Non è facile essere una novellina del settore: scrivere di videogiochi (e non solo) ti porta a cambiare tutti quei bias che ti sei creato guardando il medium dal punto di vista del cittadino medio, ignaro di ciò che si nasconde dietro l’uscita di un gioco o di un device.
Certo, si parla del settore delle macchine da gioco e amusement, ma lo spirito che mi ha accompagnata fino all’Enada, evento-chiave di questa particolare nicchia di mercato, è stato lo stesso, e l’ho approcciato cercando di abbandonare tutti quei miei pregiudizi da plebea media che dava le sale da gioco per morte e trasformate in un tripudio di azzardo e ludopatia. Povera ingenua.
Ciò che ho immediatamente notato, fatto il mio ingresso all’evento, è un muro che divideva il padiglione in due: da una parte gli stand dedicati alle VLT, ai videopoker, gli AWP e tutti gli accessori annessi e connessi, come sedie da sale gioco, macchine per l’incasso e il cambio di monete, hardware e software, e piccoli spazi riservati alla stampa specializzata, insieme al booth di SAPAR, acronimo per Servizi Apparecchi per le Pubbliche Attrazioni Ricreative, associazione di categoria responsabile dell’organizzazione di Enada.
Non me lo faccio ripetere due volte, e mi avvicino al “muro di Trump” che fa da ingresso alla prima edizione del Roma Amusement Show, la parte espositiva dedicata al divertimento senza vincita in denaro, e quindi adatta a tutti. Con tutto quel tripudio di luci, colori, giostrine e gashapon sentivo il bisogno impellente di tornare ragazzina, ma uni stand di Dance Dance Revolution mi riporta immediatamente alla ragione, ricordandomi lo scopo per cui ero lì: le sale giochi, quelle vere, sono tornate fra noi?
Bentornate famiglie!
Per Mauro Zaccaria, CEO di Tecnoplay e presidente del Family Entertainment Expo (o Consorzio FEE), il ritorno c’è e si sente: le famiglie richiedono a gran voce luoghi dove far divertire i loro figli, lontano dal Wi-Fi e dagli schermi dei telefonini, in tutta sicurezza. Quindi l’Enada aveva bisogno di ricordare al grande pubblico che l’amusement non costituisce solo tutto ciò che è destinato al gioco d’azzardo, e la scelta di dividere la parte che lo riguarda da quella destinata al gioco d’azzardo costituisce un forte segnale di separazione dal “pericoloso” mondo delle VLT e delle slot machine, e al contempo di riavvicinamento a questa nicchia di mercato; l’Enada c’è anche per loro, e Tecnoplay segue da sempre questa tendenza, importando air hockey, flipper, macchine redemption (macchine arcade che ricompensano il giocatore con dei ticket convertbili in gadget) e arcade di grande attrattiva, come -appunto- Dance Dance Revolution di Konami. Inoltre, il signor Zaccaria non risparmia colpi nemmeno nei confronti della politica, colpevole nella sua ignoranza di associare le sale giochi esclusivamente alle VLT, per via della preponderanza che queste macchine hanno acquisito negli ultimi anni.

Gaming vs. Gambling: il gioco si riprende i suoi spazi
Assolutamente dello stesso avviso di Mauro Zaccaria è Michele Bragantini, Amministratore Delegato di Faro Games, anche questa azienda import di videogiochi tecnicamente denominati comma 7, ovvero quelli che rientrano nel novero delle macchine da gioco senza vincita in denaro, tra cui arcade e redemption; tra i suoi import più noti si annoverano il Pac-Man e lo Space Invaders più grandi del mondo. Lo scopo di Bragantini come businessman è importare device che portino aggregazione e divertimento tra il pubblico, in modo da generare soddisfazione da entrambe le parti. La nostra conversazione, iniziata praticamente come un’invettiva al mondo delle VLT, colpevole di essersi appropriata indebitamente del termine “sala gioco”, ha poi finito per rimarcare la sottile -ma sostanziale- differenza tra il gambling (gioco per scommessa) e il gaming (gioco in quanto tale). Purtroppo la prima fa parte necessariamente della seconda, per la stessa radice che la parola “gaming” si porta dietro, ma quest’ultima parte, incarnata nel mondo dell’amusement, ha cominciato a riprendersi i suoi spazi restituendo al videogioco da sala le sue proprietà originarie di puro divertimento, con una sua dignità, una sua cultura e una sua storia, che Bragantini ribadisce promuovendo l’attività del presidente di Faro Games Roberto Marai nella Clinica del Coin-Op, azienda bresciana dedicata alla riparazione e restaurazione di macchine a gettoni quali flipper, juke-box, slot machines e macchine arcade elettromeccaniche datate dalla fine del 1800 al 1970; macchine che poi vengono vendute a collezionisti ed esposte al pubblico in mostre itineranti organizzate nei centri commerciali. Bragantini ha infine ribadito che l’arcade deve tornare a essere un’esperienza di divertimento, aggregazione, emozione e condivisione, riprendendo lo spirito delle compiante sale giochi che negli ultimi tempi stanno riprendendo piede.

