Star Wars Visions Recensione: i milleuno racconti di George Lucas

Quello di Star Wars è un franchise a dir poco colossale: film, spin-off, serie TV, romanzi, videogiochi e merchandise, un impero economico costruito da Lucas Films negli anni e coltivato nell’ultimo decennio da Disney. Ogni anno, i fan di Guerre Stellari godono di diverse novità e quest’anno è arrivato un progetto ambizioso intitolato Star Wars Visions, un’antologia completamente slegata dagli eventi principali della saga, dove diversi studi d’animazione giapponese hanno realizzato ben nove episodi in cui narrano le vicende che portano gli Jedi e i Sith scontrarsi. Un esperimento, se così vogliamo definirlo, che potrebbe portare alla luce diversi progetti interessanti ma che per il momento rimane puramente auto conclusivo.

Star Wars Visions inoltre è un altro esempio di come le grandi aziende stiano investendo sempre di più sulla “cross-medialità” dei propri marchi, e gli anime sono tra i prodotti più popolari in ambito televisivo/streaming. Solo qualche mese fa, Netflix pubblicava le serie animate di Dota 2 e Monster Hunter, che seppur qualitativamente insoddisfacenti, mostrano come l’industria dell’animazione giapponese rappresenti per alcuni una gallina dalle uova d’oro. Ma tornando a Visions, abbiamo visto tutti gli episodi dell’antologia realizzata da Disney, Lucas Films e la collaborazione di alcuni studi giapponesi, tra cui TRIGGER o I.G Production, e come sempre ve ne vogliamo parlare in questa recensione.

Star Wars Visions

Star Wars Visions e l’interpretazione in salsa anime dell’universo creato da George Lucas

Star Wars Visions nasce dalla collaborazione di sette team d’animazione giapponese, i quali hanno messo a disposizione il loro talento e la loro prospettiva per la realizzazione di un’antologia composta da ben nove cortometraggi animati. Al suo interno non troviamo solamente i temi portanti su cui si regge l’universo costruito da George Lucas e Lucas Films, bensì vi sono storie raccontate con diverse metodologie di narrazione ed animazione, creando artisticamente qualcosa di ambizioso e che per certi versi può ricordarci l’apprezzabilissimo Love, Death & Robots di Netflix per quanto concerne lo sviluppo. Si tratta di un progetto completamente slegato dagli eventi che hanno scandito film e serie TV, ma che ha il potenziale di tracciare la strada per nuovi futuri racconti sicuramente già in elaborazione nelle fucine disneyane. Questo perché la libertà creativa è preponderante in quel di Star Wars Visions, dato che gli studi coinvolti hanno proposto una loro visione dell’universo di Guerre Stellari, senza ovviamente trascurare quelli che sono i principali canoni che definiscono i cavalieri Jedi e i Sith.

Vi è un grande contributo da parte del cinema giapponese nella realizzazione dei nove cortometraggi, a tal punto da respirare quei vibes trasmessi dalle opere di Akira Kurosawa, le quali si riflettono egregiamente nel primo episodio di questa antologia intitolato “The Duel“, un racconto in pieno stile samurai dove la regia ci ha regalato inquadrature e un combattimento a dir poco impressionante. Altro aspetto che non possiamo trascurare è come vengono interpretate le battaglie tra cavalieri Jedi e Sith: queste avvengono nella maggior parte dei casi come un puro duello tra samurai, ma in altre situazioni sono una vera e propria esaltazione artistica, dove l’elevata spettacolarità dello scontro origina delle idee particolari per quelle galassie lontane lontane. In “The Twins“, il cortometraggio realizzato dallo studio TRIGGER (Promare, Darling in the Franxx, Kill la Kill), la foga dello scontro tra i due gemelli Sith genera delle animazioni sublimi, dove la fluidità dell’immagine e gli effetti visivi, insieme a quella palette di colori così delicata danno vita al miglior episodio di tutta la serie.

Star Wars Visions

I combattimenti in quel di Visions sono la portata principale dell’antologia, ma anche la narrazione in alcuni casi riesce persino a colpire. In alcuni casi, nonostante l’esigua durata di ciascun episodio (una media di quindici minuti l’uno), alcune storie vengono concluse dignitosamente, riuscendo in poco tempo a confezionarci un racconto godibile in cui viene sempre lasciata una porta aperta per possibili approfondimenti futuri. L’utilizzo della Forza è una costante che guida più o meno tutti gli episodi, trovando diverse applicazioni in ambito narrativo anche originali, con interpretazioni piuttosto libere ma che non accennano a mancare di rispetto all’universo artistico di riferimento. Nonostante si tratti di un lavoro compiuto da più (e diverse) mani, i personaggi che compariranno nell’opera risultano decisamente sfaccettati, sebbene saranno pochi i protagonisti capaci di farsi apprezzare realmente. Come avevamo accennato poco fa, la serie si avvale di storie originali, dove l’azione è preponderante, ma non sempre il plot vira in quella direzione. Come accade nel terzo cortometraggio curato dallo studio Colorido (Penguin Highway, Burn the Witch), abbiamo anche con delle storie che si discostano dall’eterno conflitto tra bene e male, riuscendo a trasmettere invece quel world building che tanto ci affascina. Visions infatti propone un mix di elementi che sfamano quel costrutto narrativo il quale ci permette di osservare come vivono tutti gli esseri viventi nei racconti di Guerre Stellari, tra conflitti e culture, mirando a farci scrutare quegli aspetti che risiedono al di fuori della Forza.

