Sakura Wars Recensione: il romanticismo salva il mondo dai demoni

Sakura Wars

Torna finalmente uno dei franchise storici di SEGA: Sakura Wars. Avviata su Sega Saturn nel 1996 con Sakura Taisen, la saga si è dislocata in videogiochi, manga, serie televisive e l’immancabile merchandising, annoverandosi come un marchio importante per la casa nipponica, la quale viveva in quegli anni la sua epoca d’oro. Essa però faticò a varcare il confine nipponico, tant’è che in Europa e specialmente in Italia, la serie entrò nei cuori degli appassionati – di nicchia – grazie alle produzioni distribuite da Eagle Pictures, e in un’era in cui internet non era ancora così diffuso, scoprire tale opera rappresentava una sorta di fortuna. Oggi però, la serie torna su PlayStation 4 con un nuovo capitolo, il quale vedrà finalmente la luce in tutto il mondo, facendo conoscere a sua volta un pezzo di storia di SEGA. Il nuovo gioco della serie è un soft-reboot della saga, nonché seguito di So Long, My Love, i cui eventi rimembrano nella narrazione del nuovo capitolo imbastendo le basi della trama. Tale produzione può vantare il contributo di artisti affermati nel panorama dei manga ed anime, a partire da Tite Kubo, autore dello spettacolare battle shonen Bleach, che si è occupato del design dei protagonisti e di tutto ciò che li riguarda. Fatte le dovute presentazioni, abbiamo giocato il titolo in questi giorni tra i pranzi e i cenoni festivi, digerito il tutto, siamo pronti a parlarvene in questa nuova recensione.

 Sakura Wars: l’unione tra videogioco ed anime

Si tratta di un soft-reboot dello storico franchise di SEGA, il quale narra la vicende della Flower Division e dei membri che la compongono. A distanza di quindici anni dall’ultimo gioco della serie, essa ripropone quella struttura narrativa che rese famosa Sakura Taisen su Sega Saturn, proseguendo l’intreccio narrativo di So Long, My Love. Difatti, ritroviamo una narrazione prettamente ispirata all’animazione giapponese, proponendo una formula episodica che s’intervalla di capitolo in capitolo, ognuno dei quali, come un episodio di un qualsiasi anime giapponese, vanta del suo eyecatch come forma d’intervallo. E questo coinvolgimento dell’industria dell’animazione giapponese la ritroviamo anche nei filmati realizzati dallo studio Sanzigen (Black Rock Shooter), che cavalcando l’improbabile successo della computer grafica, propone dei filmati realizzati in CGI, con una qualità sicuramente superiore rispetto alle opere moderne che vengono proposte sulle piattaforme di streaming. Non mancano però alcune incertezze tecniche riguardo alle animazioni, che ci riportano con i piedi per terra ricordandoci che la classica animazione 2D rimarrà comunque superiore: a confermare tale pensiero ci pensano alcuni filmati prodotti con la classica animazione, decisamente più accattivanti per i nostri occhi. Anche lo svolgimento della storia si comporta come un cartone animato giapponese qualunque, difatti i dialoghi sono prolissi, ricatturando le tipiche espressioni che vengono impiegate nelle serie televisive, facendoci dimenticare a volte che ci troviamo dinanzi a un videogioco.

