Anche se in buona parte adombrato dall’opulento Developer_Direct organizzato da Xbox e Bethesda qualche giorno prima, grazie al quale abbiamo potuto assistere ad una ricca panoramica dei titoli first party in uscita nei prossimi mesi e farci sorprendere da qualche rivelazione inaspettata, come l’annuncio ed il successivo rilascio dello spettacolare Hi-Fi RUSH firmato Tango Gameworks, la fine di gennaio ha visto anche l’organizzazione di un ID@Xbox Digital Showcase dedicato al programma omonimo, con una piccola selezione degli indie di spicco in fase di sviluppo sotto la sua egida. Per quanti ancora non lo conoscessero, l’ID@Xbox (abbreviazione di Independent Developers @ Xbox) è un’iniziativa della multinazionale di Redmond che consente agli sviluppatori indipendenti di autopubblicare i propri videogiochi per Windows e console Microsoft, senza tuttavia vincolarli a tali piattaforme. La presentazione digitale ci ha concesso l’opportunità di dare un’occhiata più da vicino a The Last Case of Benedict Fox, Everspace 2, Planet of Lana e Lightyear Frontier, nonché di scambiare quattro chiacchiere con i rispettivi developer, ma non prima di venire accolti dall’attuale responsabile del progetto, Guy Richards, che ha tenuto a sottolineare tutti gli obiettivi raggiunti nel corso dei suoi 10 anni di vita: stando ai dati già in parte divulgati nel 2022, ID@Xbox ha versato oltre 2,5 miliardi di dollari in ricavi per gli sviluppatori tra royalty da vendite dirette e pubblicazione sul servizio Game Pass, e fornisce a team provenienti da 95 paesi in tutto il mondo supporto a 360 gradi sia in termini economici che pratici, aiutandoli a gestire al meglio il marketing, la distribuzione e gli aspetti puramente tecnici.
L’evento del 31 gennaio si è concentrato su quattro gruppi autoriali europei, parte dei 1200 creatori di videogiochi che hanno aderito al programma nella sola area EMEA (Europe, Middle East, Africa) che, a partire dall’anno appena trascorso, possono anche trarre vantaggio dalla piattaforma cloud pubblica di Microsoft, Azure, e sfruttarne i molteplici servizi per realizzare titoli slegati da piattaforme specifiche e pensati esplicitamente per il cloud gaming. Ma ora bando alle ciance, è tempo di vedere cosa bolle in pentola e quali saranno alcune delle produzioni di maggior richiamo partorite dalla fucina di ID@Xbox sulle quali potremo mettere le mani nei prossimi mesi, naturalmente al day one per chiunque possieda una sottoscrizione Game Pass!
ID@Xbox Digital Showcase: tra forze oscure e antichi manieri
The Last Case of Benedict Fox è stato annunciato durante l’Xbox & Bethesda Games Showcase dello scorso giugno, riuscendo a stuzzicare così tanto l’interesse del pubblico da vincere il premio di gioco più desiderato per Xbox alla Gamescom di fine agosto. Concepito come spunto per una graphic-novel, il gioco è un metroidvania dalle sfumature horror ricco di storia, atmosfera ed intriganti soluzioni artistiche la cui freschezza brilla grazie alla risoluzione nativa in 4K ed ai granitici 60fps con i quali l’avventura prende vita. In quest’ultima vestiamo i panni del titolare Benedict Fox, un detective del paranormale chiamato ad indagare sulle tragiche circostanze che hanno segnato una famiglia nella Boston del 1925, mentre combatte un demone intrappolato nel suo stesso corpo. L’esplorazione del vecchio maniero dove si sono svolti i fatti, il legame con l’entità che abita dentro di noi ci consente di interrogare i defunti all’interno del Limbo, una dimensione distorta dove i loro ricordi prendono forma. Il gameplay riprende gli stilemi classici del genere aggiungendo squisiti tocchi lovecraftiani alle formule con cui gli appassionati sono più in confidenza, costringendoci ad esempio a scassinare serrature che prendono la forma delle fauci di esseri mostruosi. Platform, enigmi e abilità da incrementare in modi originali completano un pacchetto che garantirà diverse ore di coinvolgimento. Inoltre, lo stile estetico richiama in un certo qual modo le produzioni animate di Tim Burton e la palette cromatica si adatta a seconda degli scenari, che siano ambientati nel mondo reale oppure nel bizzarro Limbo.
