Dmitri Mendeleev è stato uno scienziato ed un educatore russo del XIX secolo, spesso accreditato come colui che per primo pubblicò la tavola periodica degli elementi, ma ciò che spesso esula dal sapere comune è che potrebbe anche essere stato uno dei primi studiosi ad utilizzare la cosiddetta gamification, o ludicizzazione, per portare a termine un’opera educativa. Il termine gamification può essere impiegato in due modi: il primo è quello di integrare l’atto di giocare nella vita di tutti i giorni. poiché i livelli di coinvolgimento e di intrattenimento dei videogiochi possono motivare gli utenti a svolgere attività che normalmente potrebbero considerare noiose, come l’apprendimento, mentre il secondo è l’inclusione di elementi mutuati dai giochi all’interno di attività non ludiche per renderle più piacevoli.
Mendeleev è anche noto per essere stato un appassionato giocatore di carte, quindi era logico per lui usare queste ultime per catalogare gli elementi in un modo che gli risultasse facile da comprendere. Il chimico originario di Tobol’sk, storica capitale della Siberia occidentale, trasformò il processo di classificazione in un gioco vero e proprio, elencando ciascun elemento ed altre informazioni ad esso correlate su una carta, per poi posizionarle a faccia in su sopra un tavolo: in tal modo, è stato in grado di capire meglio le relazioni e l’ordinamento di tutti gli elementi conosciuti fino ad allora. Dopo la pubblicazione dei suoi studi, gli altri scienziati furono spinti a scoprire nuovi elementi per colmare le lacune del lavoro di Mendeleev e per sviluppare ulteriormente la tavola.
Durante i suoi anni di formazione, Mendeleev non è stato esattamente quello che potrebbe definirsi un alunno modello, ma riuscì ugualmente a ricavarsi un posto nella storia dei progressi scientifici proprio grazie alla ludicizzazione, a concreta testimonianza dei vantaggi di quest’ultima e dell’impatto che può avere su studenti e ricercatori nonostante i loro precedenti risultati accademici.
Code#DNA, il progetto che VIGAMUS Academy e Idra Interactive Studios stanno sviluppando in collaborazione con l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata e il suo Centro per lo Studio del DNA Antico, parte del dipartimento di Biologia, è un cosiddetto “applied game”, ossia un gioco ideato e sviluppato per uno scopo differente da quello del puro e semplice intrattenimento: la protagonista dello stesso è Emma, un’antropologa fisica alle prime armi incaricata di affrontare diversi scenari mediante l’analisi e lo studio del DNA ricavato da numerosi reperti. Tutti i casi trattati in Code#DNA si basano su osservazioni ed indagini realmente condotte da quanti si occupano di analizzare le variazioni nel tempo e nello spazio del patrimonio genetico delle civiltà, e il loro scopo è introdurre il giocatore a questa particolare branca della ricerca scientifica: potremo pertanto esaminare lo scheletro di una donna del sedicesimo secolo rinvenuta nel Lazzaretto Nuovo di Venezia, e seppellita in maniera tale da aver indotto a pensare che la gente dell’epoca la ritenesse un vampiro, oppure il chiostro della chiesa di San Fermo Maggiore a Verona, dove si presume sia stato seppellito uno dei grandi maestri templari, o ancora il sito preistorico di Grotta Guattari, collocato sul fianco orientale del promontorio del Circeo, nel quale venne trovato un cranio fossile di un uomo di Neandertal vissuto oltre 70000 anni fa, e la Cattedrale di Siviglia che, secondo le autorità spagnole, dovrebbe ospitare i resti mortali di Cristoforo Colombo, ma la cui autenticità viene ancora oggi messa in discussione.
La nostra Emma può contare anche su un’abilità molto particolare, ossia quella di utilizzare i propri “sogni” come porte di accesso per esplorare le varie epoche storiche, raccogliere indizi e risolvere enigmi che la condurranno a fare luce sui misteri che circondano i ritrovamenti: benché la possibilità di viaggiare nel tempo e nello spazio sia un espediente narrativo fantastico, si tratta di un espediente utile sia per enfatizzare il lato ludico della produzione che per fornire al giocatore una visione più accurata delle ricostruzioni ambientali dei rispettivi periodi, ed immergerlo ulteriormente nei miti e nelle leggende che hanno accompagnato tali scoperte prima che la scienza desse il suo contributo per stilare interpretazioni più concrete ed esaustive. Come dicevamo in apertura, uno dei componenti essenziali della gamification è proprio il bilanciamento fra interattività ludica e apprendimento reale, e la cura riposta nella trasposizione digitale della storia e degli esiti degli studi accademici: in tal senso, Code#DNA non contiene combattimenti o sequenze d’azione di alcun tipo, perché le sfide che offre al giocatore sono pensate per offrirgli una panoramica in chiave ricreativa della reale attività di ricerca condotta dai responsabili del Centro per lo Studio del DNA Antico.
Ricapitolando, Code#DNA è la somma di tre parti distinte: un’avventura grafica, uno strumento educativo che promuove l’importanza del gioco quale veicolo culturale e artistico, e un contenitore digitale di alcune fra le innumerevoli esperienze raccolte negli anni dal dipartimento di Biologia dell’università di Tor Vergata. La versione definitiva del gioco verrà presentata a partire dal prossimo 10 ottobre.