Lottare contro se stessi, prendere a pugni il destino e sfidare le avversità di una vita dolorosa e spaventosamente oscura: è questo il filone narrativo che muove le fondamenta di Soulstice, action italiano prodotto da Forge Reply e in arrivo su console di nuova generazione e PC il prossimo 20 settembre. Come ormai da annuale tradizione, settembre si sta confermando foriero di uscite videoludiche decisamente interessanti, e il titolo nostrano, che ha sin da subito suscitato il nostro interesse e quello di buona parte degli addetti ai lavori e dei fan, ha saputo rivelarsi come una produzione decisamente più “corposa” e ambiziosa di quanto potesse sembrare. D’altronde, sin dai primissimi contattiavuti con l’oscuro mondo di gioco in cui si prende parte alle fatiche di Briar e Lute, incastonate in un contesto narrativo ricco di intrighi, cospirazioni e soprattutto attanagliato da una coltre di nubi e disperazione soffocante, ci siamo resi conto del grande potenziale della produzione che, pur senza nascondere le sue ispirazioni esterne, risulta comunque in grado di mettere sul piatto uno stile tutto suo. Longevo, difficile, complesso ma allo stesso tempo “semplice” nelle sue dinamiche, l’action di Forge Reply si piazza senza troppe fatiche come uno dei titoli più interessanti di questa seconda stagione del 2022 videoludico, nonostante però si porti dietro diverse problematiche in alcuni casi anche importanti. Il team di sviluppo ha saputo confezionare, nel complesso, un prodotto dalle ottime ambizioni, ma che comunque non riesce a centrare appieno tutti i buoni propositi della vigilia. Siete curiosi di saperne di più? Beh, non vi resta che proseguire nella lettura della nostra recensione completa di Soulstice.
Soulstice: l’oscura mano della menzogna
Lo abbiamo detto anche in fase di anteprima, in cui abbiamo potuto assaggiare soltanto un piccolo (e nemmeno tanto!) frammento dell’impianto narrativo del gioco: la storia di Soulstice ci è piaciuta. Lo vogliamo sottolineare, perché troppo spesso si attribuisce (anche giustamente) poca rilevanza al comparto tematico dei prodotti del genere, in cui il background narrativo finisce per il diventare un semplice espediente sull’altare del gameplay. Sin dalle prime battute, abbiamo individuato in Briar e Lute due protagoniste (al di là dell’ottimo doppiaggio di Stephanie Joostein) molto carismatiche e ben congegnate, capaci di tenere in piedi un impianto narrativo complessivamente “già visto” ma comunque funzionale. Il punto cardine della storia è infatti di quelli ben noti e affonda le sue radici in quella che potremmo identificare come l’eterna lotta tra il bene e il male, in cui non mancano tradimenti, giochi di potere, oscure macchinazioni e colpi di scena, che fanno da sfondo a un’avventura decisamente più intrigante di quanto si potesse preventivare. La misteriosa “Breccia” è apparsa a troneggiare sulla città di Ilden, gettando nel caos il mondo: demoni, creature di ogni sorta, abomini e persino esseri umani mutati in spettrali e affamate creature popolano le oscure strade della città, diventata ormai un mero agglomerato di oscurità, morte e profondo vuoto. Il misterioso Ordine invia sul campo proprio le due protagoniste, chiamate a fare luce sulle origini della Breccia e, soprattutto, con il compito finale di trovare un modo per chiuderla definitivamente e separare così il mondo umano da quello “spettrale”. Sulla strada, però, per Briar e Lute, diventate Chimere a causa della mancata Trascendenza (cosa che di fatto ha bloccato in una sorta di limbo Lute, che nel gioco appare sotto forma spettrale) sono costrette a fronteggiare un numero smodato di pericoli, tanto nella “semplice” gestione dei nemici più deboli quanto nelle battaglie più complesse contro i nemici più potenti, ma soprattutto contro minacce ben più vicine di quanto si possa pensare. Sul martoriato scenario di un mondo ormai preda di un’oscurità senza fine, infatti, si snodano diverse vicende, che hanno radici profonde, in un passato complesso e doloroso che ha costruito la personalità delle due sorelle, tenute insieme (letteralmente) da un legame tanto profondo quanto doloroso e ricco di segreti.
