Dark Devotion | Il filone dei souls like è stato ufficialmente sdoganato nel momento i cui i giochi FromSoftware hanno cominciato a guadagnare sempre più popolarità, complice ovviamente la diffusione di Xbox 360 e PlayStation 3. Non è un mistero che anche il panorama indipendente abbia iniziato ad aggregarsi al gregge e soprattutto a sfornare opere trial and error, ovviamente nei limiti di budget e conoscenza della materia. Tra gli ultimi giochi che hanno debuttato in questo senso è presente Dark Devotion, dei francesi di Hibernian Workshop e portato di recente su PlayStation 4 dopo l’ottimo esordio su Steam datato lo scorso aprile.
Prova e sbaglia
Come dicevamo in apertura, il titolo appartiene al classico filone dei souls like, ovvero di quei giochi che fanno del trial and error il loro punto di forza. Con una trama nascosta e raccontata attraverso i tanti dialoghi degli NPC, la nostra protagonista (un Templare) si avvia alla ricerca dei segreti di un misterioso Tempio, esplorando i vari dungeon . Ovviamente il percorso è ricco di nemici, che vanno da semplici creature fino a veri e propri boss e mini-boss che renderanno molto arduo il nostro cammino verso la verità e di conseguenza verso l’endgame. Dark Devotion è molto chiaro fin da subito: c’è bisogno di apprendere per bene i comandi, che nella versione PlayStation 4 sono ben realizzati e implementati: con i due trigger dorsali si fa fuoco e si attacca, mentre con quelli superiori si eseguono schivate. L’interazione con l’ambiente, il cambio di armi, l’attivazione degli Altari (di cui parleremo successivamente) e molto altro è invece lasciato completamente ai classici tasti croce, quadrato, cerchio e triangolo. Con una pressione del touch pad, invece, si apre la mappa del labirinto che stiamo esplorando, utile per capire la direzione corretta e sapere se ci siamo lasciati qualcosa alle spalle.
Un esempio di boss fight
Il funzionamento di salvataggio è simile a quello di Dark Souls: non esistono dei falò, ovviamente, ma un sistema di portali di teletrasporto. Una volta attivati, sarà possibile recuperare dove siamo morti o come ci specifica il gioco, dove la nostra devozione è sparita. I nemici sconfitti la maggior parte delle volte torneranno in vita, almeno i gruppi più numerosi: una volta periti in battaglia, dunque, bisognerà fare molta attenzione a ricordarsi perfettamente il percorso eseguito e quelli pericoli possono celarsi in un determinato corridoio. Bisogna prestare attenzione anche ai drop che le creature eliminate lasceranno cadere, da pozioni per curarsi fino a pezzi di armatura che forniscono protezione extra, a spade e scudi, tutto può essere necessario nel percorso che porterà alla verità, naturalmente con i giusti bilanciamenti. D’altronde stiamo sempre parlando di un titolo che fa della componente RPG un suo punto di forza, seppur in misura ridotta perché stiamo appunto affrontando un viaggio sviluppato da un team di sviluppatori indipendenti.
