Oggi è la Festa del papà. Personalmente è un giorno molto importante, perché è la mia prima Festa del papà vissuta “dall’altro lato della barricata” e proprio mentre sto scrivendo ho una pupetta di manco undici mesi che si aggira intorno alla scrivania, si agita, gioca, strepita, mi distrae perché, sappiatelo se (ancora?) non siete nella mia condizione, quando diventi genitore ti spuntano gli occhi anche dietro la testa per stare attento affinché vada tutto bene e la creaturina non combini disastri per sé e per il resto del mondo.
“Walk tall, my son”
Prepararsi all’eventualità di diventare padre non è facile, non è scontato, non è neanche possibile, per certi versi: senza che tu ne abbia il tempo di rendertene conto, il mondo intorno a te cambia, in prospettiva, nel bene e nel male, nelle priorità. E credo accada comunque, che tu sia un bravo padre o meno, qualunque atteggiamento assumi o decidi di assumere.
Cosa c’entrano i videogiochi in tutto questo? C’entrano eccome, perché il ruolo genitoriale è stato uno dei primissimi elementi narrativi all’interno dei videogiochi, elemento narrativo che col passare del tempo è passato da “pretesto” a “cardine” in tanti casi. Pensateci.
Uno dei primi topoi dei videogiochi è il protagonista che si imbarca in un’avventura pericolosissima per salvare la propria amata: deriva dalla letteratura epica più antica ed è stato riproposto mille volte nei videogiochi, come pretesto di partenza, perché semplice e d’effetto.
Quando la narrazione nei videogiochi ha cominciato a fare qualche passo in avanti, tra le relazioni interpersonali più significative ed importanti è sempre apparsa quella del “padre”: a volte come protagonista, a volte come mentore… a volte in entrambi i ruoli.
E, a differenza di tanta letteratura in cui i genitori sono “scomodi” in quanto limitanti, nei videogiochi risultano invece utili motori delle vicende. Mentre mi chiedo a quali videogiochi renderanno le serate con mia figlia delle sfide avvincenti, fra qualche anno, mi sono anche perso a pensare quali siano le figure paterne più importanti nella storia dei videogiochi: ho (ri)scoperto e rivalutato tanti personaggi. Vogliamo vederli insieme e capire perché hanno lasciato il segno?
Di figure paterne che ti affidano uno scopo, e i mezzi per attuarlo, nei videogiochi ne abbiamo visti a bizzeffe: il Dr Light di Megaman potrebbe esserne l’avatar, a tutti gli effetti, rifacendosi, in sé e per sé, all’archetipo a noi ben noto del babbo-Geppetto.
Come abbiamo detto, alcuni papà, nei videogiochi, fungono da mentori, a volte anche ambigui nelle motivazioni non sempre cristalline. I giovani protagonisti, come è normale che sia, non riescono a capire i propri genitori, le loro ansie, i loro motivi. Di conflitti del genere ne abbiamo visti tanti, ad esempio quello tra il principe Noctis e Re Regis in Final Fantasy XV, uno degli spunti migliori e più riusciti all’interno dell’incompiuto (ma pur sempre ricchissimo) quindicesimo capitolo della saga Square.
Noctis non riesce a comprendere un padre apparentemente distante e così formale, non comprende i suoi doveri e non comprende quanto gli stessi doveri abbiamo pesato come un macigno sul padre, che ha sofferto per lui e per il suo futuro ogni giorno della sua esistenza. Certi sacrifici dei genitori, certi atteggiamenti, li comprendi solo molti anni dopo, del resto, quando sei adulto a tua volta.
Spesso le figure paterne non sono certo perfette, anzi, sono sono figure in divenire, che portano con sé una redenzione, se non disperata, molte volte insperata. Di figure del genere ne abbiamo viste diverse, negli ultimi anni, in giochi che hanno fatto della narrativa un elemento importante.
Che siano pg giocabili o meno, da questo punto di vista, conta relativamente poco, perché è il loro ruolo che conta.
Prendiamo ad esempio Rost in Horizon Zero Dawn, disposto ad essere un emarginato a vita pur di dare alla piccola Aloy la possibilità vivere a pieno la propria. Il sacrificio è parte integrante della “missione” di essere bravi padri? Probabile, a partire dalla piccole cose. Certo, c’è chi arriva a situazioni estreme per il bene dei propri figli, ma per fortuna Ethan Mars di Heavy Rain ed Harry Mason di Silent Hill sono solo esempi un po’ estremi, che bene però ricalcano la figura del padre disposto a tutto pur di salvare i propri figli. Compreso anche andare a prendere a sberle tutti i malviventi della città, come Mike Haggar, che nonostante sia il sindaco del posto, si rende conto che certe cose non le puoi delegare, sono compito tuo! E a volte bisogna sporcarsi le mani in prima persona. Final Fight è in realtà una sottile metafora del cambio dei pannolini?
Parlando di sacrificio, seconde possibilità e ribaltamento delle prospettive, gli esempi continuano ad arrivare copiosi: vogliamo parlare di come cambia la vita a Nathan Drake, con la prospettiva di una famiglia, in Uncharted 4? Eppure il “tesoro” più grande della sua vita lo scopre dopo innumerevoli avventure: è sua figlia.
Vogliamo parlare di Geralt di Rivia e del suo rapporto paterno -a volte scanzonato ma indissolubile- con Ciri, nella saga di The Witcher?
Kazuma Kiryu would agree… every dad can be a dragon. #HappyFathersDay pic.twitter.com/JKpJtP5Zm5
— RGG Studio (@RGGStudio) June 17, 2018
Oppure parliamo della “redenzione” e dell’amore paterno ritrovato da parte di Kiryu Kazuma di Yakuza? Di come Joel in The Last of Us e Kratos in God of War riscoprano il loro lato paterno e riescano laddove, la prima volta, sentivano di aver fallito? A volte il cuore si indurisce, ma certi affetti sono in grado di avere la forza della “goccia che scava la roccia” e sappiamo bene come cambia, si rafforza e diventa indissolubile un legame del genere, in questi due titoli.
Non dimentichiamo, inoltre, i numerosissimi padri-maestri presenti nei picchiaduro: padri che insegnano le arti marziali, metafora stessa della vita, ma fungono al contempo da figure di riferimento e anche da contraltare. Gouken, Guile, Dhalsim, il padre di Chun Li, ad esempio, ma anche Takuma Sakazaki e Saisyu Kusanagi, spaziando da Capcom ad SNK: e proprio da SNK arrivano esempi molto significativi. Heidern, spietato militare tutto d’un pezzo che adotta una piccola Leona, o ancora le due ingombranti e in qualche modo “scomode” figure di Terry Bogard e Geese Howard per Rock Howard. Terry che adotta il figlio del suo più grande nemico, colui che a sua volta uccise suo padre, è forse uno dei momenti più toccanti della narrativa mai vista in un gioco di combattimento.
Tutto l’opposto, oseremmo dire, della faida familiare dei Mishima: oramai abbiamo perso il conto delle volte che Heihachi, Kazuya, Jin e Jimpachi si sono lanciati a vicenda all’interno di dirupi, vulcani e simili!
Chiudiamo con un padre “esemplare”, tipico esempio di uomini di malaffare che amano alla follia i loro figli: Bowser! Scherzi a parte: sì, è il “cattivo” di tanti giochi ma hey, ha ben otto figli, che di sicuro non trascura, anzi! Li ha evidentemente educati e sospinti, ognuno nelle proprie inclinazioni. Amore di un papà!