Pride Run Recensione

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Pride Run Recensione | Ormai non ĆØ più un tabù considerare i videogiochi terreno fertile per trattare qualsiasi tema ed esprimere un messaggio, più o meno legato ad argomenti di attualitĆ . Pride Run, edito da Green Man Gaming e sviluppato congiuntamente da Hard Ton, Steam Factory e IV Productions, anche grazie agli sforzi di Ivan Venturi, nasce proprio con l’idea di utilizzare la forza espressiva del videogioco per veicolare un manifesto sociale, diventato, negli ultimi tempi, anche di interesse politico: quello dell’orgoglio LGBTQ+, di cui ancora si continua a dibattere in determinate sedi, spesso restie ad aprirsi a un dialogo più moderno, progressista e inclusivo.

Pride Run

Pride Run, un manifesto sociale fatto videogioco

GiĆ . Quella messa in scena da questo curioso rhythm game ĆØ una vera e propria battaglia sociale, che non ha paura di dire la propria su quanto sta accadendo nel mondo in questi anni. Farlo ragionando per assurdo, sembrano voler dire gli autori, ĆØ l’unico modo per ridicolizzare e cestinare in via definitiva ogni possibile pregiudizio residuo. Pride Run non ĆØ un grido sommesso, quasi colpevole: ĆØ al contrario una – voluta – provocazione, espressa anche attraverso il ricorso allo stereotipo, che qui, abbandonata la sua connotazione parodistica, diventa un vero e proprio strumento di rivalsa, per far sentire la propria voce con ancora maggior forza e inneggiare tutti insieme al diritto, sacrosanto in ogni societĆ  civile, alla libertĆ  personale e all’inclusione.

Pride Run

E tutti insieme ci si va per davvero: scopo ultimo, infatti, ĆØ quello di sfilare in corteo per le maggiori cittĆ  del mondo a tempo di musica, invitando i più curiosi fra gli spettatori a prendervi parte e tenendo a bada i contrari e gli oppositori. Provare a spiegarvi cosa effettivamente si fa nel gioco ĆØ di una semplicitĆ  disarmante, anche perchĆØ stiamo parlando – per la gran parte – di una versione basilare di un Guitar Hero, ma, al di lĆ  di ogni possibile retorica, per una volta non ĆØ quello che conta. A conti fatti si guida un corteo in cui persone di ogni orientamento sessuale si ritrovano a ballare e cantare insieme: per far ā€œcrescereā€ la folla bisogna inanellare sequenze corrette di tasti senza commettere errori, sequenze che possono farsi via via più difficili a seconda della difficoltĆ  o della modalitĆ , scelta fra “Vanilla” (la standard) e “Play Hard” (una ben più impegnativa, per giocatori hardcore). Al contempo, bisogna stare attenti a quali ā€œunitĆ ā€ schierare sul campo, il che gli dona anche una parvenza gestionale, accentuata solo in minima parte: il cuore del gioco, infatti, rimane nella necessitĆ  di andare a tempo con la musica, seguendo una melodia che si fa via via più incalzante. Come se non bastasse, infine, ogni volta si ha a che fare con i più disparati figuri, dai membri del Ku Klux Klan a San Francisco, ai mormoni a Toronto, per arrivare ai loro leader, che annoverano fra le loro fila anche diversi capi politici come Donald Trump e Marine Le PenĀ (veri e propri boss di fine livello) e in generale tutte quelle personalitĆ  che, negli anni, non hanno mai fatto mistero di esprimere diverse perplessitĆ  sulla diversitĆ  di genere.

In questi momenti, a loro volta molto semplici, Pride Run si riscopre citazionista e dall’anima retrò – i rimandi nel gameplay a Bust a Groove, titolo del 1998 per PS1, sono palesi –Ā  ma non solo. È qui che il videogioco abbandona in un istante le sue velleitĆ  parodistiche e caricaturali (come detto, solo apparenti) per partire subito all’attacco con convinzione verso i messaggi propugnati, perlomeno in quest’ambito, da una certa frangia della politica mondiale, ad esempio trasformando Trump, una volta sconfitto, in una drag queen. Ed ĆØ solo l’inizio. Lasciamo a voi il piacere di scoprire tutte le citazioni di cui il gioco ĆØ pieno: in questa sede ci limiteremo a consigliarvi di provarlo almeno una volta, che sia per provare a coglierne il significato, oppure, seguendo un’ideologia da videogiocatori più materialisti, confinandosi banalmente ad apprezzarlo come un titolo musicale, sulle note di una colonna sonora davvero ipnotica. Ma cosƬ, credeteci, non avrebbe nemmeno senso cominciare.

In barba alle polemiche scatenatesi sul web, che ne mettono in discussione la stessa esistenza, Pride Run ĆØ invece un videogioco che oggi come mai ha senso di esistere. Le sue esagerazioni, proprio come un megafono in un qualsiasi sit-in di protesta, sono solo il rafforzativo di una marcata denuncia verso l’omofobia, espressa nel modo più semplice e diretto possibile, non a caso nel coming out day. Uno specchio dei tempi moderni, insomma. Spiegare perchĆ© qualcuno continua a sollevare dubbi sul modo, per cosƬ dire, “scenografico” in cui ĆØ stato realizzato ĆØ semplice: basterebbe riesumare il sempreverde mito platonico che ben conosciamo.

Nato nello scorso millennio con una console fra le mani e rimasto per molti anni confinato nel mondo distopico della Los Angeles del 2019, ha infine deciso di uscirne per divulgare al mondo intero le sue più grandi passioni: il videogioco in tutte le sue forme, il cinema (quello vero) e Dylan Dog.