E, proprio a tal proposito, abbiamo apprezzato non poco la caratterizzazione delle due protagoniste che, per quanto per alcuni tratti siano imbrigliate in consuetudini tipiche del mondo dell’intrattenimento in generale, sembrano avere quel qualcosa in più che le rende in qualche modo “speciali”. Ci siamo affezionati non poco a Briar e Lute, abbiamo percepito sul nostro corpo quello stesso dolore generato dal loro status di Chimere, assimilabili alla stregua di merce sacrificabile di un ordine che non sembra avere veramente a cuore il destino dei suoi guerrieri. A tal proposito, abbiamo avvertito fortemente la fonte d’ispirazione esterna che ha guidato la mano degli sviluppatori in fase di creazione del mondo di gioco che, come vi avevamo già anticipato durante l’anteprima, svaria di opera in opera nel settore dell’animazione e dei manga di stampo nipponico. Abbiamo notato le forti e coraggiose “venature” in stile Berserk, quel pizzico di follia autoriale di D.Gray Man e Made in Abyss, ma soprattutto abbiamo ritrovato in Briar quella stessa sete di sangue innata tipica delle protagoniste del lavoro del maestro Norihiro Yagi, ossia Claymore. Da questo punto di vista, queste opere citate sembrano, nelle idee, amalgamarsi in maniera sapiente, e si adattano con decisione a una struttura che in termini di character design, per quanto giochi fondamentalmente al risparmio (sono pochi i personaggi “forti”), fa un ottimo lavoro, specialmente, appunto, nella costruzione delle due sorelle e del loro profondo legame. Non mancano, chiaramente, anche personaggi sopra le righe e caratterizzati da quel tipico binomio di oscurità e involontaria ironia (ricordate il vendor di RE4, vero?) come Layton, l’Osservatore delle due sorelle, chiamato a supervisionare quello che è il loro operato, nonché a fare da “occhio di Sauron” per conto dell’Ordine. E, per gli amanti di Aaron, siamo sicuri che apprezzerete non poco un certo personaggio, che farà la sua comparsa verso metà gioco. In questo grande lavoro svolto, però, a stonare sono proprio loro: i villain. Sia i boss, sia in generale i nemici principali, per quanto in alcuni casi anche interessanti, ci sono sembrati l’anello debole della situazione, ed è un peccato, perché con la presenza di un nemico veramente simbolico ci saremmo trovati per le mani un comparto narrativo seriamente in grado di rappresentare un nuovo standard per i prodotti del genere di riferimento.
Soulstice: l’unione fa la forza… ma anche tanta debolezza
Come vi abbiamo già detto più volte, Soulstice gioca molto sul rapporto tra Briar e Lute, unite tanto a livello tematico e di concetto narrativo tantissimi quanto, e soprattutto, in termini di gameplay. Il combat system di Soulstice, che strizza l’occhio in maniera evidente a opere illustri quali DMC, Bayonetta e i primi God of War, è infatti caratterizzato, a differenza degli altri esponenti, dall’Unione sinergica di entrambe le sorelle, i cui potere e le cui abilità in battaglia (e non solo) sono diversi ma squisitamente complementari. In termini più “pratici”, passiamo prima ad analizzare il combat system legato al “braccio armato” della situazione, ossia la giovane Briar. Quest’ultima è in grado di concatenare attacchi attraverso la pressione di tasti quali quadrato e triangolo, ma anche di eseguire delle combo più complesse, sfruttando altre dinamiche come il salto e gli attacchi caricati, facendo leva sui potenziamenti sbloccabili sulle varie armi utilizzando la valuta in game. Briar è una guerriera senza paura e senza “scrupoli”: si lancia in battaglia con una grande ferocia, figlia anche della sua natura, che le consente di sfoderare una sorta di “furia”, che consente di aumentare in maniera spropositata i danni e la portata degli attacchi.
