di domande da parte dei giornalisti in sala, in cui vengono trattati alcuni temi del film, tra cui una presunta somiglianza tra un personaggio gitano e Johnny Deep stesso, in realtà casuale, ci tiene a ribadire l’autore, si arriva a un punto cruciale: quale futuro per il regista? L’uomo che uccise Don Chisciotte è stato realizzato alla veneranda età di ben settantasette anni da Terry Gilliam. In molti, infatti, pensano che questo potrebbe essere il suo ultimo film e che il geniale artista possa decidere di ritirarsi a vita privata per godersi la pensione. A un certo punto della conferenza la questione esce fuori, e uno dei giornalisti in sala decide di chiedere direttamente all’autore che programmi abbia per l’immediato futuro. L’arzillo Gilliam, che per inciso dimostra al massimo una sessantina d’anni, allegro e solare con indosso una delle sue camicie più impossibili, dichiara che questo non sarà certo l’ultimo film, anzi, ne vuole decisamente fare ancora, solo che non sa che cosa farà. Nessuno conosce il proprio futuro, l’importante è non fermarsi mai.