Il gioco si colloca dieci anni più tardi rispetto agli eventi di So Long, My Love, ci troviamo in un momento storico dell’era Taisho in cui i mezzi di combattimento rimasti in gran segreto per lungo tempo sono ormai di dominio pubblico. A fronte di ciò i vari eserciti come Shangai, Berlino e Londra, insieme a Tokyo, collaborano per difendere il mondo dalla minaccia dei demoni, contribuendo in una difesa reciproca tra le varie fazioni. La nuova Flower Division propone un cast femminile variegato, caratterizzato dalla mano di Tite Kubo: difatti non è stato poi così difficile riconoscere alcuni lineamenti che troveremo nella sua grande opera manga Bleach, e non nascondiamo di esserci divertiti nelle prime battute del gioco a scovare dei possibili riferimenti al suo lavoro, congegnando qualche richiamo quasi nostalgico del celebre battle shonen. Ci troviamo esattamente nell’anno 1940, dove l’avanzamento tecnologico caratterizzano il tratto steampunk del titolo, mentre troviamo una Tokyo dall’aspetto occidentale con architetture ispirate all’Europa centrale. Nei panni di Seijuro Kamiyama, nuovo capitano della Flower Division, assolviamo al compito di guidare la nuova squadra per il torneo organizzato dall WLOF, dove i vari eserciti parteciperanno ad una serie di sfide per decretare il vincitore. Fatte le dovute presentazioni, la trama si districa tra gli spezzoni di vita quotidiana dei protagonisti e i combattimenti che imperversano a Tokyo, con intrighi, complotti e colpi di scena che renderanno la narrazione davvero appetibile.

L’eredità della Flower Division: ecco le ragazze!

La Flower Division è un corpo speciale costituito esclusivamente da ragazze e un capitano, Kamiyama, che dall’alto del suo ruolo creerà dei legami indissolubili con le protagoniste, le quali portano sulle proprie spalle un’eredità non da poco. Tra loro troviamo Sakura Amamiya, amica d’infanzia di Seijuro, a cui seguono Claris, Hatsuho, Anastasia e infine Azami, cinque ragazze che costituiranno la componente dating sim del titolo. Il legame che costruiremo con le ragazze delineerà gran parte della trama, per questo tale aspetto è preponderante nel gameplay del titolo, il quale vi permetterà di conoscere a meglio le ragazze. Come ogni buon dating sim che si rispetti, nei panni di Kamiyama possiamo intrattenere diversi dialoghi con i comprimari e i secondari, sfruttando un sistema di risposte multiple a tempo; ogni opzione varierà a seconda del personaggio con cui interagirete. Le risposte giudicate giuste vi permetteranno di approfondire il rapporto sentimentale con le protagoniste le quali, diverranno man mano sempre più confidenti, mettendo in mostra le loro debolezze e il loro carattere. Conoscendole più a fondo permetterà di accedere a degli tête-à-tête particolari, in cui le ragazze confideranno al buon Kamiyama i propri malesseri.

Il sistema dating fornisce diverse opzioni, le quali definiscono il carattere di Kamiyama in tre diversi aspetti: il capitano distaccato e dedito al lavoro, un sentimentalista e romantico, oppure l’amico depravato e fin troppo pieno di sé. Saper equilibrare le risposte in questi caratteri vi permetterà di avvicinarvi sempre di più alle ragazze, intrattenendo in questo modo delle relazioni sentimentali con esse. Le ragazze hanno un ruolo centrale nella narrazione, che oltre a svolgere il loro lavoro di pilota dei potenzi mezzi da combattimento, si occupano della gestione del teatro imperiale, nonché base operativa – in sotto copertura -, esibendosi come attrici provette. Nonostante l’inesperienza iniziale, Sakura, Hatsuho, Clarsi, Azami e Anastasia impareranno man mano l’arte della recitazione, diventando delle strabilianti idol.

Lame che fendono i petali di ciliegio

Oltre a tutto ciò che concerne il dating sim, arriva finalmente il momento di scendere in battaglia con gli speciali mech da combattimento. Essi sfruttano la forza spirituale del pilota per entrare in funzione, e sono dotati di equipaggiamenti che sfruttano le abilità di chi li manovra. Gli stili di combattimento sono vari e non manca la possibilità di poter controllare ogni membro della Flower Division durante le battaglie, non mancano però gli squilibri tra i personaggi in quanto danni causati. Ogni protagonista inoltre può fare affidamento su un attacco speciale, disponibile dopo aver riempito al cento per cento la barra spirituale. Il sistema di combattimento è molto semplice d’apprendere, poiché le azioni in combattimento si suddividono in attacchi leggeri e pesanti, con la possibilità di schivare i colpi e concedersi qualche attacco aereo. I combattimenti sono l’anello più debole di questa iterazione, che abbandona la strategia militare per tuffarsi in un qualcosa di più frenetico, seppur risulti essere alla lunga ripetitivo, proponendo soluzioni di game design quasi noiose e prive di qualsiasi variazione capace di sorprendere per un attimo il giocatore.