Una qualità non sempre costante

Nonostante la libertà creativa è uno dei punti di forza di Star Wars Visions, la qualità della nuova serie disponibile su Disney+ soffre degli sbalzi che non ci permettono di apprezzarla nella sua interezza. Sebbene l’inizio di stagione risulti scoppiettante, con tre episodi capaci di entusiasmarci per diversi fattori, con l’avanzare e i cambi di studi d’animazione, tale qualità soffrirà diversi cali. Dalle animazioni e disegni, fino alle storie e i personaggi, in alcuni frangenti vi è decisamente una netta differenza qualitativa che ci spingono a preferire alcune storie ad altre. Che sia lo stile d’animazione adottato o il racconto in sé, non tutti i lavori compiuti dai vari studi  riescono a convincerci pienamente, mostrando così un altro lato della medaglia di questo progetto artisticamente così ambizioso. La qualità non è sempre costante ma ciò che possiamo più apprezzare della serie è proprio la varietà visiva: vi sono nette differenze grafiche tra i vari cortometraggi, così come le doti tecniche impiegate nella realizzazione di ciascun episodio, offrendo così un prodotto che di episodio in episodio riesce a rinnovarsi fino alla fine.

Alcuni cortometraggi sono visivamente meravigliosi, come “The Duel”, “The Twins” e “The Ninth Jedi”, altri invece risultano decisamente particolari ed ispirati come “T0-B1” di Science Saru, che non solo richiama un classico come Astro Boy di Osamu Tezuka, ma ci permette di esplorare un “what if” con un droide (interpretato da Masako Nozawa, voce storica di Goku in Dragon Ball) aspirante cavaliere Jedi decisamente ben confezionato. I combattimenti sono eleganti, le tecniche eseguite con la spada laser in termini d’animazione risultano convincenti, in diverse occasioni abbiamo dei veri e propri omaggi ai samurai mentre altri scontri risultano decisamente più rozzi, ma non per questo meno belli da vedere. Infatti alcune delle battaglie che susseguiranno durante la serie non solo si distinguono per varietà di stile, ma anche per come sono state tecnicamente realizzate, tra animazioni di ottima qualità, regia, musiche e doppiaggio. Il character design in diversi episodi riesce a convincere, grazie anche a dei costumi talvolta diversificati ed altri invece in linea con le classiche rappresentazioni di Star Wars. Ogni studio ha liberamente interpretato questa eterna lotta tra Jedi e Sith, regalandoci persino qualche protagonista anti-eroe che non incarna il consueto paladino della giustizia. Anche le stesse spade laser vivono diverse mutazioni nel corso della serie, da semplici katane ad armi capaci persino di allungarsi, con emanazioni della Forza sempre differenti. La varietà delle leggendarie spade impugnate da Jedi e Sith è davvero curiosa in quel di Visions, a tal punto da vedere spesso stili di combattimento anche differenti tra loro.

Tuttavia, Star Wars Visions ha una qualità non sempre costante. Che si tratti di storie, animazioni, disegni o anche i semplici combattimenti, la serie come previsto soffre di diverse lacune qualitative. Questo perché le differenze tra i team che hanno realizzato ciascuno dei cortometraggi non si limitano soltanto al talento artistico, creando così una discrepanza che come accennato all’inizio, ci impedisce di apprezzare questa antologia nella sua interezza. In alcune parti dello show si avverte inoltre una mancanza di coraggio nell’approfondimento di alcuni concetti o nel voler osare qualcosa di più per arricchire la narrazione, come se esistesse un confine da non superare assolutamente. Soprattutto in “Akakiri”, il nono ed ultimo cortometraggio, notiamo come l’ispirazione vada pian piano a calare, proponendoci un episodio non solo inconcludente, ma anche artisticamente poco coraggioso nonostante un curioso stile d’animazione. Ed è decisamente un peccato, poiché progetti del genere per questi brand così importanti non se ne vedono spesso in giro, ed il potenziale di Visions è decisamente alto, soprattutto nel momento in cui vengono coinvolti dei team ed artisti rinomati.

Star Wars Visions è un progetto dal grande potenziale, e lo dimostrano alcuni degli episodi che compongono questa antologia dal sapore anime. La serie ci permette infatti di vivere Guerre Stellari da una nuova prospettiva, con storie originali atte non solo a rimarcare l’eterno conflitto tra bene e male, ma direzionate ad approfondire un corpulento world building spesso e volentieri trascurato. Le ispirazioni artistiche, così come il talento di alcuni dei più rinomati studi d’animazione giapponese hanno dato vita ad un prodotto fresco e decisamente originale, ma che qualitativamente (e per forza di cose) non è costante, risultando infine un esperimento riuscito ma non proprio perfetto. Sconsigliamo la visione tutta d’un fiato, anche perché la durata di ciascun cortometraggio potrebbe spingervi a consumare lo show nel giro dell’ora e mezza. E questo punto ci auguriamo che la serie venga rinnovata per una seconda stagione, possibilmente coinvolgendo anche altri celeberrimi studi d’animazione giapponesi.

Matteo è un grande appassionato di videogiochi, manga ed anime. Come videogiocatore nasce sul Nintendo 64, Il suo primo videogioco? Super Mario 64. Col passare del tempo si è unito alla famiglia delle console di casa Sony e adora in particolare i videogiochi di produzione giapponese, ma grazie anche al suo spirito di cacciatore di trofei, prova interesse in ogni sfaccettatura del videogioco.