Finalmente arriva anche su console Daymare 1998, videogioco tutto italiano creato dagli sviluppatori di Invader Studios. Il titolo era già uscito su PC lo scorso 17 settembre, mentre dal 28 aprile è disponibile anche su PlayStation 4 (formato fisico e digitale) e Xbox One (solo in digitale). Questo survival horror era nato in origine come remake non ufficiale di Resident Evil 2; il team romano aveva infatti iniziato a lavorarvi spinto dall’amore per il secondo capitolo della famosa saga survival horror di Capcom, ma, visti i lavori sul remake ufficiale, era stato costretto a virare bruscamente la direzione del progetto. Il loro titolo, nelle fasi primordiali, aveva impressionato anche gli sviluppatori di Capcom, che invitarono i membri del team di Invader Studios nella loro sede in Giappone.
Finalmente, dopo anni di lavoro, Daymare 1998 è realtà. Questo omaggio allo stile proprio dei survival horror degli anni ’90 può finalmente camminare sulle sue gambe e dopo averlo provato su PC abbiamo messo alla prova anche la versione su console. Scopriamone i dettagli.
Una cittadina tranquilla
La storia di Daymare 1998 è ambientata in una tranquilla e sperduta cittadina americana chiamata Keen Sight, nei cui paraggi è situato un misterioso laboratorio segreto gestito dalla Hexacore Biogenetics, società governativa con tanti segreti da nascondere (vi ricorda qualcosa?). La situazione precipita quando una sostanza chimica molto pericolosa, rinominata Castor, ispirandosi ai Dioscuri della mitologia greca (non preoccupatevi, ci sarà anche Pollux), contamina i ricercatori del laboratorio trasformandoli in creature sputa-bile acida simili a zombie nelle movenze e nell’aspetto.
Per evitare che la situazione sfugga di mano e per insabbiare il tutto, viene chiamata l’unità H.A.D.E.S. (Hexacore Advanced Division for Extraction and Search) a cui appartiene Liev, il primo personaggio che interpreteremo all’interno di Daymare 1998. Nel gioco infatti vestiremo i panni di ben tre personaggi differenti: Liev, appunto, militare di origini russe spietato e senza scrupoli; Sam, guardaboschi dal carattere tranquillo, che soffre di allucinazioni per un problema mentale, se non curato con le apposite medicine; infine Raven, altro militare dal passato tormentato.
L’avventura scorre in maniera piuttosto lineare e senza grandi guizzi narrativi. I personaggi non sono il massimo come caratterizzazione, ma risultano piuttosto stereotipati. Quello che nel gruppo si eleva un po’ più degli altri è Sam, che si ritrova suo malgrado a combattere in una situazione da incubo dopo una grave perdita personale e in più dovendo fare i conti anche con la sua malattia. Il tutto assume dunque una progressione da B-movie horror e, che sia chiaro, non è un difetto, essendo questo un gioco profondamente ispirato a Resident Evil 2: anche il titolo di Capcom non aveva enormi pretese legate alla trama, con qualche colpo di scena interessante soltanto durante la fase finale dell’avventura.
I ragazzi di Invader Studios si sono impegnati molto nel cercare di delineare un contesto narrativo particolareggiato e il gioco è disseminato di documenti e file audio che amplieranno la lore. Ci è piaciuto il fatto che alcuni dei documenti presenti siano accessibili soltanto accedendo a un sito esterno dal look tipicamente anni ’90, in cui diversi testi permetteranno di approfondire alcuni argomenti importanti legati alla storia. Indubbiamente l’aspetto più riuscito è legato alle diverse ambientazioni che dovremo attraversare tentando di sopravvivere. L’atmosfera lugubre e ansiogena permea la tranquilla cittadina di Keen Sight invasa dalle creature non morte, con una buona gestione degli effetti di luci e ombre che rendono ancora più coinvolgente ogni sessione di gioco.
Abbiamo apprezzato molto la scelta degli sviluppatori di non abusare dei jump scares, qui davvero rari. Il senso di paura è infatti lasciato totalmente all’atmosfera. Alcune location sono poi rese in maniera eccelsa, come ad esempio l’ospedale, che per alcuni aspetti ci ha ricordato Silent Hill, altro capolavoro horror di fine anni ’90: vedere un’infermiera zombie camminare scomposta verso di noi nell’oscurità è d’altronde inequivocabilmente un rimando piuttosto chiaro!
Daymare 1998: l’importante è colpire alla testa
Anche il gameplay di Daymare 1998 si rifà, come prevedibile, alla scuola dei Resident Evil. Principalmente ai vecchi capitoli, riprendendo un po’ anche l’inquadratura sopra la spalla del quarto episodio, ma mantenendo quel ritmo lento e quell’atmosfera piena di ansia di quando bisogna restare fermi per prendere bene la mira, specialmente se si punta alla testa per non sprecare troppe munizioni. Durante l’avventura avremo un set di bocche da fuoco abbastanza vario, anche se non enorme, con diversi grandi classici del genere come l’immancabile fucile a pompa e la potente magnum, per infliggere il massimo danno. Le sparatorie ad ogni modo non risultano particolarmente complesse, data anche la lentezza dei nemici (ma non tutti) e soprattutto la possibilità di colpire corpo a corpo per stordirli prima del loro attacco. Questa manovra dev’essere fatta con tempismo e probabilmente ci vorrà un po’ di tempo per perfezionarla, ma una volta carpito il segreto del suo utilizzo faciliterà molti scontri. Di tale attacco non si potrà comunque abusare, sia perché consumerà molta stamina (come anche la corsa veloce) rendendo limitati i colpi utilizzabili in breve tempo, sia perché alcuni tipi di creature sono appositamente immuni. Il gioco poi, essendo un survival horror, vi spingerà anche ad evitare di affrontare ad armi spianate ogni nemico, dato che spesso converrà fuggire per tenere da parte munizioni e risorse per scontri più impegnativi.