Nel nuovo capitolo,  inoltre, si percepisce l’assenza di una sfida concreta, in esso non è possibile scegliere il livello di difficoltà con cui affrontare la storia, e tutto ciò rende il combattimento fine a sé stesso, sottraendo ogni tipo di soddisfazione per aver sconfitto i nemici. La varietà di quest’ultimi è alquanto scarna e il loro pattern d’attacco è lento nell’esecuzione e decisamente prevedibile, tranne in una certa boss fight, in cui si ha qualche sprazzo di impegno. Troviamo infine un sistema che monitora il morale, ossia una componente che serve ad ottenere dei benefici in battaglia man mano che il morale dei compagni aumenta di livello: più quest’ultimo si avvicina al suo apice massimo, più attacco e difesa aumenteranno. Per progredire in questo sistema, devono essere compiute alcune azioni basilari, come l’esplorazione e il combattimento: maggiore sarà la nostra efficacia in battaglia, più il morale aumenterà, riuscendo in questo modo a potenziare il party semplificando ulteriormente i combattimenti.

Le bellezze di una Tokyo in chiave occidentale

Il teatro imperiale è il principale luogo che esploreremo in questo nuovo capitolo, al suo interno avvengono maggior parte degli eventi chiave della trama, se non altro è anche la base operativa della Flower Division e alloggio dei suoi membri. Mentre la trama progredirà, inizieranno ad emergere altri luoghi esplorabili, piccoli quartieri in cui sarà possibile osservare la quotidianità della capitale imperiale. Tuttavia, le attività secondarie sono quasi ridotte all’osso, difatti l’interazione ambientale è puramente colloquiale e si possono avere dei piccoli dialoghi con gli NPC del luogo. Fortunatamente, non mancano gli eventi secondari con cui distrarsi momentaneamente dalla main quest, i quali vanno ad aprire e chiudere diverse sotto trame, dando vita anche ad estratti di comicità riscontrabili nelle produzioni dell’animazione giapponese, riuscendo a strappare un piccolo sorriso. Ma anche qui, l’assenza di attività secondarie che permettono di interagire col mondo di gioco rendono l’esperienza di gioco piuttosto povera nella sua proposta contenutistica.

Ciò che invece abbiamo apprezzato sono due elementi che possiamo assaporare per staccare la mente dalla trama principale: la prima è la possibilità di rigiocare i dungeon per ottenere delle valutazioni più alte, portandoci a sbloccare dei bromide, ossia delle illustrazioni collezionabili, l’altra invece, si chiama Koi Koi Wars. Quest’ultimo è il Koi Koi classico, il gioco di carte che ritroviamo in un altro franchise ben noto di SEGA: Yakuza. Attraverso il Koi Koi possiamo sfidare gli altri membri della Flower Division e i personaggi secondari, con un livello di difficoltà variabile per rendere più arguta la sfida. Anche l’esplorazione delle varie aree risulta quasi del tutto superflua, rendendo questo aspetto superfluo a scopo ludico, forzando il giocatore ad esplorare per motivi puramente legati alla trama. Ciononostante siamo rimasti amareggiati dal mondo di gioco, ci saremmo aspettati una maggiore interazione e qualche attività extra con cui conciliare il proseguimento della quest principale.

