The Old Man Preview: il nuovo thriller Disney Plus presentato a FeST

THE OLD MAN -- Pictured: Jeff Bridges as Dan Chase. CR: Kurt Iswarienko/FX

I momenti di discussione e approfondimento dedicati al mondo della serialità televisiva, in Italia, sono ancora un’occasione più unica che rara. Ancor meno facile è incappare in un evento che tratti questi prodotti del mondo dell’intrattenimento a 360 gradi, come fa al contrario FeST, il festival delle serie TV organizzato alla Triennale di Milano dalla direttrice artistica Marina Pierri. Un evento che è giunto alla sua quarta edizione e che conta sempre più panel e incontri importanti, per discutere e dibattere sulla direzione presa nella sceneggiatura e regia seriali. Anche la presentazione di una serie TV originale Disney Plus diventa occasione di incontro e di riflessione, in grado di riunire sul palco del FeST quattro diverse personalità come lo sono quelle di Paolo Di Lorenzo, autore e critico televisivo, e degli ospiti sul palco, Gianluca Neri (produttore e autore), Leaticia Ouedraogo (attivista) e Sabika Shah Povia (writer e producer tv), per portare le proprie opinioni non solo sull’importanza di scrivere in maniera accurata un testo seriale come i thriller, ma anche per riflettere sulla figura della spia finora proposta, in maniera spesso stereotipata. Di Lorenzo ha moderato il panel organizzato prima della proiezione del primo episodio in lingua originale del thriller The Old Man, in arrivo con i primi due episodi da oggi, 28 settembre.

The Old Man, c’è una spia in questa serie tv

Il brivido delle storie di spionaggio e thriller è uno dei grandi classici dello schermo, grande o piccolo che sia. Vicende che sanno offrirci un mix tra tensione narrativa, intrecci storici e conoscenza tecnica di un mondo complesso e articolato, motivo per cui non è affatto semplice restituire un risultato finale ben costruito e orchestrato. Il recentissimo caso di The Old Man, la serie drama thriller targata FX in arrivo su Disney Plus, è diventato occsasione fondamentale per capire quali sono gli elementi fondamentali in questa tipologia di racconto. In meno di mezz’ora di tavola rotonda sul palco di FeST, Di Lorenzo ha introdotto brevemente la spy story The Old Man, una storia thrilling che ci ricorda anche come oggi questo genere e la sua capacità di portare brividi sullo schermo stiano facendo capolino con sempre più forza, sia in streaming, sia sulle televisioni generaliste. Ma come si congenia una spy story? Risponde Gianluca Neri, che si è occupato di serie documentaristiche, tra cui SanPa – Luci e tenebre di San Patrignano:

La verità che c’è dentro, due anni di ricerche e letture di libri e atti di tribunale, qualsiasi articolo per essere sicuri di dire la verità anche se si imposta la docuserie con la scaletta di una serie tv. Bisogna adattare questa priorità al concetto di serie thriller. Qui gli avvocati fanno triplo fact checking per capire come riportare la vicenda, la cui importanza è fondamentale per tenere incollati gli spettatori sullo schermo. La costruzione del format è importante, così come la messa in mostra delle capacità sia delle forze dell’ordine, che degli hacker e di altri frangenti, abbiamo parlato con il capo del RIS per rispettare la verità di quanto accade, che è anche quanto lo spettatore si attende.

La rappresentatività delle minoranze nel mondo dell’entertainment

L’aspetto interessante è approfondire non solo la serialità contemporanea, ma anche la capacità di interpretare e rappresentare il nostro mondo. Il comparto televisivo occidentale sta compiendo dei passi in avanti nel dare luce anche a razze e religioni diverse da quelle predominanti, ma nel thriller si fa ancora fatica a dare spazio in tal senso. Succede anche nel recente caso dei nomi in lizza per l’attore che darà il volto a James Bond in 007, tra cui anche Regé-Jean Page e Jonathan Bailey, e questa scelta ha subito dettato scalpore e polemiche, perché vi sarebbe la possibilità che la spia più famosa del mondo possa essere gay. Risponde Leaticia Ouedraogo su quanta strada ci sia ancora da fare:

Il tema della rappresentatività nel mondo occidentale comporta ancora un lungo percorso da compiere, ci si sofferma spesso su un lato solo della realizzazione di prodotti seriali e cinematografici. La formazione di chi produce e di chi diffonde deve comportare anche la comprensione e l’inserimento di minoranze. A me non piace questo termine, minoranze, perché è chi sta al potere che decide quale sia la minoranza, e a seconda dei contesti, del momento storico e di tanti altri parametri si stabilisce questo cluster. Bisogna capire chi ha accesso alle piattaforme di maggiore diffusione, chi detiene il potere della produzione, poiché le serie devono anche essere scritte facendo ricerca approfondita della cultura e dei popoli che si vorrebbero inserire nel proprio prodotto. Basta lanciare una ricerca su Netflix come “Africa” o “altri continenti” e compaiono prodotti realizzati ad esempio in Sud Africa, come una serie spy dove la protagonista è una donna sudafricana, ma bianca, dunque troviamo anche un tema di inclusione a livello di colorismo. C’è anche molta disuguaglianza all’interno delle stesse minoranze quindi. C’è parecchio anche da lavorare sul potere della narrazione, è un potere anche economico e non solo di diffusione e di arrivare al pubblico. La mancanza di ricerca porta a un appiattimento della produzione, e ce ne accorgiamo quando si aprono i nostri orizzonti guardando a prodotti che portano una retorica diversa, come nel caso di The Old Man con un protagonista anziano e potenzialmente cattivo.

