Il mercato degli sparatutto competitivi ha subito una scossa positiva a partire dal 2 giugno, data della data di uscita della beta di VALORANT. Lo shooter tattico è infatti riuscito ad amalgamare elementi già visti in titoli passati, ottenendo però un risultato finale mai visto prima. Con un potenziale da Esports così prominente, la domanda scappa subito: come si comporterà il titolo di Riot Games nel nostro Paese?
Per rispondere al quesito, noi di GamesVillage.it abbiamo intervistato Carlo Barone, Brand Manager della celebre azienda qui in Italia, in cui parleremo dell’attuale situazione Esports dell’FPS e della sua probabile evoluzione all’interno dello stivale.
Ciao Carlo! Come ogni intervista che si rispetti, iniziamo con una piccola introduzione su di te.
Salve a tutti! Il mio nome è Carlo Barone e lavoro all’interno della game industry da più di 25 anni. Oggi sono il Brand Manager di Riot Games per l’Italia. Specifico il nostro Paese poiché fino a pochi anni fa questa posizione non esisteva dato che venivamo considerati in secondo piano. Fortunatamente, ad oggi le cose sono cambiate e, anzi, sono qui proprio per dimostrare le potenzialità che la nazione è in grado di offrire!
Data la grande crescita dell’Italia nell’ambito degli Esports, come credi che il futuro di VALORANT possa evolversi nel nostro Paese?
Innanzitutto, c’è bisogno di dire una cosa molto importante: l’Italia è formata prevalentemente da giocatori console. VALORANT, d’altro canto, è al momento un prodotto solo PC (dico al “momento” perché non sappiamo cosa ci aspetta in futuro) per cui questo è un fattore limitante. Tuttavia, il responso che abbiamo avuto dalla community ci fa capire che questo “limite” sia poco impattante. Proprio per questo abbiamo molte iniziative mirate a spingere la parte competitiva in Italia.
Faccio una piccola precisazione che però per noi di Riot Games è importante: consideriamo come Esports solo quegli eventi di stampo professionale, mentre tutto ciò che è al di sotto è gioco organizzato. Ho fatto questa parentesi poiché nel caso dello sport elettronico abbiamo un quartier generale apposito, mentre per l’rganized play se ne occupano le realtà locali.
Per cui noi in Italia siamo una realtà di Tier 2 o 3?
Se si parla di numeri nudi e crudi, sì. Chiaramente bisogna considerare anche la risposta futura del pubblico e i talenti che emergeranno grazie ai nostri eventi futuri. Fortunatamente, abbiamo notato una crescita di interesse da parte del pubblico per VALORANT, che ci fa ovviamente molto piacere.
VALORANT è stato rilasciato quasi un anno fa, ma ancora non abbiamo avuto un torneo di rilevanza internazionale (es. Mondiali). Possiamo aspettarci una competizione del genere in futuro?
Al momento il VALORANT Challenger Tour (VCT) rappresenta il primo pezzo dell’ecosistema dell’Esports del nostro shooter. La differenza con League of Legends è presente dato che lo sparatutto è ancora giovane. Dal VCT, le squadre migliori per ogni regione si sono poi sfidate nei VALORANT Masters. Le vincitrici delle rispettive aree geografiche si sono poi sfidate a loro volta, come i Worlds di LoL. Ovviamente, la differenza l’ha fatta la prima fase del torneo, ove la registrazione era aperta a tutti i team che rispettavano i requisiti.
League of Legends si è dimostrato un successo in Italia così come in tutto il globo. Pensi che VALORANT possa seguire la sua stessa strada?
Far arrivare VALORANT agli stessi livelli di League of Legends è una bella scommessa, che però Riot Games è intenzionata a fare. Ce la stiamo mettendo tutta e infatti lo shooter è una delle nostre priorità. Inoltre, parliamo anche della nostra prima IP fuori dal mondo di Runeterra, per cui dobbiamo creare un nuovo universo che possa essere amato da tutti.
Cosa credi che manchi al nostro Paese in ambito Esports per arrivare allo stesso livello degli altri?
La primissima cosa che ci manca, parlando di titoli Riot Games, è che siamo sempre stati molto disorganizzati con eventi molto slegati. Insomma, è sempre mancato un ecosistema competitivo a livello professionale. Lo scorso anno ci sono stati diversi tornei, come la Radiant Cup, che però erano tutti fini a sé stessi. Quello che manca è una struttura che consenta ai giocatori di crescere e farsi notare, venendo così riconosciuti i loro sforzi.
Nel prossimo futuro di Riot Games qui in Italia, cosa possiamo aspettarci?
Abbiamo da poco annunciato il Circuito Tormenta, che rappresenta la risposta alla problematica evidenziata alla domanda precedente. Sicuramente non è qualcosa di innovativo, ma la nostra volontà è quella di unificare l’aspetto competitivo sotto un unico cappello.
Inoltre stiamo lavorando con Agent’s Range per portare in Italia una lega semi professionale che inizierà nel periodo estivo fino al termine del 2021. Questa opportunità è mirata alle organizzazioni già strutturate e i giocatori che vogliono entrare nel mondo dei professionisti.
Il Tormenta è per coloro che vogliono addrentrarsi all’interno dello sport elettronico e cimentarsi in maniera amatoriale, tuttavia ciò non toglie che hanno già obiettivi specifici in merito.
Grazie Carlo per aver risposto alle nostre domande. Prima di concludere, questo è il tuo spazio per fornirci ulteriori informazioni!
Spero vivamente che tutto ciò che stiamo facendo possa aiutare non solo la crescita dei nostri videogiochi, ma anche dell’Esports e del mercato competitivo in Italia. Magari un giorno potremmo ritrovarci a tifare per la nostra nazione all’interno dei grandi eventi internazionali.