Dal prolifico sviluppatore Nippo Ichi arriva un piccolo gioiellino che già a partire dal suo teaser trailer era stato capace di attirare l’attenzione di molti. Il nome, quasi una riga di codice, Void-tRrLM(); e nemmeno il sottotitolo – Void Terrarium – riusciva a chiarire di cosa esattamente si stesse parlando ma, vuoi per un’estetica melancolica e romantica, vuoi per il pesante nome dell’azienda sviluppatrice una cosa è sempre stata certa e cioè che dietro quell’aspetto da indie tutto cuoricini e lacrimoni, si nascondeva un titolo dal grandissimo potenziale sia in termini di storytelling che sul piano del gameplay.
Void Terrarium: il robot e la bambina
Void Terrarium racconta la storia di un piccolo robot che si risveglia in una discarica abbandonata con la memoria completamente resettata. Qui trova una bambina ad un passo dalla morte e decide di salvarla e prendersene cura. Con l’aiuto di una intelligenza artificiale, anch’essa finita nella discarica, il piccolo robot senza nome scopre che il mondo, per come noi lo conosciamo, è stato devastato dalle spore di alcuni funghi tossici che hanno costretto l’umanità a rifugiarsi sotto terra. Gli esseri umani avevano quindi affidato la loro sorte ad un’intelligenza artificiale che, dopo averli giudicati incapaci di una pacifica coabitazione in un luogo così ostile, ne aveva decretato l’estinzione. Ed è proprio quella stessa IA che, ormai pentita, ci aiuterà durante tutta la nostra avventura in cerca di redenzione. Una premessa, quella di Void Terrarium, dai forti tratti distopici che sembrerebbe dar vita ad uno sviluppo narrativo cupo e drammatico ma invece di soffermarsi sull’aspetto morale ed etico di un tale potente incipit, il titolo di Nippon Ichi prende una piega inaspettata e diventa una sorta di Tamagotchi con gameplay rogue-like.
La IA, unica nostra amica, ci guiderà in un’avventura divisa nettamente in due parti: da un lato le sessioni di gioco all’esterno della discarica (scrap yard, in inglese), ambientate nel labirintico mondo sotterraneo (wasteland) ormai invaso dalle spore tossiche e in cui abitano strani mutanti e macchine ostili. Questa parte del gioco è un classico titolo rogue-like con visuale dall’alto: il robot girerà all’interno di dungeon generati proceduralmente procacciando per sé e la bambina materiali utili alla sopravvivenza e scontrandosi attraverso un sistema a turni con le minacce che di volta in volta gli si presenteranno davanti. La progressione del personaggio è affidata anch’essa ad un sistema casuale, infatti ogni volta che il livello del nostro personaggio salirà ci sarà chiesto di scegliere di potenziare un’abilità (passiva o attiva, in modo assolutamente non strutturato) tra le due proposte dal sistema.
Dall’altro lato ci sono le sessioni di gioco ambientate all’interno della discarica. In queste fasi, diverse non solo per gameplay ma soprattutto per estetica e impatto emotivo, il piccolo robot interagisce con la bambina, che presto scopriremo chiamarsi Toriko, e con l’intelligenza artificiale. L’obiettivo dei nostri viaggi al di fuori della discarica, e quindi l’obiettivo dell’intero gioco, è assicurare la sopravvivenza della piccola creatura, probabilmente unica sopravvissuta della sua specie, e creare per lei un confortevole rifugio che la tenga al sicuro dall’ostile mondo esterno. Una sorta di terrarium (sic) per esseri umani.
Penny, il Tamagotchi post apocalittico
Per ovviare al rischio che il giocatore si dedichi completamente all’esplorazione dei labirinti abbandonando Toriko al suo destino gli sviluppatori hanno escogitato un sistema che, strizzando l’occhio al giocatore, cita direttamente un fenomeno culturale nato negli anni ’90 il Tamagotchi. Grazie all’aiuto della IA il piccolo robot riprogramma un vecchio videogioco, Pet-Nanny (familiarmente ribattezzato Penny) attraverso cui gli umani si prendevano cura di un animale digitale, e lo rimodella sulle necessità di Toriko. In questo modo, attraverso un piccolo riquadro in basso a sinistra dello schermo, il giocatore può monitorare costantemente le condizioni della bambina, il suo stato di salute, il suo appetito e ogni altra necessità.
Oltre alla bambina c’è un altro fattore che limita la permanenza del robot all’esterno della discarica, il consumo di batteria. La nostra autonomia di azione è infatti limitata dal consumo di energia. Ogni azione, come ad esempio attaccare gli avversari, consuma la batteria interna del robot e, se escludiamo i fortuiti drop di ricariche che i nemici sconfitti ci concedono, è molto importante evitare lo scontro quando questo non è necessario. La pena per l’esaurimento delle nostre energie in fase di esplorazione è il ritorno alla discarica con il bottino ottenuto fino a quel momento già riconvertito in materiali di base (organico, inorganico, energia e risorse contaminate).
Risulta chiaro quindi che nonostante ci sia una netta separazione tra le due fasi di gioco gli sviluppatori abbiano lavorato molto sul trovare un equilibrio tra le due componenti di Void Terrarium. Personalmente avrei preferito potermi dedicare anche all’esplorazione della discarica, senza limitare questa fase alla cura di Toriko ma mi rendo conto che sarebbe stato necessario sviluppare una terza componente di gameplay (magari con puzzle ambientali a là Playdead, mi sento di aggiungere) totalmente diversa dalle due precedenti. Razionalmente comprendo perfettamente la mia è una richiesta onerosa, ma avrebbe dato al titolo ulteriore profondità andando a limare anche quel senso di noia che subentra all’ennesimo viaggio nelle wasteland in cerca di materie prime.
Sarebbe bastato poco per trasformare Void Terrarium in un piccolo capolavoro: qualche elemento di gameplay in più e qualche dettaglio maggiore nelle sessioni rogue-like ma nonostante piccole mancanza qui e lì questo titolo riesce a coinvolgere il giocatore e trasportarlo all’interno del suo mondo. Immedesimarsi con un robot muto non è una cosa semplice, eppure riusciamo benissimo ad immedesimarci nel tenero esserino meccanico che vaga in lungo in largo all’interno di un mondo ormai andato avanti alla disperata ricerca di salvezza e redenzione. Da uno sviluppatore come Nippon Ichi, con grande esperienza sia in campo visual novel che RPG, non potevamo aspettarci nulla di meno.