Bartłomiej Lesiakowski, direttore creativo di Plot Twist, lo studio polacco al lavoro su The Last Case of Benedict Fox formato da una ensemble di giovani talenti e rinomati veterani del settore, ha ribadito la forte influenza che i racconti di Lovecraft hanno esercitato sulla modellazione del titolo, al pari dei film noir degli anni ‘40 e ‘50, della musica jazz degli anni ‘20 e della classica tragedia greca come struttura narrativa. Il fattore investigativo avrà una certa preponderanza sulle azioni del nostro alter ego, un detective “autoproclamato” come Lesiakowski ha tenuto a specificare, dettaglio che potrebbe avere delle implicazioni non da poco circa il suo coinvolgimento, anche se buona parte degli enigmi da risolvere saranno di impostazione “metroidvaniesca”. La presentazione visiva è un elemento sul quale il team ha riversato una cura particolare, perché la loro intenzione è stata da sempre quella di narrare una storia a tinte fosche con uno stile vivace e accattivante, un contrasto mirato a creare una dicotomia stridente agli occhi dei giocatori che, di contro, dovrebbe riuscire a coinvolgerli ancora di più. Per finire, l’attenzione di quest’ultimo viene mantenuta sempre attiva grazie all’equilibrio tra le varie fasi che costituiscono il ciclo di gioco, ossia esplorazione, combattimento e risoluzione di puzzle di varia natura, regalandoci qualcosa di nuovo ad ogni passo fino a mettere insieme tutti i pezzi legati al caso. The Last Case of Benedict Fox uscirà il 27 aprile su PC e Xbox Series X|S, ma potete già farvi un’idea della bontà del lavoro svolto da Plot Twist scaricando la demo disponibile per tutta la durata dell’attuale Steam Next Fest, dal 6 al 13 febbraio.
ID@Xbox Digital Showcase: nello spazio, nessuno può sentirti clonare
A differenza della struttura roguelike del suo predecessore, EverSpace 2 è uno sparatutto spaziale open world condito da classici elementi RPG e progressione permanente, con particolare enfasi posta sul maggior quantitativo di navi disponibili ed una narrazione notevolmente migliorata. Ambientato in un mondo aperto e persistente, il titolo viene guidato da un’avvincente storia fantascientifica che riprende gli eventi successivi al primo EverSpace, ampliando come già detto il parco veicoli grazie ad un sistema basato su svariate classi con decine di modelli e la possibilità di personalizzare quello che controlleremo in base al nostro stile di gioco con armi, rivestimenti ed attrezzature in perfetto approccio ruolistico, pur senza rinnegare la frenetica azione fatta di duelli nello spazio infinito che hanno caratterizzato così bene l’originale. La storia è incentrata sull’unico clone di Adam Roslin sopravvissuto al precedente episodio, in fuga dalle autorità coloniali dopo che queste ultime hanno bandito lo scellerato progetto del suo creatore. Sperimenteremo dunque in prima persona il viaggio di Adam mentre apprende cosa significa passare da un clone con vite illimitate, ma con ricordi persistenti, ad una singola e potenzialmente effimera esistenza, tale per cui la ricerca del significato della vita assume di colpo un’importanza inaspettata. Intrecceremo relazioni significative con altri compagni di avventura, scoprendo poco a poco che vivere è un’esperienza significativa solo se esiste anche qualcosa per cui vale la pena morire. Il destino, tuttavia, ha grandi progetti in serbo per noi, e presto ci insegnerà cosa significa evolversi da semplice clone sacrificabile a persona reale.
Al termine del corposo filmato che evidenzia gli aspetti dell’ultimo aggiornamento di EverSpace 2, poiché quest’ultimo è disponibile già da un paio d’anni in accesso anticipato su Steam, ci siamo intrattenuti un po’ con Michael Schade, CEO della teutonica ROCKFISH Games, che ha annunciato l’imminente rilascio della versione 1.0 su PC (ma senza fornire una data effettiva), con quella Xbox Series X|S a seguire nei mesi estivi. Più che un sequel vero e proprio, il co-fondatore dello studio ha confessato che questo secondo capitolo in realtà rappresenta ciò che avrebbero voluto realizzare fin dal principio, ma che il budget limitato e le risorse a disposizione non hanno permesso loro di concretizzare. Inoltre, il periodo di early access è stato per loro davvero prezioso, dal momento che molte delle feature e delle migliorie apportate per raggiungere la versione attuale sono merito del costante feedback degli utenti, in base al quale è stato possibile rifinire certi aspetti che la sensibilità degli sviluppatori, troppo “coinvolti” sulle attività quotidiane collegate al progetto, non sarebbe altrimenti riuscita a cogliere. Schade ha infine rimarcato come il prequel sia importante da provare per comprendere appieno tutte le sfumature del viaggio di Adam, ma che comunque il secondo episodio si occuperà di colmare ogni eventuale lacuna con spiegazioni contestualizzate per consentire anche a chi si avvicina per la prima volta al suo universo di non perdere nessun passaggio importante. La decisione spetta quindi al giocatore, ma di certo l’esperienza di EverSpace, per quanto diversa dal suo diretto discendente, non potrà che arricchire il microcosmo narrativo intessuto da ROCKFISH Games.