Questi ultimi, come anticipato poco sopra, sono legati più che altro alla tipologia di arma utilizzata e non tanto agli attributi fisici della guerriera, che non sono potenziabili in alcun modo. L’unica cosa ad aumentare è la barra vitale, attraverso il ritrovamento dei frammenti di cristallo, in stile DMC e God of War, ben nascosti nelle mappe. Il grosso del combat system, dunque, è ovviamente legato proprio alle armi. Durante l’avventura, grazie a Layton, Briar avrà accesso a un buon numero di strumenti di morte, tutti decisamente ben caratterizzati e soprattutto tutti relativamente utili a seconda dell’avversario e delle battaglie. Cambiando arma, infatti, anche il ritmo degli scontri si adegua a sua volta, per quanto però, ancora una volta, abbiamo trovato troppo risicato il numero di combo effettuabili con ogni singola arma. Va detto comunque che Soulstice consente di concatenare gli attacchi cambiando arma durante i colpi, ma è comunque un sistema che spezza un po’ il ritmo dei combattimenti, che risultano frenetici, adrenalinici e super impegnativi già dai primissimi capitoli dell’avventura. La varietà delle armi, comunque, è decisamente intrigante: dai “pugni” a una sorta di Tonfa esplosivi in stile Nioh, passando per un arco fino alle fruste (la nostra arma preferita!), le armi messe a disposizione di Briar sono molto variegate, e ben si sposano con un sistema di combattimento complessivamente fluido, ma che non è esente da diverse incertezze di natura strutturale, specialmente considerando le hitbox e il comportamento degli avversari. Rispondere ai colpi, specialmente dopo una schivata, ad esempio, è davvero molto complesso, a causa di una “rigidità” di fondo in alcuni casi piuttosto marcata ma soprattutto per via dei colpi nemici, che spesso e volentieri sembrano in qualche modo ignorare le distanze con la protagonista, rendendo, appunto, la manovra evasiva più arcigna del dovuto. Gli scambi armati sono comunque per certi versi caratterizzati da una duplice natura, così come duplice è la natura anche delle forze in campo. Al pari di Briar, ma con funzioni nettamente diverse, anche Lute ha il suo peso specifico in battaglia e partecipa in maniera importante agli scontri, seppur in modo più “passivo”.
La sua forma spiritica le permette di plasmare l’energia ultraterrena, che utilizza principalmente per bloccare gli attacchi nemici, con una serie di manovre difensive definite Contrattacchi. Grazie ai poteri di Lute è possibile contrattaccare, in maniera diversa, i colpi nemici, sia quelli a distanza sia quelli ravvicinati, grazie alla pressione del tasto O, che comparare a schermo (suggerendo anche il timing per il contrattacco perfetto) quando Lute può controbattere agli assalti nemici. L’importanza della più “debole” delle due sorelle non si limita però al solo Contrattacco. Lute è infatti anche in grado di attaccare i nemici con dei colpi del tutto autonomi, che diventano man mano sempre più potenti e invasivi per i nemici, grazie ai potenziamenti sbloccabili. A differenza di Briar, Lute possiede un vero e proprio skill tree, diversificato in tre diverse macrocategorie: attacco, difesa e campi. Proprio quest’ultimi, si sono rivelati sorprendentemente importanti e centrali non soltanto nelle fasi esplorative, ma anche in combattimento. Durante l’avventura, Soulstice pone sul cammino dei giocatori nemici caratterizzati da una natura particolare, che richiede l’impiego proprio dei Campi energetici per scalfire la dura corazza cristallina di alcuni nemici o per afferrare i demoni spettrali, una dinamica che sulle prime battute ci sembrava meno focale e che, alla fine, si è rivelata piuttosto centrale, per certi versi anche troppo. Durante le fasi più avanzate, infatti, l’utilizzo di questa dinamica diventa praticamente ossessivo, e considerando anche il fatto che Lute ha bisogno di ricaricare l’utilizzo dei campi, con conseguente “abbandono” di Briar in quei momenti, unito al tasso di sfida decisamente elevato e alla coriaceità di diversi nemici, ciò rende alcuni scontri forzatamente lunghi e complessi. Nel complesso, però, abbiamo trovato questa dinamica ben orchestrata a livello concettuale: il legame di Briar e Lute, del resto, è un po’ il tema centrale dell’opera, e il loro essere un sorta di unica e diversa entità allo stesso tempo, fa sì che questa meccanica di gameplay, per quanto a volte troppo invasiva, risulti comunque comprensibile e certamente ben a fuoco con quella che è la struttura di un gameplay che comunque rimane fedele alle sue origini. Al netto dell’utilizzo delle tecniche di Lute, infatti, il focus dei combattimenti rimane quello tipico degli action stilosissimi: velocità e frenesia, anche sistema di movimento, insieme a tutto il resto, sono all’ordine del giorno, ma vogliamo ancora una volta sottolineare quanto alcune dinamiche siano risultate un tantino troppo “abbozzate” e poco profonde, almeno contestualizzate e paragonate coi prodotti più blasonati del genere. Abbiamo apprezzato parecchio anche il sistema di valutazione con cui il gioco giudica ogni scontro, che va a regolare il sistema di reward e che quindi non risulta soltanto un mero oggetto stilistico, per quanto però spesso e volentieri non abbiamo compreso per bene il sistema di valutazione utilizzato. Infine, vogliamo ricordarvi che Soulstice è un prodotto che vuole andare incontro un po’ a tutti, con un livello di difficoltà selezionabile anche a gioco in corso (si deve ripetere però il capitolo) che si divide in diversi step, che vanno dal più accessibile a quello più estremo, per quanto il livello di sfida rimanga comunque decisamente elevato in tutti i casi.
