Fra i vari progetti che affollavano i padiglioni della Milan Games Week, uno in particolare è riuscito ad incuriosirci con una certa insistenza: The Suicide of Rachel Foster, dello studio italiano 101%, sviluppato con la collaborazione di Reddoll e Alphaomega. Il gioco è un’avventura dai tratti surreali e visionari, ispirata neanche troppo velatamente alle grandi pellicole di matrice thriller del passato, ma anche a recenti avventure come What Remains of Edith Finch e Firewatch. Al momento ancora senza una data certa, il titolo verrà pubblicato entro il 2019, inizialmente su PC e PlayStation 4, per poi eventualmente espandersi anche ad altre piattaforme.
Inclusa fra le più interessanti produzioni in uscita tra quelle di matrice italiana, l’opera di 101% annovera fra i suoi più grandi punti di forza il notevole impatto scenico e soprattutto la storia, che racconta del suicidio di Rachel Foster, un’adolescente che si è tolta la vita nel 1983 dopo aver avuto una relazione con il padre della giovane Nicole, sua coetanea e protagonista della storia. Nicole, fuggita dal suo luogo d’origine, torna dopo dieci anni nell’hotel di famiglia, con l’unico obiettivo di venderlo e, esaudendo le ultime volontà della madre, risarcire in qualche modo i parenti di Rachel. Al peggiorare delle condizioni climatiche, la donna si trova però impossibilitata a lasciare l’hotel fra le montagne: l’unico suo contatto è Irving, un giovane e volenteroso agente della protezione civile, disposto ad aiutarla ad investigare su una storia che nasconde un mistero ben più profondo del previsto, girovagando fra lugubri stanze e corridoi di chiara matrice kubrickiana, in un periodo storico di per sé adattissimo per darsi al citazionismo spinto. Il gioco, strutturato secondo gli stilemi dei moderni walking simulator incentrati perlopiù sulla storia, è interamente ambientato all’interno dell’enorme albergo, che ricorda neanche troppo da lontano il celeberrimo Overlook Hotel di Shining. Il gameplay è minimale e ridotto all’osso, e permette solamente poche interazioni con l’ambiente circostante, fra cui raccolta e manipolazione di oggetti, porte e scartoffie varie: tutto quanto al solo fine di apprendere ulteriori dettagli far progredire il racconto, vero fulcro della produzione. Nel gioco vi ritroverete da subito smarriti in un’enorme hotel da esplorare da cima a fondo, senza avere la minima idea di quel che vi aspetta e dei misteri che la struttura nasconde, in compagnia solamente del disagio che la solitudine, giocoforza, tenderà ad incollarvi addosso.
L’avventura è caratterizzata principalmente dal suo inconfondibile mix di atmosfere anni ’80 (le citazioni a Stanley Kubrick, come detto, sono onnipresenti) e da un’esplorazione più o meno libera, da affrontare con piglio investigativo: Nicole, infatti, deve fare attenzione ad ogni minimo dettaglio per progredire nella storia; l’intera magione è ovviamente strapiena di segreti, nascosti anche negli anfratti più insospettabili, tutti sempre e comunque corredati da una cura nei dettagli notevole, quasi maniacale. Scoprire tutti i retroscena della storia da cui Nicole è fuggita non sarà affatto semplice, promettono gli sviluppatori: le servirà grande arguzia ed un ottimo spirito di osservazione. Degni di nota anche i feedback visivi e sonori che il gioco mette a disposizione per aiutare il giocatore, e chissà se sarà possibile disattivarli, per un’esperienza davvero hardcore: noi ovviamente ci auguriamo di si. L’hud è minimale ma intelligente, ed è notevole anche il sound design, caratterizzato dalla binauralità dei canali audio: ogni rumore, anche il più piccolo e insignificante, è stato infatti registrato in modo da simulare un effetto stereo e amplificare il coinvolgimento, oltre ad essere enormemente d’aiuto nelle fasi esplorative. Inutile dire che per fruirne appieno sarà necessario dotarsi di un paio di cuffie.
https://www.youtube.com/watch?v=fMS4E6zeByc
The Suicide of Rachel Foster ci ha davvero stupito, e lasciateci dire che siamo ulteriormente inorgogliti del fatto che provenga da uno studio italiano. I nuovi progetti che, nel suo genere, riescono a non scadere nel banale e nel già visto si contano ormai sulla punta delle dita: malgrado ciò, il gioco di 101% è riuscito a rapirci fin dal primo sguardo, cosa che accade con sempre minor frequenza. E questo è un elemento che, davvero, fa ben sperare. E poi diciamocelo, giusto per toglierci un sassolino dalle scarpe: se si decide di affidarsi al citazionismo spinto verso Kubrick e Shining è anche più facile convincere. No?