Hellboy | Il cinema sta vivendo un periodo molto particolare: premettendo che le idee originali non mancano mai, si preferisce, per la maggior parte dei casi, puntare a lanciare prodotti già visti, per una sicurezza economica e per avere una fan base solida alle spalle. Il caso più evidente è Disney, che da qualche tempo sta riproponendo i suoi vecchi film d’animazione, in una veste live action che svecchia graficamente i brand di riferimento, lasciando quasi del tutto invariata la formula alla base, come nel recente caso del Dumbo di Tim Burton. E anche Hellboy, personaggio della Dark Horse Comics, creato da Mike Mignola, ha subito la stessa sorte. Dopo due lungometraggi diretti da Guillermo Del Toro, che hanno riscosso un buon successo al botteghino, ma che avevano uno stile profondamente legato al tocco del regista messicano, si è optato per un reboot ad opera di Neil Marshall, che sapesse evocare più fedelmente le atmosfere del comic. Il lungometraggio sarà riuscito in questo intento? Analizziamo nel dettaglio la realizzazione per scoprirlo.
Il nostro eroe mentre esplora l’antro di Baba Yaga.
Hellboy: l’universo pulp e violento del corpulento demone
La pellicola parte subito a mille introducendoci la potente strega Nimue (Milla Jovovich) e la sua sconfitta, avvenuta molti secoli prima da parte di Re Artù e Merlino. Immediatamente, senza nessuna riflessione, veniamo immersi, con brutalità e la giuste dose di umorismo, nel mood del film, popolato da molti personaggi, luoghi e storie. A differenza della versione di Del Toro, che traeva ispirazione principalmente dai primi volumi del fumetto, soprattutto da Il seme della distruzione e Il risveglio del demone, il nuovo adattamento è incentrato su La caccia selvaggia e La tempesta e la furia, tra i racconti conclusivi del personaggio. Il principale elemento che rende le due trasposizioni così lontane, al di là della trama vera e propria, è lo spirito del protagonista, più oscuro e riflessivo nel caso di Ron Perlman (Blade II, L’ultimo dei Templari) dei lungometraggi precedenti, più ironico e impulsivo quello interpretato da David Harbour (I segreti di Brokeback Mountain, Stranger Things). Ma non è solo l’indole del nerboruto mostro a differenziare le due opere: nelle prime realizzazioni si respirava un’atmosfera dark-fantasy tipica dell’artista messicano, nella versione di Marshall, invece, il pulp e il gore scorrono a fiumi, in una danza macabra, ma armonica che cerca di conciliarli. Detto questo, è evidente come nel caso del reboot ci sia stato un tentativo di rinnovamento e avvicinamento al materiale originale, che è stato riportato abbastanza fedelmente, ma ciò non toglie che i lungometraggi di Del Toro siano delle perle a sé stanti. Uno dei punti di forza principali della pellicola, oltre all’energica e rockeggiante colonna sonora, è il micro-cosmo che introduce la narrazione, fatto di figure che popolano gli spin-off del fumetto di Hellboy. Quest’ultimi saranno forse approfonditi in lungometraggi a parte, andando ipoteticamente a creare un universo cinematografico di tutto rispetto: già Lobster Johnson (che fa un breve cameo), il carismatico cacciatore di nazisti, potrebbe essere un eroe interessante da delineare in un progetto futuro.
Chissà chi sarà la misteriosa preda da cacciare…
Il tentativo di imbrigliare la matassa narrativa
Abbiamo già parlato del fatto che il lungometraggio racconta diverse storie differenti, non soffermandosi su una in particolare, ma affrontandone molte contemporaneamente. Per quanto ogni singolo particolare di ogni racconto sia degno di menzione, la fusione di più avventure stratificate rende difficile l’orientamento nella matassa narrativa che si è andata a creare. Nello specifico non esiste una linea guida stabilita che sappia al meglio gerarchizzare le varie novelle presenti, che si intrecciano in maniera piuttosto caotica, senza stabilire quella principale. La stessa sorte tocca ad alcuni personaggi, che essendo talmente tanti e variegati, non hanno il giusto spazio e sono lasciati nel dimenticatoio. L’esempio più lampante è il padre di Hellboy, il Professor Trevor Bruttenholm, incarnato dal grandissimo Ian McShane (American Gods, John Wick 3 – Parabellum) che nonostante l’ottima interpretazione dell’attore, appare molto poco e non è necessario ai sensi della storia. Poiché si tratta di una delle figure cardine del fumetto, forse sarebbe stato il caso di dargli un’importanza decisamente maggiore. Passando al lato tecnico, la regia è piuttosto impersonale e priva di momenti elettrizzanti, mentre la computer grafica, in alcune scene specifiche della realizzazione, risulta troppo plasticosa e irreale, dando l’effetto che sia estremamente artificioso nella messa in scena. Ciononostante, passando ai combattimenti veri e propri, questi risultano interessanti e ben costruiti, con la sequenza d’azione che vede come antagonisti i Giganti, esteticamente pazzesca e brutalmente inscenata. In generale, nonostante i punti che abbiamo evidenziato, sia ha tra le mani un lungometraggio decente, forse troppo ambizioso e che poteva essere limato in alcuni passaggi fondamentali per la riuscita complessiva del tutto.
Hellboy torna al cinema in una veste esteticamente rinnovata e completamente mutata nell’animo e nell’essenza. Uno stile così dinamico e fumettoso, con sequenze violente e audaci, si allontana enormemente dalle realizzazioni di Guillermo Del Toro, che nonostante si sia per alcune cose distaccato dal comic originale, ha realizzato delle opere che sono ancora insuperabili. Il confronto in questi casi è innegabile e purtroppo il nuovo adattamento ne esce sconfitto, anche a causa del genialità e impronta atipica del filmaker messicano. Le debolezze ci sono e le abbiamo già sufficientemente descritte nel paragrafo di riferimento, ma in ogni caso ci sono tutte le carte in regola per correggere il tiro con dei potenziali film in futuro. D’altronde l’ambientazione e il mondo rappresentato sono comunque risultati di buona fattura e sarebbe un peccato non sfruttare successivamente tutti gli elementi accennati o introdotti (anche marginalmente) all’interno della pellicola.