Che la seconda parte della Final Season de L’Attacco dei Giganti fosse a tutti gli effetti l’evento del 2022 nell’ambito degli anime era qualcosa di risaputo, e tutti i fan dell’opera di Isayama, dai manga-reader più accaniti ai più casual anime-only, sapevano che l’opera curata dallo studio d’animazione MAPPA sarebbe necessariamente salita di colpi a livello d’azione, dopo un primo cour fatto soprattutto di introspezione, approfondimento dei personaggi, flashback e traumi. Le aspettative non sono state deluse, e nei precedenti episodi abbiamo prima assistito all’attesissima nuova sfida tra Eren e Reiner per poi passare a una battaglia senza quartiere dove gli schieramenti si vanno man mano confondendo e dove ognuno ha iniziato a perseguire il proprio personalissimo senso di giustizia, il proprio interesse, in una parola, il proprio cuore.
Chi si aspettava, tuttavia, che giunti soltanto al terzo episodio di questa “parte due”, MAPPA sarebbe già riuscita a confezionare un qualcosa che ha rasentato, molto da vicino, il concetto di perfezione? Perché il diciannovesimo episodio della quarta stagione de L’Attacco dei Giganti si merita apertamente la definizione di capolavoro, in ogni singolo aspetto della sua realizzazione: dall’animazione ai disegni, dal colore al sonoro, dal ritmo alla trama, non c’è nulla in questo episodio che stoni o sia fuori posto. Un episodio in grado di lasciare attoniti e senza parole, rendendo difficile qualsiasi disamina, qualsiasi teoria o speculazione. Non perché non ci siano elementi di cui parlare (tutt’altro), quanto perché non si può che rimanere incantati di fronte alla perfezione di ciò che abbiamo potuto ammirare in scena. Attenzione! La recensione contiene spoiler!
L’Attacco dei Giganti: Fratelli
Bisogna ammettere che, quasi come se fosse una regola generale, le famiglie negli anime non sono mai troppo fortunate, e L’Attacco dei Giganti non fa certo eccezione a questa norma non scritta. Fin dall’inizio i protagonisti dell’opera sono stati tutt’altro che fortunati nei loro rapporti familiari, perdendo (spesso in modo drammatico) tutti coloro che amavano. Questo episodio però, grazie anche a un titolo volutamente programmatico, si sofferma su uno dei rapporti familiari più intensi e ambivalenti che si siano visti finora nella serie: quello dei fratelli.
Nella prima metà dell’episodio, che ha un ritmo convulso e dinamico, trovano spazio ben tre coppie di fratelli. La prima, e la più ovvia, è quella composta da Eren e Zeke. I due stanno cercando di entrare in contatto, di dare il via a qualcosa di terribile e devastante, a un piano perverso che si permette di utilizzare qualsiasi mezzo per poter ottenere il risultato sperato. Il liquido spinale di Zeke, mescolato nel vino bevuto dagli eldiani per mesi, ha trasformato Shiganshina in una bomba a orologeria che attende soltanto il grido del Gigante Bestia per esplodere. Mentre Zeke sta per soccombere, inchiodato a terra dal cannone anti-Giganti di Pieck, ed Eren è incapace di proseguire, messo all’angolo da Reiner e da un Galliard allo stremo delle forze, quella del grido sembra l’ultima, l’unica soluzione possibile.
Ma proprio mentre il Gigante Bestia gonfia d’aria i polmoni accadono due cose, entrambe di una bellezza impressionante. La prima viene da Eren. Lo stesso Eren che ha cercato in tutti i modi di dimostrarsi freddo, apatico, disinteressato e nichilista, che stende la mano e dilata gli occhi nella richiesta disperata di aspettare, di non condannare gli eldiani al drammatico destino di trasformarsi in Giganti. La seconda è la comparsa in scena di un’altra coppia di fratelli.
Colt si para davanti a Zeke con tutta l’ostinazione e la disperazione di un fratello maggiore. Tutto ciò che gli interessa è proteggere Falco, farlo fuggire, allontanarlo dal luogo del grido. Di tutto il resto Colt non se ne interessa. Per lui Marley, Eldia, i Giganti, i piani e i tradimenti non hanno nessun senso. Vuole solo salvare il suo fratellino. Vada al diavolo tutto il resto. Zeke esita per un attimo di fronte a questa manifestazione d’amore. Ci lascia quasi il dubbio, con il suo sguardo allucinato e combattuto, di essere pronto ad abbaondonare il suo proposito. Poi, invece, grida. E in questo momento Colt, un personaggio che non si era mai meritato troppo spazio finora, rimasto sullo sfondo come un semplice comprimario, con un solo, enorme gesto, diventa forse il più puro e positivo dei protagonisti de L’Attacco dei Giganti. Perché Colt sa benissimo cosa succederà a Falco a causa del grido di Zeke, e sa benissimo cosa accadrà a lui rimanendogli accanto. Eppure tutto quello che fa, in uno slancio d’amore totale, è abbracciare quel fratellino che sta per perdere, tenerlo stretto a sé nonostante le sue resistenze, il calore che lo brucia, la mostruosa trasformazione. L’ultimo atto della vita di Colt è un abbraccio disperato, che vuole cercare di proteggere e rassicurare oltre ogni umano limite. Un atto d’amore che trascende tutto.
