DiRT 5 Recensione: Super Arcade Turbo Rally Plus

DiRT 5

Come da titolo, se DiRT 5 si fosse chiamato Super Arcade Turbo Racing Plus nessuno, in sede di critica, avrebbe avuto da ridire. Questo perché la nuova fatica di Codemaster, arrivata alla fine di una stagione particolarmente ricca di pubblicazioni per la software house britannica, è un arcade puro che, pad o volante alla mano, ricorda più un Sega Rally piuttosto che un qualsiasi altro esponente della serie. Per un genere che, negli ultimi tempi, ha fatto della scalabilità un cardine centrale dell’esperienza, è curioso che DiRT 5 si riveli tanto fresco, divertente e appagate, pur lasciando da parte concetti hardcore come fisica, collisioni e, lo avrete capito, simulazione.

DiRT 5: lo sporco che non va via

Eh no, DiRT 5, sin dai primi minuti di gioco, sembra proprio volersi fare beffe di quella serietà di facciata e pure di fondo sfoderata dalla concorrenza. Anche quella interna a Codemaster che, proprio sulla scalabilità del modello di guida, aveva spesso puntato.

Prendendo in esame gli ultimi 12 mesi, proprio su queste pagine abbiamo avuto la possibilità di raccontare l’approccio simcade di Grid 2, la profondità, anche gestionale, di F1 2020, l’intransigenza di Dirt Rally 2.0 nella sua Game of the Year Edition. Racing validi per filosofie diverse, che abbiamo comunque apprezzato,  a livelli diversi, anche per la loro capacità di mutare e adattarsi all’utenza, a chi, in quel preciso momento e in quel determinato luogo, impersonava il pilota virtuale.

Tutte quelle belle e spesso bellissime parole, in DiRT5, non valgono proprio nulla. E non perché DiRT 5 sia un brutto gioco. Anzi. Rappresenta, però, un cambio radicale di direzione, con un titolo che si presenta al pubblico come un arcade puro e crudo, lontano da qualsiasi tipo di velleità simulative e lontano, pure, dai più recenti simcade sul mercato. D’altro canto, aggrappandoci per l’ultimo volta al recente passato, vi avevamo già parlato del cambio di rotta intrapreso da Slightly Mad Studios che, con il suo Project Cars 3, aveva appunto sposato il concetto di “accessibilità” senza, però, rinunciare ad un lavoro certosino per quanto riguarda la distribuzione dei pesi e le collisioni. Ecco, DiRT 5 va ancora una volta oltre, rinunciando completamente a qualsiasi elemento realistico che non siano i circa 60 modelli di auto su licenza disponibili al lancio. Senza rinnegare, ovviamente, la sua natura “rallystica”, DiRT 5 propone, come sempre, competizioni offroad che mescolano, di volta in volta, eventi legati, in un modo o in un altro, alla terra, al terriccio, al fango, alla neve e al ghiaccio. La modalità Carriera, da un punto di vista strutturale, è molto semplice, perché mette in sequenza i già citati eventi permettendo al giocatore più scafato di proseguire velocemente a suon di risultati e, quindi nell’acquisizione di  “Timbri” essenziali per sbloccare le gare e gli eventi successivi. Fondamentalmente, si tratterà quasi sempre di centrare il podio e raggiungere determinati obiettivi. Più raramente, al fine di favorire l’ottenimento di ulteriori Punti Esperienza, Reputazione e denaro, bisognerà pure cimentarsi in gare contro il tempo o in avvincenti duelli, magari promossi da quel particolare Sponsor pronto a sganciare denari e ricompense varie.

Una struttura, quindi, estremamente classica che mette al bando qualsiasi tipo di “upgrade” della propria vettura che non sia di natura estetica. Tutto qui, davvero. Non vi è nessuna particolare “crescita”: il pilota, se mai, dovrà accontentarsi di nuove “schede” riconoscitive, utili per bullarsi nel multiplayer online,  di nuove decorazioni per la propria vettura. Dati i tempi stretti, non siamo riusciti a vedere la fine di DiRT 5, ma il numero di location (10) e circuiti (130) affrontato ci permette di restare abbastanza tranquilli circa la durata dell’esperienza in singolo, “narrata” nei suoi momenti introduttivi alle gare dalle voci degli speaker di un “ggiovane” podcast alternato ad una più seriosa “voce guida” doppiata, in lingua originale, da Troy Baker. D’altro canto, che DiRT 5 strizzasse l’occhio ad un’utenza particolarmente “verde” era evidente sin dal primo reveal che metteva sfacciatamente in mostra una “grafica” particolarmente colorata e aggressiva. Da questo punto di vista, i rimandi a Forza Horizon si sprecano. Allo stesso tempo, meglio evidenziare come le similitudini con il racing di Playground Games si fermino all’interfaccia e allo stile. DiRT 5 non è certo un open world, ma punta molto sulla varietà delle location. Cina, Stati Uniti, Norvegia, Marocco, Italia, Grecia, Brasile. E ancora, Sud Africa e Nepal. Un vero e proprio World Tour da affrontare anche via split screen con un amico a bordo di una delle tante auto suddivise in 16 classi legate, in un modo o in altro, alle gare su sterrato. La varietà, di base, non manca. In tal senso, viene in soccorso una inedita ma ancora acerba modalità dedicata alla creazione. In Playground, al momento, sono disponibili solo due location che, in forma di arena, possono essere utilizzate come “tela” dal giocatore per disegnare, via editor, dei semplici eventi dedicati alle acrobazie, alla gimkana e alla distruzione di elementi presenti sul “tracciato”. Divertente, ma ancor incompleto. La possibilità di condividere le proprie creazioni ci rende ottimisti sulle possibilità che questa modalità potrà offrire nelle fasi post lancio.