Per poter rappresentare una persona, bisogna però partire dietro le telecamere. Ci devono essere termini appropriati per affrontare le questioni identitarie dei personaggi coinvolti, ma diventa difficile se questo compito è nelle mani di coloro che non detengono conoscenze in tal senso.

Perché i thriller come The Old Man ci piacciono ancora

Di Lorenzo prosegue chiedendo a Sabika Shah Povia: “Qual è secondo te il motivo per cui il thriller continua a piacere, dove la realtà supera a volte la fantasia?”

Il thriller è un mix di azione, sci-fi, romanticismo, oltre a rappresentare la geopolitica globale che riesce a rientrarvi. Spesso mi capitava di vedere serie realistiche, ma che poi si rivelano presentare pregiudizi e stereotipi. Io ho spesso analizzato i cattivi delle serie tv, dove ogni epoca storica ha il suo antagonista “classico”: negli anni Quaranta era tedesco, negli anni Ottanta era russo, negli anni Duemila arabo, a prescindere dal Paese di provenienza. Noi guardiamo serie tv per intrattenerci, fondendosi con la realtà ma trattando pur sempre fatti fittizi. Anche nel caso di The Old Man, il protagonista è anziano, non gli daresti quasi credibilità o capacità di fare alcunché a giudicare dalle prime scene, ma poi tutto cambia. Le serie tv dovrebbero portare più profondità nei personaggi, approfondire i tratti identitari e non portare “un nero a caso sullo schermo”. In futuro i cattivi delle serie saranno quelli che vogliono distruggere l’ambiente, ci saranno altri motivi per scatenare l’antagonismo oltre alla religione e alle questioni razziali.

Il livello di produzione di The Old Man è davvero elevato, ma perché vederlo? Gianluca Neri sostiene che il primo motivo sia il protagonista stesso, che dalle prime apparenze di “rifiuto umano” porta poi sullo schermo un personaggio importante; il secondo motivo è il numero dei ribaltamenti, dei plot twist nelle vicende, e il terzo sta nella difficoltà nel capire chi sia il buono e il cattivo in questa vicenda. Veniamo dunque a quanto abbiamo visto, in breve, nel primo episodio proiettato a seguito del panel di FeST.

The Old Man episodio uno, la sinossi

Tratta dal romanzo omonimo di Thomas Perry, la serie The Old Man racconta la storia di Dan Chase, interpretato da un ruggente Jeff Bridges, che ha alle spalle una lunga carriera nel cinema e recentemente è stato visto in Star System – Se non ci sei non esisti, L’uomo che fissa le capre, Crazy Heart e il thriller Hell or High Water. Ex agente CIA che ha lasciato alle spalle il suo passato, ma che si ritrova ora a dover fuggire da alcuni sicari. Dan Chase è un uomo che porta sul suo volto i segni dell’età, e nella mente il ricordo costante, quasi ossessivo nei suoi sogni, della moglie, mancata qualche tempo prima a causa della malattia di Huntington. L’unica traccia di famiglia è la presenza telefonica della figlia, Emily, che non può più vedere da tempo per evitare che i sicari si mettano anche sulle sue tracce, e i due rottweiler scuri che lo difendono senza alcuna pietà da chiunque tenti di attaccarlo. Il pericolo torna a fare capolino nella vita di Dan Chase quando la sua grande casa sperduta in campagna subisce un’intrusione, finita male per il criminale, ma che costringe l’anziano ad andarsene prontamente. Sarà a questo punto che entra in scena il vicedirettore del controspionaggio dell’FBI Harold Harper (John Lithgow), chiamato a dargli la caccia a causa del suo complicato passato con il ribelle fuggitivo. Ma catturare Chase diventa più complicato del previsto, quando per la terza volta sfugge agli agenti inviati sulle sue tracce da Harper. Solo grazie a voice over delle telefonate con la figlia e un breve flashback che vede Chase con la moglie malata prima, e ancor più indietro nel tempo quando decidono di diventare marito e moglie poi, cominciamo ad approfondire il personaggio complesso e potenzialmente controverso che abbiamo di fronte. Le domande aperte sul prosieguo della vicenda sono rimaste tante, dopo questa prima visione, dove anche un duro come Harper ha saputo dimostrare di avere un cuore e delle debolezze umane e il protagonista potrebbe non essere il “buono” che ci aspettiamo. Una regia ben orchestrata, con inquadrature interessanti, primi piani e dettagli che non sfuggono a un occhio attento, accanto a una scrittura attenta a qualsiasi minimo aspetto della narrazione fanno di The Old Man un titolo davvero promettente, almeno nel suo pilot.

Sceneggiata e creata per la televisione da Jonathan E. Steinberg e Robert Levine, The Old Man è in arrivo il 28 settembre su Disney Plus con i primi due episodi, per comprendere meglio (forse) qual è la linea sottile che divide il bene dal male in questa serie e quali degli attanti in gioco appartiene a queste categorie. Anche se, da come ci è stata presentata e da quanto abbiamo potuto vedere, non sarà affatto facile apporre questa distinzione, se non attendendo più in là i prossimi episodi. Un prodotto che va ad arricchire la library di Disney Plus in maniera diversa dalla sua recente offerta, che ha visto in primis titoli dedicati all’universo marveliano, documentari e altri generi distanti da questa produzione originale interessante e gustosa. Ci rimangono pochi giorni di attesa per scoprire i prossimi svolgimenti della storia di questo “vecchio uomo”.

Si svezza con Medievil e Tomb Raider, cresce con Final Fantasy, matura con la scrittura di qualsiasi genere di videogiochi. Giocatrice da più di 20 anni, Francesca coniuga passione e studio in una tesi magistrale a tema videoludico e la nutre quotidianamente tra console e articoli su videogiochi, cinema e serie TV. Toglietele tutto, ma non la scrittura.