Mai prima di questo nuovo DLC, dall’eloquente titolo The Elder Scrolls Online Lost Depths, i due dungeon proposti dalla mini espansione autunnale erano stati così armonici. Sia in termini di location sia in termini di complessità Earthen Root Enclave e Graven Deep rappresentano due facce della stessa medaglia e una perfetta continuazione del discorso iniziato con il meraviglioso arco narrativo dedicato al popolo bretone e il cui capitolo principale è stato recensito a giugno.
The Elder Scrolls Online Lost Depths: in fondo al mar…
Grace Deep, un labirintico complesso sottomarino formato da diversi laboratori ed edifici interconnessi da tunnel trasparenti, nascosto tra i flutti da una perenne tempesta che protegge una misteriosa isola che funge da uno accesso. Una struttura creata e gestita la Re Druido Zelthaak the Unbreathing, una mistica creatura secolare che in tutto e per tutto richiama il Mad Architect di Vault of Madness ma in edizione sottomarina. Ma dai, può mai esistere qualcosa di più intrigante? No. E chiaramente non staremo qui a sottilizzare sul fatto che, a mani basse, Graven Deep è attualmente uno dei migliori dungeon di ESO. Stupendo da vedere e ricco di sfida, la prima delle due nuove istance è un contenuto assolutamente sconsigliato per i neofiti, come del resto lo è tutto Losth Deapths. Meccaniche complesse e boss particolarmente ostici sono l’altra faccia della medaglia di una location che ti rapisce con il suo fascino e poi ti sottomette con la sua difficoltà.
Se già in modalità normal riuscire a sconfiggere Zervlaak senza l’ausilio dei perk acquisiti dai boss segreti è un’impresa complessa per i giocatori di medio livello, la modalità veteran porta la sfida su un livello incredibilmente elevato anche per i giocatori più navigati. E al di là della ricompensa data dallo stesso piacere di affrontare un dungeon di così alta qualità, non esiste Monster Set o Armor Set che possa ripagare lo sforzo. Soprattutto se, nello specifico, nessuno dei nuovi set che è possibile droppare nella location sono davvero interessanti. Forse l’unico degno di nota è il Grave Inevitability, un set light che attiva un’ottimo buff sul possessore e ne allarga i benefici al party. Tutte cose che però si potevano già acquisire, in misura pressoché identica con l’abilità War Horn, la skill più utilizzata dagli Healer per dare un sostegno al gruppo.
Lost Depths: viaggio il centro della terra
Se con Graven Deep avevamo visitato le profondità degli abissi, l’altra metà di Lost Depths, Earthen Root Enclave, ci porta nel cuore della terra. Divisi tra una piccola splendida isola incontaminata e un labirintico guazzabuglio di cunicoli sotterranei, la manciata di boss e meccaniche di questo secondo dungeon non raggiungono i picchi di complessità di Graven Deep ma si difendono comunque bene nella media delle istance di ESO. Come nel suo gemello troviamo un trittico di boss segreti fondamentali da sconfiggere per ottenere i buff necessari per affrontare Archdruid Devyric, ennesimo druido impazzito finito a nascondersi nelle tutt’altro che tranquille acque attorno Amenos e High Isle. Ancora più complessi da attivare rispetto a Graven Deep questi boss rappresentano lo spirito della natura che non vuole piegarsi all’infestazione umana e la loro sconfitta, triste ma necessaria, traslerà sul giocatore la forza rigenerativa della natura andando ad incrementare health point e la rigenerazione di magika e stamina. A differenza di Graven Deep, Earthen Root Enclave però butta sul piatto un interessantissimo Monster Set, Archdruid Devyric, dal nome del suo possessore, immediatamente apprezzato da tutta la community perché capace di attivare un debuff sui nemici (Major Vulnerabilty, per i più interessati) non molto diffuso né tra gli Armor Set né tra le skill più utilizzate.
Lost Depths: una piccola, grande rivoluzione
In conclusione, tralasciando cose per me irrilevanti come i numerosi nuovi achievement, e i vari collezionabili acquisibili con il completamento dei dungeon, voglio sottolineare l’importante modifica che Lost Depths ha portato con sè in termini di equipaggiamenti e abilità. Non senza suscitare l’ira di molti, gli sviluppatori hanno limato verso il basso molti di quelli che negli ultimi mesi erano diventati gli Armor Set che andavano per la maggiore, soprattutto tra i damage dealer magika che basavano buona parte della loro potenza di fuoco sui light attack. Spostando tutti i perk sugli heavy attack, Zenimax ha di fatto cercato di ridurre l’incredibile divario che si era ormai creato tra i giocatori più esperti, i cui danni avevano cifre assolutamente fuori scala, e i giocatori neofiti, che chiaramente all’inizio sono spaesati dall’infinita possibilità di combinazioni a cui solo una lettura approfondita di uno dei tanti manuali online può dare senso. Questa disparità di fatto aveva trasformato The Elder Scrolls Online in due universi distinti, due giochi separati, tradendo lo spirito iniziale di tutto il progetto che si è sempre voluto proporre come un MMO adatto a tutti.
Piattaforme: PC, PS5, PS4, Xbox Series X/S, Xbox One, Stadia
Sviluppatore: Zenimax Online
Publisher: Bethesda
Pur essendo coinvolta direttamente in questa querelle, (avendo io sempre posseduto per lo più personaggi di quel tipo) non posso che fare un plauso al team di sviluppo, che ancora oggi è capace di ragionare e lavorare per rendere il gioco sempre stimolante ma allo stesso tempo accessibile. I risultati di questo impegno sono sotto gli occhi di tutti e ancora una volta mi ritrovo a dire con lo stesso entusiasmo di 7 anni fa che non vedo l’ora di mettere le mani sul DLC di chiusura di Legacy of the Bretons.