La Virtual Reality conquista il Mezzogiorno
Ma non solo nostalgia e tendenze che tornano nella vita di tutti i giorni; l’Enada è anche un luogo di idee innovative e all’avanguardia, come il caso di Gieffe Videogames, che ha portato alla manifestazione un concetto nuovo di gioco arcade applicato alla realtà virtuale in cui è incluso anche il movimento di tutto il corpo. L’azienda napoletana, infatti, è la prima in Italia ad aver importato Virtuix Omni, una piattaforma omnidirezionale usata in combinazione con il visore e i sensori HTC Vive capace di rendere l’esperienza VR completa e -davvero- a 360 gradi, includendo il movimento delle gambe e la rotazione del busto. Andrea, ingegnere impiegato presso la Gieffe, ha inoltre spiegato che StormBringer Studios, responsabile della creazione dell’apprezzato VRZ: Torment, ha realizzato una versione del suo gioco di punta adattato appositamente alla piattaforma Omni, utilizzato anche nelle competizioni di Esport sponsorizzate da Virtuix, che Gieffe sta cercando di promuovere anche in Italia. Mi è venuto spontaneo chiedere da quale parte d’Italia provenissero la maggior parte degli acquisti di questa piattaforma, se fossero più al Nord o se fossero equidistribuite in tutto il Paese. Andrea mi ha spiegato che, data la posizione dell’azienda, gli acquisti si sono concentrati nelle sale giochi del Sud Italia e in alcune del Centro; in quanto a innovazione per il gioco arcade, il Mezzogiorno si è preso una gran bella rivincita.
Le colpe della politica
L’Enada quindi si rivela una fucina di idee positive nei confronti del ritorno delle sale giochi “tradizionalmente intese”, ma viene da chiedersi: come si pone la nostra classe politica, condizionata dall’accezione negativa che ha assunto il termine “sala giochi” nell’ultimo decennio, nei confronti di questo ritorno di fiamma? A spiegarlo è Claudio Dalla Pria, Amministratore Delegato di Dalla Pria Service, azienda concentrata sull’import di macchine redemption, e rappresentante di SAPAR. La conversazione con lui ha offerto ulteriori spiegazioni sulla normativa che regola sia le macchine con vincita a premi, fortemente penalizzate dal Decreto Dignità voluto da Luigi Di Maio -il quale ha imposto un ban alla pubblicità del gioco con vincita in denaro-, sia i già nominati videogiochi comma 7, tra cui rientrano anche le macchine redemption (o redeem) a cui gli esponenti del partito di maggioranza, il Movimento 5 Stelle, hanno cominciato a fare muro. Queste macchine, infatti, hanno subito una pesantissima regolamentazione nella regione Emilia Romagna, grazie a una legge del 2013 -varata nel 2017 dopo una serie di ingenti modifiche- che ne vieta l’uso ai minori di 18 anni in quanto indurrebbero alla ludopatia, mettendole de facto alla stessa stregua di un videopoker o una videolottery. SAPAR e il Consorzio FEE hanno quindi deciso, insieme ad altre associazioni di categoria, di commissionare all’Università Roma Tre uno studio che getti luce sulla definizione e la meccanica delle macchine redemption, e che chiarisca una volta per tutte se tali macchine siano capaci di indurre o meno al gioco d’azzardo. Dalla Pria si è detto davvero scontento dell’ignoranza manifestata dagli esponenti dell’attuale classe politica, ma si auspica comunque che il governo possa mettere in campo degli interventi che favoriscano la crescita dell’amusement in Italia, separandolo dalla negatività portata dalle macchine per il gioco d’azzardo -quello vero- e legittimando la sola caratteristica e il solo scopo per cui sono state create: divertirsi.
Insomma, ciò che si può dedurre dall’edizione dell’Enada appena trascorsa è che finalmente il gioco si sta riappropriando del suo vero scopo e dei suoi spazi, tanto da dover ribadire il suo ritorno ponendo un divisorio -letteralmente-. A onor di realismo, non dobbiamo dimenticare che il gioco d’azzardo, per sua stessa definizione, è comunque parte di questo universo (e poi suvvia, chi non ha mai giocato, sotto Natale, a tombola con i propri parenti, regalando soldi veri a nonni, zii e cugini?), ma il fatto che la manifestazione abbia voluto distinguerne gli ambiti in modo così netto è un chiaro segnale di cambiamento e di ritorno alle origini per il gioco arcade. E chissà, magari arriveremo a un giorno in cui dire “vado in sala giochi!” non farà più rizzare i capelli in testa a nessuno.