Il puzzle solving che piace, ma non sempre!
Come anticipato poc’anzi, Soulstice non è soltanto combattimento e boss fight. L’opera dei ragazzi milanesi pone davanti al giocatore anche un buon focus sull’esplorazione, in grado di premiare con il ritrovamento di oggetti speciali e soprattutto con i portali Sfida. Disseminati per le mappe di gioco è possibile trovare una sorta di vortici spazio-temporali, che danno accesso a una sorta di dimensione a metà tra il mondo umano e quello spirituale, in cui ondate di nemici si parano dinnanzi al cammino delle due sfortunate protagoniste. Completando queste sfide, dalla difficoltà decisamente sempre piuttosto elevata, si ha diritto a ricompense sempre maggiori, in base chiaramente alla valutazione ottenuta in battaglia. L’esplorazione è però piuttosto “limitata”. Le aree sono pressoché piccole in termini di estensione e il focus è sempre tarato su quella che è le necessità di trovare la via giusta per poter proseguire nell’avventura. A tal proposito, Soulstice mette in piedi un sistema “puzzle solving” molto basilare, ma che risulta comunque complesso, in taluni momenti. Ancora una volta, queste sezioni sono quasi sempre legate all’utilizzo dei Campi di Lute, ragion per cui si rende necessaria la giusta pianificazione da parte del giocatore, che deve nella maggior parte dei casi sbloccare degli accessi utilizzando proprio i poteri della giovane guerriera “spiritica”, chiaramente passando per la prestanza fisica di Briar. Queste sezioni sono infatti molto spesso dei rompicapo in cui è fondamentale saltare e distruggere determinati oggetti per avere accesso a piattaforme sopraelevate, e possiamo dirvi che le abbiamo trovate in taluni casi inserite in maniera forzata, anche a causa di un tasso di difficoltà generale relativamente sempre tarato verso il basso, salvo per alcuni casi in cui ci è capitato di girare a vuoto per diversi minuti. Nel complesso, comunque, abbiamo apprezzato il modo in cui gli sviluppatori hanno deciso di utilizzare le peculiarità di Lute per queste sezioni, seppur siamo costretti a sottolineare quanto comunque manchino di colpi di genio particolari e si limitino a una reiterazione di diverse dinamiche che dopo un po’ di tempo diventano piuttosto semplici e difficilmente indimenticabili.
Una città crepuscolare e il suo oscuro fascino
Dal punto di vista tecnico, Soulstice mostra, probabilmente, i suoi limiti più evidenti. Già in fase di anteprima ci eravamo soffermati sulla scarsa varietà del setting e delle ambientazioni, un dettaglio che, purtroppo, siamo costretti a confermare dopo aver provato ampiamente il gioco nella sua versione completa nelle ultime settimane. I capitoli che compongono l’avventura, divisa in diversi atti di cui non vogliamo anticiparvi il quantitativo per non togliervi il gusto della scoperta (tranquilli, la longevità è ottima!), ci hanno purtroppo costretto a dover confermare ciò che temevamo e che in fin dei conti avevamo già messo in preventivo. Salvo qualche raro caso, rappresentato principalmente da alcuni capitoli, specialmente quelli nel finale dell’avventura, il viaggio di Briar e Lute verso le origini della Breccia è accompagnato da una varietà piuttosto sterile in termini di scenari che, anche per una questione relativa al fatto che l’avventura si snoda nello stesso luogo, si dimostrano ripetitivi e poco ispirati in termini di diversificazione. Per fortuna, però, le aree sono caratterizzate da un buon numero di segreti e oggetti nascosti, e sono anche costruite con un level design che fa un discreto lavoro e che rende in qualche modo meno pesante quanto detto poco prima. Anche il design delle creature, e in generale del ricco bestiario, ci è parso troppo limitato, salvo qualche rara eccezione, con una reiterazione di asset in alcuni casi evidente, ma nel complesso comprensibile e non così pesante in termini di valutazione generale del prodotto. A livello di ottimizzazione tecnica, Soulstice non è esente da diverse incertezze, seppur nel complesso sembra comunque riuscire a fare un buon lavoro. Il lavoro di Reply Game Studio offre ben tre modalità grafiche differenti: prestazioni, bilanciato e qualità. La prima, quella da noi scelta in fase di recensione, predilige il frame-rate, tenendolo più vicino possibile ai 60fps nella maggior parte delle occasioni, almeno nelle intenzioni. In diversi momenti, specialmente con tanti nemici a schermo, Soulstice ha avuto qualche singhiozzo di troppo, con cali di frame spesso anche vistosi e rallentamenti generali delle azioni, che sono risultati anche duraturi in alcuni scontri particolari.