Sakura Wars: Death and Strawberry

Questo è un capitolo particolare per la serie: è il primo a non essere sviluppato da Red Entertainment e in più, vanta di un cast di designers di rilievo che hanno lavorato nello sviluppo dei personaggi, mezzi di combattimento e ambientazioni. La guest star è senza ombra di dubbio Tite Kubo, mangaka affermatosi con la realizzazione di Bleach, uno dei “furono” big three della Shonen Jump. Il suo tratto ha dato vita ai personaggi principali di questa nuova iterazione, tant’è che è possibile riconoscere alcuni volti e la loro ispirazione, una sorta di citazione: basti pensare che il protagonista, Seijuro Kamiyama ha il volto di Ichigo Kurosaki, mentre la bella Claris richiama fortemente l’aspetto e il carattere di Inoue Orihime. Ovviamente non vi è solo Kubo-san alla direzione artistica: troviamo personalità di spicco come Ken Sugimori (Pokémon), Shigenori Soejima (serie Persona) e BUNBUN (Sword Art Online), insieme ad alcuni character designer di Kyoto Animation. Ordunque, il character design ne esce ricco, variegato e soprattutto rafforzato, riuscendo a rendere distinguibili tutti i personaggi provenienti dalle varie nazioni. Anche la colonna sonora vede il gradito ritorno di Kohei Tanaka, storico compositore della serie, il quale ha saputo realizzare dei brani tutto sommato orecchiabili per le situazioni più disparate.

Quanto all’aspetto tecnico, l’opera mostra un comparto di tutto rispetto, con modelli poligonali ben definiti per il cast dei personaggi, così come il design di alcuni luoghi esplorabili che mescolano i tratti orientali con quelli occidentali riportandoci indietro nel tempo, seppur ci sia una telecamera fissa per i luoghi esterni al teatro a rovinare l’esplorazione. Invece il level design dei dungeon si mostra anonimo, intervallandosi con sezioni platform trite e ritrite, rendendo quasi dispiacevole abbandonare momentaneamente il teatro per tuffarsi nell’azione. Anche l’intelligenza artificiale si aggiunge ai punti deboli della produzione, mostrando dei tempi di reattività dei nemici e dei boss alquanto lenti, penalizzando soprattutto l’esecuzione dei loro pattern risultando così prevedibili. Le animazioni invece sono ingessate e non spiccano notevolmente per la loro cura; nella prestazione il titolo non ha sofferto di particolari problemi oltre a quelli già elencati, esibendosi in un frame rate molto stabile e senza sbavature.

Dopo quindici anni dall’ultimo capitolo approdato su console, la nuova iterazione non ci ha soddisfatti del tutto. Nonostante una buona narrazione, strutturata come un prodotto d’animazione giapponese, e un sistema dating sim appagante, l’offerta contenutistica e il gameplay meritavano molto di più. La nuova iterazione del franchise di SEGA propone in parte alcuni elementi tradizionali che lo hanno contraddistinto negli anni, seppure avrebbe potuto decisamente osare di più proponendo qualche attività extra per arricchire il mondo di gioco. Quest’ultimo infatti ha un ruolo irrilevante e il suo mancato sfruttamento rende ogni zona accessibile una mera vetrina di ciò che poteva essere fatto. Come se non bastasse, anche tutto ciò che concerne i combattimenti risulta scarno, quasi superfluo e ripetitivo, intaccando l’esperienza data al di fuori della main quest. Anche l’assenza di un basilare sistema di progressione fa sì che i combattimenti siano fini a sé stessi, un blando tentativo di diversificare il gameplay. Tuttavia, siamo rimasti colpiti dal character design dei personaggi, così diversificato e riconoscibile, il coinvolgimento dei vari mangaka, tra cui Tite Kubo, ha dato i suoi frutti, dei frutti veramente squisiti.

Matteo è un grande appassionato di videogiochi, manga ed anime. Come videogiocatore nasce sul Nintendo 64, Il suo primo videogioco? Super Mario 64. Col passare del tempo si è unito alla famiglia delle console di casa Sony e adora in particolare i videogiochi di produzione giapponese, ma grazie anche al suo spirito di cacciatore di trofei, prova interesse in ogni sfaccettatura del videogioco.