ID@Xbox Digital Showcase: una ragazza e il suo blob
Nell’adorabile Planet of Lana, opera prima degli svedesi Wishfully Studios, seguiamo le vicende della protagonista, Lana per l’appunto, che si imbarca in una pericolosa missione per salvare la sorella da un esercito di robot invasori. Uno degli aspetti che saltano subito all’occhio consiste nel fatto che, sebbene l’ambientazione sia simile alla Terra, vi sono diversi tocchi che la rendono decisamente aliena. Lo splendido stile estetico non utilizza quasi nessuna post-elaborazione per la resa parallattica dei fondali, che sono invece composti da molteplici strati disegnati a mano, con quelli più vicini che non lesinano sui dettagli mentre gli incantevoli sfondi pieni di vaporose nuvole e fitte mangrovie utilizzano pennellate più ampie e spesse, invece di affidarsi ad artifici visivi come la profondità di campo. All’inizio della sua avventura, la ragazza incontra una piccola creatura nera come l’inchiostro, chiamata Mui, parte di un pantheon di specie indigene del pianeta. Dopo aver condiviso le prime, pericolose esperienze insieme, i due formano un legame quasi simbiotico e Lana impara il modo giusto per comunicare con il suo compagno utilizzando un linguaggio che i ragazzi di Wishfully hanno inventato completamente da zero. I controlli sono semplici e intuitivi, come ci si aspetterebbe da un’avventura bidimensionale a scorrimento laterale, con Lana che salta e si arrampica tra le piattaforme e Mui che la segue docile come un cucciolo. Le interazioni con quest’ultimo spaziano da semplici comandi per indicargli la direzione da prendere o il punto in cui fermarsi ad azioni un po’ più complesse come l’impiego di alcune delle sue capacità più “animalesche”, ad esempio per rosicchiare punti specifici dello scenario. Inoltre, dovremo prestare attenzione alla sua incolumità poiché buona parte della fauna locale lo percepisce come un piccolo e grazioso spuntino, e spetterà quindi a noi evitargli una fine prematura anche se, a volte, dovremo impiegarlo come inconsapevole esca per manipolare i movimenti di certe creature.
L’incontro con Adam Stjärnljus, direttore creativo e co-responsabile dello studio, ha lasciato trapelare la grande passione del suo team nei confronti delle acclamatissime produzioni di Playdead, ovvero Limbo e Inside, il cui ascendente è percepibile dalla basilare struttura ludica di Planet of Lana. Adam non nasconde nemmeno l’impatto che altri grandi capostipiti del genere come Another World, Flashback e Oddworld: Abe’s Oddysee, parte dei cosiddetti “platform cinematografici”, hanno avuto sulla sua visione creativa, come pure la volontà di ricreare il medesimo senso di meraviglia trasmesso dai grandi classici dello Studio Ghibli, in particolar modo da La Città Incantata in cui la piccola Chihiro si trova catapultata, suo malgrado, in un mondo per molti versi “alieno” del quale deve apprendere in fretta le regole nel tentativo di tornare alla realtà. Il concept del gioco è partito da una serie di illustrazioni che lui stesso ha realizzato nel tempo libero, specificamente relative all’aspetto del piccolo Mui a metà fra un cane e un gatto con un pizzico, aggiungerei, degli esserini di fuliggine che compaiono ne Il Mio Vicino Totoro. L’aspetto fiabesco dei primi livelli non dovrebbe poi trarre in inganno, poiché quello che ci è stato promesso è un racconto articolato dalle numerose sfaccettature, il cui tono andrà incupendosi man mano che ci addentreremo nelle viscere e nei segreti del pianeta e si rivelerà costellato di risvolti inattesi non sempre piacevoli. Il comparto artistico, le atmosfere evocative e la caratterizzazione di Lana e di Mui restano senza dubbio i punti di forza di Planet of Lana, nonché fra i motivi principali per tenerlo d’occhio quando raggiungerà gli scaffali degli store digitali per PC e console nella primavera di quest’anno.