Fortunatamente, questi eventi non sono stati molto frequenti, ma non possiamo negare di esserci imbattuti in essi in qualche occasione di troppo. Discorso diverso per le modalità bilanciato e qualità. Scegliendo uno di queste due opzioni l’azione sembra quasi muoversi a rallentatore, con il frame rate che viene dimezzato e con i fenomeni sopracitati che diventano sempre più frequenti, ragion per cui vi sconsigliamo vivamente di optare per questi due preset e di scegliere quello dedicato al frame-rate. Il vero problema numero uno di Soulstice, a livello tecnico, è sicuramente la telecamera. Abbiamo trovato la gestione di essa a tratti incomprensibile, sia durante le fasi esplorative e di puzzle solving sia e soprattutto durante i tanti scontri. In diverse battaglie, soprattutto con i nemici più grossi o quelli alati, combattere è diventato un piccolo terno al lotto, a causa proprio di una telecamera che mancava puntualmente di precisione e di profondità, rendendo complicato anche soltanto il prendere le giuste distanze con i nemici, facendo sfoggiare dei colpi a vuoto figli proprio della mancata capacità di gestione. Nel complesso, per quanto sia una problematica comune per i prodotti del genere, quella della telecamera di Soulstice è particolarmente “grave” e speriamo che gli sviluppatori possano in qualche modo sistemare il tutto, magari con qualche patch correttiva. Certo, non stiamo dicendo assolutamente che il titolo sia ingiocabile, ma possiamo garantirvi che diverse battaglie vi sembreranno veramente impossibili, a causa proprio dell’impossibilità di avere un quadro stabile e chiaro del mondo circostante. Discretamente valido, infine, il sonoro: il doppiaggio di Stephanie Joostein è ottimo, così come quello degli altri attori principali (Layton, ecc) ma non possiamo non storcere il naso di fronte a una colonna sonora nelle intenzioni ottima, con pezzi heavy metal e alternative rock sullo sfondo, ma che però si riduce a una manciata di tracce, ripetute durante gli scontri in maniera fin troppo svogliata.
Piattaforme: Microsoft Windows, Xbox Series X/S, PlayStation 5
Sviluppatore: Reply Game Studios
Publisher: Modus Games
Data D’uscita: 20 settembre 2022
Soulstice è un prodotto ambizioso e ben strutturato, ma che non riesce a centrare appieno tutti i suoi obiettivi. L’aspetto più problematico del gioco è certamente quello tecnico, che inficia la qualità di un combat-system decisamente intrigante, seppur “limitato”. Ci viene subito in mente la gestione a dir poco discutibile della telecamera, che sin dai primissimi minuti di gioco, ma in maniera quasi “stressante” man mano che si prosegue nella storia, compromette non poco la quality of life dell’utente, in particolar modo durante gli scontri. Nel complesso, però, abbiamo apprezzato l’aspetto estetico del titolo, di buona ispirazione, ma abbiamo anche dovuto appurare la presenza di poca varietà nelle aree e nelle stesse creature, molto affascinanti in diverse occasioni, ma nel complesso troppo risicate in termini strettamente numerici. L’aspetto che ci ha lasciato maggiori sensazioni positive è stato quello tematico: la storia, insospettabilmente (per il genere), risulta sempre centrale e interessante, e rende l’immedesimazione nel mondo di gioco decisamente più intrigante. Buono anche il gameplay, ma abbiamo trovato il bilanciamento delle armi e la mancanza di combo particolarmente complesse due limitazioni, se vogliamo, importanti, almeno per un prodotto del genere. Alla fine del viaggio, però, ci siamo resi conto di esserci divertiti non poco e che, al di là dei limiti sopracitati, il lavoro di Reply fa il suo dovere e non sfigura affatto nella schiera dei mostri sacri del genere.