Dopo Valzer con Bashir, acclamato a livello internazionale, Ari Folman, vincitore del Golden Globe e candidato all’Oscar, ritorna con un adattamento del celeberrimo Diario di Anna Frank (qui tutte le sale che lo proiettano, da oggi 29 settembre).
In Anna Frank e il diario segreto Kitty, che nel Diario è l’amica immaginaria a cui Anna confida i suoi segreti e i suoi sogni, si risveglia magicamente nella casa di Amsterdam in cui ha vissuto Anna. Sono gli anni 2000 e la casa nascondiglio è stata adibita a museo, attirando visitatori da tutto il mondo. Convinta che Anna sia ancora viva Kitty si mette sulle sue tracce: affronterà un viaggio avventuroso alla scoperta del mondo di oggi.
Anna Frank e il diario segreto: il potere salvifico dell’immaginazione
Amsterdam, a un anno da oggi. Un violento temporale irrompe nel museo dedicato alla memoria di Anna Frank e manda in pezzi la teca in cui è scrupolosamente custodito il famoso diario della tredicenne scrittrice, deportata e poi uccisa nei campi di concentramento di Bergen-Belsen. Liberato il diario e materializzatosi l’inchiostro delle parole, ne viene fuori l’esuberante Kitty, amica immaginaria della Frank e incarnazione di quell’agenda a cui la bambina ebrea rivelò, nei due lunghissimi anni di rifugio nella città olandese, ogni sensazione, paura e desiderio più recondito. Un lascito inestimabile, un tesoro emotivo unico che racchiude le voci di una penna acuta e brillante mossa da una poco più che bambina presa (e persa) tra l’esuberanza tipica dell’età e la terribile prospettiva di un futuro senza alcuna luce. Kitty, ragazzina vivace dai capelli rosso fuoco, simbolo e immagine della “resistenza mentale” operata da Frank – in anni bui e privi di speranza – grazie alla sua fervida immaginazione e al suo talento di scrittrice, diventa così mezzo magico e reale per affrontare l’orrore della Shoah con gli occhi energici di una bambina divenuta (suo malgrado) emblema di un genocidio. Non solo. Perché Anna Frank e il diario segreto del regista israeliano Ari Folman si prende soprattutto l’onere di affrontare e parlare della contraddizione in termini tra un luogo assurto a simbolo di culto e venerazione per la figura di Anna Frank (ogni cosa porta il suo nome incluso il museo, la scuola, il teatro, il ponte), ma che all’atto pratico – ancora oggi – non è certo esente da peccati contro la persona (la negata ospitalità ai rifugiati). Seguendo le due tracce di Kitty in cerca di verità sulla sua amica scomparsa e di un’intera città che invece si muove alla ricerca del diario perduto, Anne Frank e il diario segreto corre lungo le vie e i luoghi di Amsterdam per restituire la dimensione bambina alla figura di Anne e per ricordarci che oggi non è poi così diverso da ieri, e purtroppo nemmeno da domani.
L’ennesima conferma del talento di Ari Folman
Con lo stile magico ma incisivo, escapista e militante che ha contraddistinto anche i suoi lavori precedenti (l’indimenticabile Valzer con Bashir del 2008 in primis), il talentuoso Ari Folman rilegge la storia di Anna Frank facendo prendere letteralmente vita alle pagine del suo celebre diario. Con un esplicito omaggio ai genitori deportati negli stessi giorni in cui veniva deportata la famiglia Frank, e con un fine prettamente didattico incastonato nella bellezza di un’animazione cupa ma avvolgente, Folman libera l’iconografia legata alla ragazzina ebrea nella figura di un’altra ragazzina, altrettanto giovane e determinata, dal guizzo vibrante e dall’emotività pura. Attraverso la figura di Kitty, la sua ricerca di Anna e la riscoperta del suo vissuto (inclusa la parte più tragica degli ultimi giorni prima della fine), Folman recupera a un tempo magia e dolore, dovere di cronaca e passione. E quello che nelle intenzioni del regista israeliano vuole essere un film per ragazzi dal messaggio educativo, si trasforma in un film per tutti in grado di parlare della violenza, dell’orrore e della sempre attuale banalità del male attraverso gli occhi dolci e inquisitori di una bambina che è incarnazione e specchio di Anna Frank, estremamente sfortunata nelle circostanze storiche e sociali, ma sostenuta dalla fortuna di poter affrontare il suo calvario grazie a un mix esplosivo di intelligenza e immaginazione.
E se già in Valzer con Bashir Folman trattava il trauma di una realtà feroce attraverso l’accettazione del rimosso e la sua ricostruzione, esorcizzando il tutto grazie al potere evocativo dell’animazione e a quello pedagogico della narrazione filo-documentaristica, anche qui Folman fonde l’inchiostro della penna con la magia del racconto animato per restituire dolore e identità alla Shoah, un evento per sua natura irrappresentabile e imparagonabile. Il dramma – e demone – più buio trova così la sua voce interiore nei sogni, nei desideri, e nelle prime pulsioni di un’adolescente dall’adolescenza negata, ma che è stata comunque in grado di rendersi immortale agli occhi del mondo. Un messaggio preciso e partecipato di inclusione e accettazione che viaggia leggero ma forte, elegante e composto lungo la linea dell’immaginazione bambina più fluida e funzionale. Un’opera che (ci) scuote e ci ricorda a ogni passo di quanto sia importante la coscienza storica ma anche di come il passato tenda a ripetersi. E di come il male, infine, sia un’entità difficile da inquadrare e archiviare entro precisi termini storici, e sociali.
Voto: 8