Lo sporco che ci piace

Insomma, lo avrete capito. DiRT 5 è un racing-arcade colorato e caciarone, come da tempo non ci capitava di provare. Almeno in un contesto Tripla A. I rimandi del gameplay, al netto di produzioni minori, sono indirizzate alla scena degli anni ’90. Sarà il contesto, saranno gli scenari. A noi, DiRT 5 ha ricordato da vicino, per feeling e sensazioni, l’indimenticato Sega Rally 2. E questo è ovviamente un merito, da contrapporre a tutto ciò che, invece, non ci ha pienamente convinto. Se il sistema di derapata funziona, ed è possibile anche “semplificare” la sculettata intervenendo nelle opzioni degli aiuti alla guida, non altrettanto si può dire sulle collisioni. Anni di innovazioni in tal senso ci hanno mal abituato al ricorso sistematico alla “sportellata” per affrontare una curva affrontata a velocità eccessiva. Allo stesso tempo, abbiamo trovato poco convincente la guida di alcuni mezzi più “estremi”, troppo propensi a salti nel vuoto, capottamenti e piroette. Ecco, in alcuni momenti, la fisica semplificata di DiRT 5 sembra scricchiolare. Casi sporadici, legati ad alcune discipline e ad alcuni tracciati, che non rompono, comunque, un impasto ludico convincente. Anzi, una volta preso il ritmo giusto, DiRT 5, grazie anche ad un buon track design, riesce realmente ad esaltare, ricordandoci quanto possa essere piacevole, per una volta, limitarsi a premere l’acceleratore e, molto meno, il freno, per passare in testa e tagliare il traguardo tra coriandoli e luci colorate. La direzione artistica intrapresa dal team di sviluppo, infatti, non poteva essere più chiara. L’Ego Engine fa largo uso di effetti, puntando ad una palette principalmente satura e calda. Buona la qualità delle texture e degli shader, buona anche l’illuminazione, per quanto limitata, in sede di test, dalle possibilità di una PS4 PRO ormai sul viale del tramonto. Inutile, a nostro giudizio, la presenza di due modalità di visualizzazione differenti. Giocato a 4K, DiRT 5 fatica, perdendo fotogrammi per strada e lasciandosi andare a pesanti fenomeni di tearing che non giustificano l’aumento di pixel. Meglio, molto meglio, puntare sulle prestazioni, per quanto, anche in questo caso, l’engine tenda ad inciampare nelle situazioni più concitate. E se la modellazione delle auto non stupisce per dettaglio raggiungendo risultati solo discreti, il racing Codemaster tira fuori il meglio di sé negli scenari. Imponenti, suggestivi, come detto colorati, pronti a sposare i bagliori del sole piuttosto che le luci delle stelle. Ovvio che, tra fango e ghiaccio, con una lunga serie di varianti, DiRT 5 suggerisce il gran lavoro svolto un motore grafico che, per essere apprezzato al meglio, avrà però bisogno dei nuovi hardware. Considerando l’upgrade gratuito promesso su PS5 e Xbox Series X/S, siamo davvero curiosi di ritornare sullo sterrato tra qualche settimana.

DiRT 5 ci è piaciuto. Codemaster ha coraggiosamente scelto di indirizzare questo quinto capitolo della saga sui binari dell’Arcade puro, ignorando le derive da simcade viste, e in parte apprezzate, nel precedente capitolo. Il risultato è un racing carismatico, più vicino alle “vecchie” esperienze da sala giochi di fine anni ’90 o, addirittura, ad alcune produzioni Indie che, ultimamente, affollano il mercato. Ecco, se il gameplay di DiRT 5 può sembrare quasi “artigianale”, i valori produttivi restano alti, degni di una serie che, complice anche il prossimo approdo su hardware next gen, è stata rilanciata in modo intelligente. Al quadro descritto, aggiungiamo un comparto audio particolarmente curato, specie nella colonna sonora su licenza, e un impianto multiplayer che, in attesa di essere testato a fondo nelle prossime settimane, si presenta persino originale, con tanto di variante “vampiresca”. In conclusione, non possiamo dire che sia un gioco al 100% convincente, ma DiRT 5 è sicuramente molto divertente.

Michele Iurlaro è iscritto all'albo dei giornalisti pubblicisti e dei praticanti professionisti. Scrive molto. Scrive troppo. Da troppo tempo