In molti aspettavano Vane, sin dal suo annuncio al Tokyo Game Show del 2014, quando migliaia di appassionati delle opere di Fumito Ueda rimasero ammaliati dall’ambizione del titolo di Friend & Foe. Le aspettative del pubblico era generalmente alte, impressionato dagli incredibili spettacoli visivi che Vane sembrava essere pronto ad offrire. Tuttavia, realizzare un’opera incentrata fortemente sull’esplorazione, come hanno voluto fare i cinque ragazzi distaccati dal Team ICO, è un’operazione a dir poco rischiosa e incorrere a problemi di game design è facile come sbattere le ali. Anzi, Vane ci ha dimostrato che anche questo può risultare difficoltoso.
Un mondo enorme, tutto da esplorare
I ragazzi di Friend & Foe hanno voluto mettere subito in chiaro il loro obiettivo principale, per evitare di incappare in pesanti critiche una volta che il titolo sarebbe stato rilasciato: Vane è incentrato quasi esclusivamente sull’esplorazione, e in questo riesce benissimo. L’opera è capace di regalare panorami che raramente abbiamo avuto modo di scoprire in un videogioco. Per raggiungere un traguardo così importante, però, il team ha dovuto chiaramente affrontare alcune problematiche riguardanti proprio le grandissime distese in cui si sarebbero immersi gli utenti. Il fattore di scoperta è sempre presente, dall’inizio alla fine della storia, all’interno di un mondo apparentemente sconfinato e che, con una rapida occhiata verso l’orizzonte, sembra essere pronto a offrire davvero molto. Tuttavia, si scende subito con i piedi a terra già nei primi minuti a contatto con l’opera, quando ci rendiamo conto di quanto poco c’è effettivamente da vedere e da fare: siamo un volatile, una sorta di corvo o aquila nera, dalle sgargianti piume colorate. Il nostro obiettivo, così come le nostre origini, non è mai chiarito come ci saremmo aspettati. Non sappiamo dove ci troviamo, cosa dobbiamo fare e, ancora più importante, cosa fare. Nella prima ora di gioco diventa palese come Friend & Foe abbiano voluto lasciare quanto più libera la mente di chi tiene il controller tra le mani evitando di interrompere l’esperienza visiva con caselle di testo o tutorial. Tuttavia, passeremo davvero molte ore solamente a cercare di capire dove dobbiamo andare, in quanto, verso l’inizio della partita, non avremo la benché minima idea di come risolvere il primo vero puzzle. La possibilità di esplorare un enorme mondo, quindi, si perde in una confusione che lascia posto troppo spesso a una vastità di nulla. Perché così come è vero che l’area in cui possiamo volare è incredibilmente grande, così possiamo dire che c’è spesso davvero troppo poco da fare.
Panorami mozzafiato dietro ogni angolo
Ripetiamo ancora come Vane effettivamente riesca a regalare al giocatore un’esperienza visiva quasi unica nel suo genere. Questo grazie soprattutto a una direzione artistica mossa verso un’illusoria mancanza di texture e un low-poly intenzionale, in cui ogni singolo poligono contribuisce a offrire panorami mozzafiato. Fatto un ottimo lavoro anche nel level design, sempre capace di farci distinguere un ambiente da un altro, uno degli elementi meglio riusciti dal team di sviluppo. Ulteriore elogio va fatto all’impatto emotivo che ci offrono le musiche, riprodotte all’improvviso nei momenti in cui accade qualcosa di particolarmente teatrale, come quando risolviamo un puzzle o sblocchiamo un passaggio segreto. Diciamocelo, per quanto riguarda l’esperienza visiva e sonora, Vane riesce sempre a sorprendere, a lasciare a bocca aperta davanti lo schermo e, di conseguenza, a convincerci a proseguire l’avventura per scoprire quali altre meraviglie ci aspettano. Tuttavia, non sono questi i problemi cui l’opera va incontro.
Non è tutto oro ciò che luccica
Quando si realizza un gioco in cui l’esplorazione, il senso di novità e di curiosità verso l’ignoto sono l’elemento portante, su cui il game design stesso è fondato, si rischia di incappare in problemi legati al gameplay puro. I puzzle, che certamente non eccellono in varietà, sono l’unico elemento che riempie l’enorme mondo in cui ci spostiamo. Sono magistralmente strutturati in modo da necessitare un continuo movimento del protagonista e una frequente trasformazione dal suo lato “volatile” a quello umano, tramite una misteriosa sostanza dorata. Ma ancora una volta, solo questi riescono ad essere un motivo per continuare a giocare nel vero senso della parola. Il problema dell’open world di Vane è che si avvicina più a un concetto di “free roaming” in cui spostarci da un punto all’altro significa non vedere nulla durante il tragitto, talvolta anche molto duraturo.
Un’aquila troppo difficile da domare
Per non parlare dei comandi e della visuale, probabilmente due aspetti del gameplay che più convincono a chiudere il gioco e ad avviare Shadow of the Colossus o The Last Guardian al suo posto. Il problema principale nasce dalla gestione della telecamera, cosa su cui non abbiamo assolutamente il controllo, in quanto difficilissima da manovrare e che quasi mai risponde come vorremmo. A questo punto è facile immaginare come muovere il volatile, che spesso si sposta rapidamente, diventa un compito ai limiti dell’impossibile. La sfida, allora, sta nel capire le vere dimensioni del personaggio per prevedere come atterrerà su una piattaforma o quanto prima dobbiamo premere il pulsante di frenata per non superare il luogo che vogliamo raggiungere.
In riassuntiva, non possiamo dire che Vane sia un progetto mal riuscito ma, anzi, riesce appieno nel sorprendere il giocatore con elementi scenografici e spettacoli visivi che difficilmente possiamo trovare in titoli recenti. Tuttavia, ciò che manca è quasi il gameplay stesso, che si limita alla risoluzione di alcuni puzzle e alla semplice progressione nella storia. Inutile dire come gli amanti di ICO e Journey o anche coloro che si sono innamorati dell’atmosfera malinconica e cupa di Inside, troveranno in Vane una ventata d’aria fresca, una rottura degli schemi tradizionali cui siamo abituati. Ma la domanda che più ci frulla nella mente è: si poteva fare di più? Era davvero così inevitabile questa scarsità di effettivo divertimento? Noi siamo sicuri che Vane non riesce a esprimere appieno il suo potenziale come un vero e proprio videogioco, in cui l’utente finale deve sì rimanere ammaliato dai panorami offerti, ma anche essere coinvolto nel gameplay, nella risoluzione dei puzzle o anche solo nel muoversi tra una piattaforma e l’altra. Elementi che in Vane, purtroppo, tendono a mancare troppo spesso.