Il gameplay di Dark Devotion è sicuramente l’aspetto più importante e vivo, seppur con alcune sbavature e non proprio rifinito. Pad alla mano, i combattimenti risultano estremamente soddisfacenti e dopo aver impiegato qualche minuto nella gestione corretta dei tasti di attacco e schivata il tutto sarà decisamente funzionale, senza ulteriori problemi. Il design dei combattimenti è ben studiato e sarà possibile trovarsi davanti nemici che necessitano di essere attaccati senza esclusione di colpi, altri invece per i quali sarà preferibile un approccio a distanza, o altri ancora in cui è meglio eseguire un affondo e successivamente una schivata. Questo vale sia per gli oppositori normali che per i boss: questi ultimi risultano davvero piacevoli da guardare a livello estetico e possiedono dei set di combo davvero originali, ma risultano essere anche uno degli scaglioni più difficili del gioco. Molto spesso infatti nascondono attacchi che non verranno rivelati nelle prime due o tre try, obbligandoci dunque a cercare una strategia più profonda rispetto a quella che magari sembrava più semplice e sicura. Ad aiutarci in questa impresa un incredibile set di armi, producibili anche dal fabbro, portandogli dei progetti specifici, oggetti che in grado di conferire buff di attacco, difesa e resistenza: c’è tutto l’occorrente per bilanciare al meglio la nostra avventura e la progressione. Tutto questo senza dimenticare, ovviamente, gli altari. In un sistema di fatti simile a quello ideato da From Software, ogni nemica lascerà cadere delle sfere di Fede, che verranno raccolte dalla protagonista. Queste serviranno ad attivare alcuni altari diffusi per i dungeon e il mondo, che ci consentiranno di trovare oggetti unici, ottenere dei buff e curarsi. Occorrerà calibrare al meglio quanta Fede spendere, considerando anche che alcune armi che abbiamo utilizzato ne richiedono anch’esse una parte. Strategia appunto, che è modellabile da giocatore a giocatore.
Il recupero del nostro inventario. Attenzione al bilanciamento!
Ben riuscita è anche la parte che riguarda la crescita del personaggio. Non esiste un vero e proprio skill tree, bensì un sistema di Talenti sbloccabile utilizzando alcuni punti esperienza (sotto forma di globi viola). Troveremo un hub dedicato all’interno del mondo di gioco e ogni elemento potrà essere utile in base alla build che decidiamo di utilizzare dall’inizio fino alla fine, offrendoci maggior attacco o difesa.
Qualche stonatura di troppo
Purtroppo non tutto è rose e fiori. I limiti di un piccolo team si vedono e si sentono tutti in Dark Devotion, e non sono pochi. Se per quanto riguarda il gameplay tutto scorre più o meno liscio come l’olio, vanno segnalate alcune scelte di design ben poco efficaci, a cominciare da quello dei livelli. L’esplorazione è uno dei punti forti del genere e in questo caso sì, gli scenari sono ben realizzati, ma la totale assenza di backtracking se non legata al teletrasporto dopo la morte fa storcere il naso. Forzieri persi, aree che sono sfuggite durante la fuga da un combattimento frenetico che non si può portare a termine senza perire: sono poche le occasioni in cui sfugge qualcosa a causa di un design lineare, ma comunque l’impossibilità di fare retromarcia può rappresentare un ostacolo. Così come lo è un HUD chiaro, su cui le informazioni a schermo sono davvero tantissime ed è facile perdersi, dato il disordine. Pop-up di testo che compaiono sotto gli oggetti avvolti dai particellari, l’impossibilità di capire esattamente cosa stiamo raccogliendo, statistiche non in evidenza rappresentano alcuni degli ostacoli maggiori che ci siamo trovanti davanti in fase di personalizzazione della build. L’assenza della lingua italiana, in aggiunta, può limitare e di molto l’avvicinamento del pubblico, sopratutto complice la trama raccontata tramite dialoghi e informazioni sulla lore del gioco da attivare manualmente.
Il lato tecnico non ha problemi gravissimi. Escludendo rari casi di input lag sul controller, la grafica in pixel art è realizzata molto bene. L’art direction è ispirata e l’interazione con l’ambiente, come ad esempio il chinarsi per pregare ed attivare linee di dialogo e spiegazioni su ciò che stiamo per vedere è una meccanica ben implementata. Solido anche il frame rate, che resta sui 30 frame al secondo granitici. Menzione d’onore la merita il comparto sonoro, con musiche ed effetti che servono a calarci nelle atmosfere del titolo.
Inutile girarci intorno: Dark Devotion è figlio di Dark Souls e del filone sdoganato da From Software. Il titolo di casa Hibernian Workshop attinge a piene mani dalle opere create da Miyazaki, pur mantenendo comunque un’aura di originalità interessante. Qualche limite tecnico può far storcere il naso, così come qualche scelta di game design non proprio adeguata, ma l’arrivo su PlayStation 4 può rappresentare un’ottima opportunità per gli amanti del genere.