E soltanto alla fine entra in scena la terza, l’ultima coppia di fratelli. Mentre Falco si scaglia su Reiner, che ha quasi deciso di farsi divorare per salvarlo, Porco Galliard si prende il suo momento di gloria. Danneggiato oltre ogni limite dallo scontro con Eren, invaso dai ricordi del fratello Marcel, che ha dato la sua stessa vita soltanto per salvarlo (senza riuscirci), proprio come Colt ha fatto un attimo prima per Falco, Galliard sceglie il sacrificio di sé. Sceglie di lasciarsi divorare da Falco per dare ancora una minima possibilità al ragazzo. E sceglie di sacrificarsi rinfacciando a Reiner, per l’ennesima volta, la sua superiorità.
L’Attacco dei Giganti: due episodi in uno
La grandezza di questo episodio de L’Attacco dei Giganti sta nel suo avere due parti che sono completamente opposte tra loro. Nella prima si respira un grande dinamismo, gli avvenimenti si susseguono a un ritmo incalzante, che non ci permette quasi di respirare, tra capovolgimenti di fronte continui e un’azione vibrante, che si sposta di secondo in secondo. Il concatenarsi di colpi di scena da cardiopalma l’uno dopo l’altro non dà quasi il tempo di riprendersi dallo shock, lasciando lo spettatore attonito di fronte al dramma che si sta svolgendo davanti ai suoi occhi. Lo studio MAPPA è in grado di sfruttare queste scene per farci attraversare una vasta e sconfinata gamma di emozioni, dall’ansia alla paura fino al disgusto, la tristezza e il terrore vero e proprio.
C’è poi una seconda parte dell’episodio che è lenta, compassata, che abbassa il ritmo fino quasi a fermarlo del tutto. Sembra di tornare alle spiegazioni introspettive del primo cour, eppure si percepisce benissimo che quanto accade in quello spazio indefinito che è la Coordinata tra i soli Eren e Zeke è più importnate di qualsiasi altra cosa si sia vista finora. Il movimento in questa seconda parte dell’episodio è quasi del tutto assente. Prevalgono una staticità e un silenzio surreali. Lo spazio della Coordinata è quieto e immobile. Il tempo al suo interno non esiste, è come congelato.
La transizione tra le due parti dell’episodio è data da un momento specifico e ben determinato. Quando Eren esce dal suo Gigante e corre verso Zeke l’azione, fino a quel momento frenetica, comincia a rallentare. Con una tecnica registica impeccabile, mentre il tempo si fa sempre più lento, vediamo comparire Connie e Jean, pronti a spianare la strada a Eren fermano Reiner, Mikasa e Armin combattere contro Pieck e Magath, mentre lo scorrere dei secondi quasi si cristallizza. E poi, mentre Eren copre gli ultimi passi verso Zeke, l’ultimo ostacolo è alla sua destra. Gabi è lì, con un fucile grottescamente troppo grande, troppo enorme. Lo sguardo di Eren che si volta trasmette, forse per la prima volta, un senso di paura profonda. Il tempo ormai non scorre nemmeno più, tutto è immobile. L’unico movimento, in uno slo-mo esasperato, è quello della lacrima che si gonfia nell’occhio di Gabi. Il colpo parte preciso e senza censure, il tempo torna a scorrere velocissimo mentre la violenza dell’impatto decapita Eren, e la testa del protagonista vola roteando verso le mani di suo fratello. E poi tutto si ferma, si congela di nuovo.
Ritorna l’orrore
L’ultima parte dell’episodio apre la strada a una serie di rivelazioni e di colpi di scena inquietanti e fondamentali che avranno luogo nelle prossime puntate. Eren e Zeke hanno ormai calato la maschera dei fratelli amorevoli, e la loro natura opposta è venuta alla luce: Zeke ha usato Eren, Eren ha usato Zeke. Entrambi vogliono il potere del Fondatore per i propri scopi, per realizzare i propri piani. Entrambi hanno cercato di utilizzare il proprio fratello come un oggetto, un utensile, una chiave per raggiungere quella forza devastante.
Ma da questo diciannovesimo episodio abbiamo di nuovo una certezza: quella dell’orrore e della paura. Immediatamente dopo la scena del grido di Zeke infatti, i numerosi eldiani che si trasformano in Giganti non solo danno vita a una scena estremamente scenografica, con la visuale a volo d’uccello su una Shiganshina illuminata dalle luci della trasformazione, ma soprattutto riportano in scena tutto l’orrore della prima stagione, quando bastava vedere un gigante stagliarsi all’orizzonte, tra i palazzi, per provare terrore e raccapriccio. L’Attacco dei Giganti torna a fare paura, e lo fa con quello che, con tutta probabilità, è finora il migliore di tutt gli episodi. Non vediamo l’ora di scoprire se gli altri saranno all’altezza.
https://www.youtube.com/watch?v=w9S7Tr5HZa8&t=63s