Saziatemi, con Xbox Game Pass. Riempitemi lo stomaco, e pure il cuore, con qualità e quantità. Datemi esclusive Microsoft e pure titoli multipiattaforma, roba che lì paghi a prezzo pieno e qui, invece, proprio no. Coccolatemi, con Game Pass, educandomi ad un modello di industria che pensavo impossibile, troppo bello, insostenibile. Mi avete convinto, con Game Pass. E no, oggi non potrei più farne a meno. E allora, in Game Pass mettetemi tutto, ma, per favore, non mettetemi Playstation. Quella no, lasciatela com’è. Lasciatela dov’è.
Per fortuna che c’è l’Xbox Game Pass, ecco. E criticare il servizio, oggi come oggi, a pochi giorni dalla conferenza Microsoft e Bethesda marchiata E3, vorrebbe dire essere in malafede. Eppure, per fortuna che c’è Sony. Mai così poco rumorosa, mai così poco arrogante. Mai così necessaria per il gaming di un 40enne tipo. Uno banale, moglie, figlia, famiglia, lavoro alienante. Uno che, tutto sommato, solo 10 anni fa, avrebbe tranquillamente vissuto di solo Game Pass. Se solo Game Pass fosse mai esistito.
Xbox Game Pass: il prezzo da pagare
Negli anni, con gli anni, ci siamo abituati ad una sorta di prezzo standard per i videogiochi. Una cartuccia per Megadrive costava 130, anche 140 mila lire. Per Street Fighter II ne sborsai addirittura 180mila. Maledetta Standa!
Con Playstation, prima dell’arrivo della linea Platinum, il prezzo oscillava intorno alle 100, 110 mila lire. Con l’arrivo dell’euro e con le generazioni successive, il costo di un titolo si è assestato intorno ai 70 euro. Una sorta di “tetto” che è stato scalfito e in parte abbattuto dal mercato indie, dal digitale e dalle offerte da store, ma che, ancora oggi, rappresenta il “minimum” per un Tripla A al Day One.
Ecco, Game Pass, nel giro di un paio di anni, ha reso una prassi accettata da tutto il mercato in una obsoleta convenzione. La sensazione ce l’avevamo tutti da tempo, ma la certezza è arrivata proprio nel corso della conferenza E3. La maggior parte dei titoli mostrati, per altro con una data di lancio o “finestra” ben precisa, sarà nel Game Pass sin dal primo giorno. Basta l’abbonamento. Basta una console Xbox o, in molti casi, semplicemente uno smartphone connesso al servizio di streaming. Un’offerta impareggiabile. Letteralmente. Non comprenderne il peso nelle dinamiche del mercato vuol dire vivere in un altro mondo, vuol dire essere scollati dalla realtà. Appunto, vuol dire malafede. Game Pass è un affare. Per tutti.
E allora, lo ripeto. Nel Game Pass mettetemi tutto, ma, per favore, non mettetemi Playstation. Perché per me, nonostante Game Pass, videogiocare è “anche” Playstation 5. Videogiocare, per me, sono “anche” le esclusive Sony. Quelle che richiedono un esborso mai così importante, si parla di 80 euro. Quelle che, tutto sommato, ci ricordano l’importanza dell’acquisto e del videogioco stesso. Inteso non per forza come forma d’arte – quella è un’altra storia e no, non è una storia esclusiva – ma come sacrificio, pianificazione personale, gratificazione consumistica, appagamento da acquirente e da appassionato. Videogiocare su Playstation 5, anche su PS5, vuol dire, oggi, rivendicare lo status di videogiocatore classico, quasi romantico. Un utente senza macchia, né paura, pronto a mettere i soldini da parte in attesa del giorno speciale, del gioco speciale.
Davvero, ve ne prego. Nel Game Pass infilateci tutto, ma, per favore, non Playstation. Piuttosto, e chissà non possa essere in qualche modo profetico, lasciate che Game Pass sbarchi su altri e oggi improbabili lidi. Lasciamo che a scegliere, ovunque e comunque, sia sempre l’utente. Quel videogiocatore un po’ adulto e un po’ bambino che non vuole rinunciare a nulla. Non a Game Pass. E neppure a Playstation. Qualunque sia il prezzo da pagare.