World’s End Club Recensione: un videogioco da leggere

Nel redigere questa recensione di World’s End Club, ho dovuto confrontarmi con la definizione di “story driven”; e, addirittura, di videogioco stesso. Il mondo dei videogiochi è variegato e mutevole, ogni anno arricchito da nuovi generi, situazioni e soluzioni. Di giochi prettamente narrativi ne esistono dunque molteplici fin dalle origini del media, e alcuni ne hanno fatto addirittura la storia. World’s End Club, temo, non è fra questi. Principalmente perché tra “story driven”, e “story e basta” ne devono passare di parole sotto ai ponti. Fino a che punto un videogioco può non essere “ludico”? Avere, cioè, l’intenzione principale di raccontare una storia, piuttosto che di farcela giocare, specialmente se, poi, vuole farsi chiamare, come World’s End Club, Action Adventure?

World’s End Club Recensione

World’s End Club: da Mobile (Apple Arcade) a Switch…

World’s End Club nasce sulla giovane piattaforma Apple Arcade: il servizio di abbonamento simil-game pass che sfrutta la potenza dei dispositivi dotati dell’OS a forma di mela. Il trio di director dietro l’idea che ha condotto a World’s End Club, Kazutaka Kodaka, Kotaro Uchikoshi e Takumi Nakazawa, ha una lunga storia di prodotti nipponici fortemente story driven. Non sorprende, quindi, che le aspettative sul titolo nella terra del Sol Levante furono elevate fin da subito; al punto che il titolo approdò su mobile con relativo clamore. Certo, fermo restando che il genere, la piattaforma e le modalità di fruizione ne limitarono parzialmente la risonanza mediatica. 

Probabilmente, fu un bene: su mobile World’s End Club ha un sapore straniante, sì, ma che ben si sposa con l’altrettanto particolare abbonamento Apple. Un pass che rende, finalmente, anche agli occhi più critici e tradizionalisti, i mobile gamer gamer a tutti gli effetti; con a disposizione un mondo di giochi sempre più vasto, fruibile anche con controller Sony collegati ad Ipad, Iphone e Mac. World’s End Club, in particolare, sotto questo punto di vista fu da subito una creatura “strana”. Per giocarlo al meglio anche su dispositivi Apple, un controller era obbligatorio, dato che le fasi di gioco platform 2D mal dialogavano con i controlli touch, molto imprecisi. Ma, a dirla tutta, il ritmo delle suddette fasi 2D, la distribuzione diluita nel gioco, tutto sembrava pensato proprio per una fruizione più “casual”; appunto, mobile. E non in senso dispregiativo.

… è tutta un’altra storia

Ma ora, World’s End Club approda su console, su Nintendo Switch per la precisione. E’ evidente che la scelta sia ricaduta su una console che, per molti, rappresenta l’anello mancante fra mobile e fisso; e anche, tra casual e hardcore. L’atterraggio è però alquanto burrascoso. Il gioco, a parte una fase finale aggiuntiva, che fin da subito i creator avevano annunciato sarebbe giunta solo su Nintendo Switch, è trasposto 1:1 sull’ibrida Nintendo. Il che significa che il ritmo di gioco, la sua struttura, e la succitata distribuzione delle fasi “gameplay” e narrative sono rimaste identiche. 

Per la mia esperienza personale, che credo sia la medesima di molti altri, posso affermare con fermezza che esistano giochi più adatti di altri a determinate piattaforme. Non per via della potenza delle macchine, ma per le caratteristiche hardware uniche, che corrispondono a precise modalità di fruizione ludica. Nessuna console più di Nintendo Switch rappresenta meglio questo concetto, data la particolarità ben note della console. Ciononostante, c’è un ulteriore dato da tenere in considerazione. Non possiamo negare infatti che, nel nostro periodo storico, persino la modalità di acquisto di un titolo diventi parte dell’esperienza ludica. Specialmente se parliamo di “esclusiva in abbonamento” o di “acquisto singolo” di un videogioco. 

Nel primo caso, al costo fisso di una subscription il fruitore si aggiudica un parco titoli più ampio, ed è spronato a testarli tutti. Nel secondo, la scelta diventa puntuale, ragionata; e il videogiocatore sceglie deliberatamente un titolo che risponda a caratteristiche di suo gusto. Può sembrare un discorso circonvoluto, e persino poco pertinente, Ma World’s End Club è, a mio avviso, un buon titolo “da abbonamento”. Meno interessante, invece, se isolato e lasciato in balia di sè stesso.

World’s End Club: a proposito di storia, chi è il target?

Il motivo è presto detto: World’s End Club non vuole avere, o forse non riesce ad avere, un target preciso a cui affidarsi. Partendo dalla storia narrata, il titolo si appella ad amanti di anime e manga, con un registro che però oscilla continuamente tra il serio e il caricaturale; tra lo shonen (manga per giovani e giovanissimi) e il seinen (manga per adulti). E’ il 1995; dodici studenti delle elementari (di dodici anni per la precisione) sono vittime di un incidente quando un meteorite si schianta su Tokyo. Si risvegliano in un parco acquatico sommerso e in rovina, costretti a partecipare a un “gioco della morte” da un misterioso personaggio. Superato il game, si accorgono di essere stati scaraventati a grandissima distanza da Tokyo, la loro città natale. E decidono dunque di tornarvi, per scoprire cosa stia succedendo loro. 