Un po’ sottotono la varietà dei nemici, composta dai classici zombie e da qualche variante più potente, ma non comparirà nessun mostro davvero caratteristico e terrificante come erano, ad esempio, i Licker dell’originale Resident Evil 2. I boss poi sono per la maggior parte piuttosto deludenti: non brillano di carisma per quanto riguarda le loro forme e le meccaniche degli scontri sono molto semplicistiche, dato che in sostanza basterà sparare e fuggire per mantenere le distanze.
Buona la meccanica inedita legata alla ricarica delle armi, che ci permetterà di alternare due caricatori a seconda della pressione del tasto. Premendo velocemente espelleremo quello in uso e caricheremo subito quello di riserva, in modo da non avere tempi morti in battaglia. Tenendo premuto il tasto, invece, ricaricheremo con tutta calma il nostro caricatore. Sarà possibile affidare a un tasto rapido anche gli oggetti curativi, aspetto fondamentale durante gli scontri poiché aprire l’inventario non metterà in pausa il gioco. I nostri personaggi avranno equipaggiato una sorta di mini computer legato al braccio, che ci consentirà di gestire l’inventario, leggere i documenti, ascoltare i file audio e visualizzare la mappa. Il tutto avverrà in tempo reale, senza nessuno stacco dall’azione di gioco. Scelta interessante, che mette ancor più ansia al giocatore nelle fasi maggiormente adrenaliniche, in cui bisognerà pianificare per tempo armi e oggetti da inserire negli slot rapidi.
L’esplorazione è un altro aspetto ben riuscito di Daymare 1998. Nonostante una certa linearità delle mappe e della progressione, le ambientazioni che attraverseremo saranno sempre ben curate e piene di dettagli. Spesso gli sviluppatori si sono divertiti a inserire rimandi sia ai vecchi Resident Evil che agli anni ’90 in generale, con vari Easter Egg da trovare, come per esempio il palloncino rosso di It. Nell’economia di gioco hanno molta importanza anche gli enigmi, presenti in gran quantità. Se le nuove incarnazioni dei titoli Capcom, come il recente Resident Evil 3, hanno visto una radicale diminuzione di questo caratteristico elemento, Daymare ne fa un punto di forza rifacendosi proprio alla tradizione dei survival horror di fine anni ’90. I tantissimi enigmi all’interno del gioco saranno sempre piuttosto elaborati e non offriranno mai ai giocatori la soluzione facilmente. Bisognerà ragionarci molto e non sarà difficile che vi ritroverete bloccati a scervellarvi per diversi minuti prima di risolverne uno.
Il titolo è completabile in circa una decina di ore alla prima run, ma, come succedeva nella saga horror di Capcom, è possibile provare a migliorare il proprio risultato, magari a un livello di difficoltà superiore, cercando di finirlo nel minor tempo possibile. D’altronde abbiamo notato che tra i trofei presenti ce n’è uno presente che impone di finire l’avventura in meno di 4 ore.
Tecnicamente il gioco è notevole, se consideriamo che è stato sviluppato da un team indie di poche persone. L’Unreal Engine 4 con cui è stato creato è ben sfruttato, soprattutto per quanto riguarda ambientazioni e atmosfere. Purtroppo le animazioni dei personaggi peccano un po’ nella qualità generale, soprattutto per quanto riguarda quelle facciali, non perfettamente riuscite. Su PlayStation 4 standard abbiamo notato in diverse occasioni una certa lentezza nel caricare le texture, specialmente durante il cambio di un’area, e qualche calo di frame rate in alcune situazioni. Durante la nostra esperienza ci è anche capitato che un bug corrompesse i nostri salvataggi costringendoci a ricominciare la partita da capo. Sperando che sia un errore molto raro, ci auguriamo che gli sviluppatori rilascino delle patch in breve tempo per ovviare a questi problemi. Il sonoro infine presenta dei temi musicali adatti alle atmosfere da incubo di Keen Sight e un doppiaggio interamente in inglese con la presenza dei sottotitoli italiani.
Daymare 1998 è un ottimo debutto per gli sviluppatori italiani di Invader Studios. Il titolo ha ancora ampio margine di miglioramento in diversi aspetti, sia per quanto riguarda la narrazione, che, soprattutto, sul fronte del gameplay e sul lato tecnico. È indubbia comunque la passione di questi ragazzi, che sono riusciti a creare un titolo interessante per tutti i fan dei cari vecchi Resident Evil.