ID@Xbox Digital Showcase: robottoni da agronomia
I giochi di simulazione incentrati sull’agricoltura hanno registrato una repentina impennata di popolarità negli ultimi anni, e il loro successo non sembra destinato a scemare nell’immediato, o almeno di questo sembrano convinti i tre ambiziosi programmatori che hanno fondato la software house FRAME BREAK subito dopo essersi laureati all’Università di Skövde, in Svezia. Tuttavia, le premesse di Lightyear Frontier sono leggermente diverse da quelle di un qualsiasi Farming Simulator, giacché al posto di un trattore ci mettono ai comandi di un gigantesco mech trasformabile capace di adempiere alle più disparate operazioni di coltura su un pianeta simile ma al contempo decisamente lontano dalla Terra. Invece di chinarci sulle singole piantine ed annaffiarle una per una, l’esoscheletro da campagna può irrorare una vasta area in un colpo solo. Anziché scavare singole buche per ogni seme, è possibile piantare interi lotti di germogli con un singolo gesto del braccio meccanico. Lightyear Frontier non è sinonimo di ozio, e tutte le meccaniche implementate hanno lo scopo di vivacizzare il classico gameplay loop del genere, consentendoci anche di compiere più azioni contemporaneamente. Altre mansioni quali la raccolta di materiali e la mietitura sono semplici ed intuitive, nonché in parte automatizzate: ad esempio, siamo in grado di sparare un piccolo trapano guidato che estrae risorse da qualunque oggetto riesca a perforare, mentre noi ci dedichiamo a compiti differenti contemplando il bucolico scenario che sembra tratto da un lungometraggio della Disney. Il team vuole chiaramente rendere il proprio gioco liberamente accessibile, malleabile e poco restrittivo: non vuole frustrare l’aspirante contadino galattico bloccandolo nell’esecuzione di un’attività specifica, come innaffiare o scavare, e nemmeno lasciare che si annoi malgrado la natura intrinsecamente ripetitiva di questi simulatori. In un’epoca in cui i simulatori di vita come Animal Crossing e Disney Dreamlight Valley sono pieni di restrizioni, Lightyear Frontier si pone l’obiettivo di ignorare tali tendenze ed offrirci la facoltà di gestire la nostra fattoria extraterrestre come meglio ci aggrada, all’interno della sua splendida e sterminata ambientazione sandbox.
Il CEO di FRAME BREAK, Joakim Hedström, ci accoglie spiegando come, nell’arco di quattro anni, la loro piccola società si è ampliata fino a coinvolgere 14 giovani professionisti nello staff, un numero che consente a ciascuno dei membri di dire la propria su ogni singolo aspetto del gioco, indipendentemente dal ruolo che ricoprono sull’organigramma. Lightyear Frontier è nato dalla voglia di introdurre un concept innovativo nel panorama dei simulatori agricoli, ed il primo elemento approvato all’unanimità fu l’aggiunta di un gigantesco robot in sostituzione dei classici mezzi agricoli, oltre ovviamente al contesto alieno per giustificarne in parte la presenza. Il mondo inesplorato presenta inoltre l’opportunità di seguire una linea narrativa parallela alla gestione della fattoria spaziale, considerata la presenza di numerose rovine e artefatti di origine sconosciuta, ma sicuramente non naturale, che ci aiuteranno a ricostruire il passato del corpo celeste senza tuttavia porre alcun tipo di pressione. Da segnalare anche la presenza di missioni secondarie opzionali, delle quali potremo farci carico conversando con i fattori di stanza su altri pianeti. In termini di giocabilità, il nostro possente mech svolge la maggior parte delle sue funzioni utilizzando le “armi” montate sulle braccia, mediante le quali potremo “sparare” sementi, getti d’acqua, sonde di rilevazione e le succitate trivelle per rastrellare materiali, in un’allegoria volutamente ricercata delle tipiche manovre offensive che di solito ci si aspetta di poter eseguire nei titoli di combattimento fra giganti di metallo. Il 2022 ha rappresentato un anno di forte evoluzione per FRAME BREAK, grazie soprattutto alla partecipazione agli eventi del settore e ad una comunità virtuale in perenne crescita che ha permesso loro di collezionare un gran numero di richieste, commenti e desideri su cosa attendersi dal prodotto finito, la maggior parte dei quali dovrebbero trovare la loro giusta collocazione al momento del lancio o negli aggiornamenti futuri. Il community manager Sebastian Faura ha colto la palla al balzo per dare risalto al grande assortimento di oggetti sia funzionali che cosmetici con cui migliorare la eso-masseria, come pure alla possibilità di fare gruppo con altri mezzadri robotizzati per socializzare ed ottimizzare tutti i processi di raccolta, sempre seguendo i ritmi che abbiamo scelto di adottare. Anche Lightyear Frontier dovrebbe fare capolino prima della prossima estate.