A prima occhiata, gli elementari dialoghi, l’art direction generale e la semplicità estrema delle meccaniche restituiscono l’impressione che il target sia un pubblico di giovanissimi. Quasi come se World’s End Club fosse un entry level nipponico nel mondo dei videogiochi di stampo narrativo. Poi, però, la profondità delle tematiche narrate, alcuni intermezzi narrativi, e l’approfondimento complesso della psicologia dei personaggi, allontanano l’idea che il target possa essere così giovane. O, per lo meno, che un target tanto giovane al di fuori del Giappone possa apprezzare degnamente alcune sfumature del gioco. Però, stento a credere, nonostante l’indubbio approccio più maturo ad alcuni concetti tipico del Giappone, che anche avendo in mente utenti giovanissimi giapponesi il gioco possa essere stato progettato pensando unicamente a loro. E’ chiaro, invece, che World’s End Club tenti un approccio -a strati-; per fare leva su diverse categoria di giocatori che apprezzino di volta in volta uno degli strati del titolo.

Tuttavia, non basta avere una stratificazione varia per produrre un gioco che faccia collaborare tutti gli strati efficacemente. In questo, in realtà, narrativamente parlando World’s End Club è altalenante. Principalmente perché anche se la trama è longeva il giusto e misteriosa quanto basta per non risultare frustrante, solo chi è avvezzo ad alcune forzature  e stereotipi tipici di anime e manga, probabilmente, riuscirà a passar sopra determinate leggerezze e scelte. Sarà necessaria, quindi, una discreta capacità di sospensione dell’incredulità. Ciononostante, è indubbio che la forza principale di World’s End Club risieda proprio nella narrazione; tanto che più volte ho pensato, “giocando”, che avrei preferito di gran lunga godermi la storia attraverso un prodotto di intrattenimento differente; proprio un manga, o un anime. 

Gameplay non pervenuto (o quasi)

Il Gameplay di World’s End CLub, infatti, è praticamente non pervenuto. Peggio: nei momenti di narrazione, i più numerosi, lunghi e caratterizzanti della produzione, si aspetta con ansia il momento di sporcarsi, finalmente le mani. Salvo poi pentirsi di quel desiderio, e pensare, mentre si “gioca”, che non si vede l’ora di tornare ad ascoltare il buon doppiaggio giapponese con cui sono ulteriormente caratterizzati i vari personaggi. Avete notato? Ho volutamente messo tra virgolette la parola “giocare” nel corso di tutta la recensione fino a questo momento. E non si tratta, come potrebbero pensare alcuni, di un pregiudizio nei confronti dei titoli meno ludici, e più narrativi. Tutto sta, infatti, nel modo con cui un gioco viene commercializzato; e World’s End Club è definito un Action Adventure; alcuni direbbero Platform a enigmi in 2D. 

Innegabilmente le fasi di gameplay in World’s End Club sono a scorrimento, in 2D (2.5D a essere precisi, con fondali ben realizzati e dettagliati). E, ancora senza dubbio, il gioco ha elementi Action, e racconta la storia di un’avventura. Mi spiace, però non basta. Purtroppo, queste fasi di gameplay sono totalmente insipide, lente, anzi, allentate da un ritmo non cadenzato e non calzante con quello della narrazione. Lo stacco tra fasi di racconto e fasi di “gioco” è così netto da essere alienante. Non è sufficiente dotare ogni personaggio di un potere unico, e pensare a livelli in cui si fruisce, uno alla volta, del potere del giorno. Nemmeno le saltuarie Boss Fight salvano World’s End Club. Infine, i puzzle da risolvere non sono assolutamente degni di essere definiti tali; limitandosi ad essere semplice “muoviti da A a C per passare attraverso B” nella quasi totalità dei casi. Dunque, il gameplay non riesce a sorreggere il peso di una narrazione e un’art direction ben più ragionata, strutturata e ben realizzata. 

World’s End Club Recensione

In conclusione: un manga/anime per ragazzi, ma non solo, (un po’) interattivo

Ho voluto ragionare attentamente prima di attribuire un voto conclusivo in questa recensione di World’s End Club. Non posso negare di essere stato rapito quanto basta dallo sviluppo della trama. Così come non posso nascondere di aver letteralmente odiato ogni fase ludica proposta dal gioco. Sarebbe quasi stato meglio produrre il titolo sotto forma di Novel, e relegare all’interattività il compito di scegliere i bivi narrativi; guidando il Club dei temerari composto dai giovani ragazzi protagonisti nei 1200 Km che li separano da Tokyo. Le numerose location che corrispondono ad altrettante variazioni della trama, infatti, sarebbero state più che sufficienti a garantire al titolo una fruizione più compassata; meno diluita, se privata delle inutili appendici ludiche che, invece, ne allentano le maglie fino a quasi strappare la coerenza narrativa.

PIATTAFORME: APPLE ARCADE / NINTENDO SWITCH
SVILUPPATORE: Too Kyo Games, Grounding Inc
PUBLISHER: Nippon Ichi Software, IzanagiGames

Sotto forma di Novel, magari con un impegno profuso ancora superiore in alcuni sviluppi, il gioco sarebbe stato decisamente più godibile. Invece, come ho già detto, World’s End Club è commercializzato come un Action Adventure. E, come tale, solo se supportato dalla storia raccontata può raggiungere la sufficienza. Peccato. Come suolsi dire: “L’abito non fa il monaco”, chiaramente. Ma non si va in ciabatte e costume da bagno a fare una scalata.

VOTO: 6

Vive in simbiosi con la sua Switch, segnato da un'infanzia vissuta solo sulle console Nintendo portatili. Persino la sua prima console Sony è stata la portatile PSP, il che è tutto dire. Monta video da quando erano ancora di moda gli AMV su Dragon Ball, e si usava Movie Maker pensando di essere i nuovi Spielberg. Malato di giochi competitivi ed E-sport, ma anche dal lato opposto dello spettro di GDR e Story Driven, pochi titoli si salvano dalle sue spire, e solo perchè ogni tanto deve anche nutrirsi e dormire. Ha scritto questo testo, ma di solito non parla di sè in terza persona. Così, per dire.