Infinity Strash Dragon Quest The Adventure of Dai Recensione: una trasposizione priva di mordente

Infinity Strash Dragon Quest The Adventure of Dai mark

La saga videoludica di Dragon Quest ha un peso rilevante nell’industria dei giochi di ruolo, soprattutto in terra nipponica, dove il marchio da sempre traina il mercato attraverso le proprie proposte che nel tempo hanno cristallizzato una certa formula ludica, narrativa ed estetica, al fine di restituire sempre un’esperienza ben riconoscibile. La stessa serie, al di là dei capitoli numerati principali che la compongono, sperimenta attraverso i propri spin-off, ed è il caso di Infinity Strash Dragon Quest The Adventure of Dai, un adattamento videoludico dell’omonimo manga e anime, che va ad incasellarsi nella folta schiera degli action rpg. Il titolo sviluppato da Game Studio e Kai Graphics e pubblicato da Square Enix vuole dare l’opportunità ai fan dell’opera di rivivere i momenti salienti del materiale originale pad alla mano, ma questa trasposizione avrà il valore che ci si aspetterebbe? La nostra recensione saprà rispondere a questa domanda.

Infinity Strash Dragon Quest The Adventure of Dai protagonist

Infinity Strash Dragon Quest The Adventure of Dai: l’avventura di un eroe

Infinity Strash Dragon Quest The Adventure of Dai racconta in maniera estremamente fedele la storia dell’omonimo manga e anime (il quale ha ricevuto un ottimo remake nel 2020) e lo fa attraverso una serie di scene di intermezzo, combattimenti e dungeon da esplorare. Dai è un ragazzo orfano che vive su un’isola abitata esclusivamente da mostri, ma che presto diventerà il protagonista di un’avventura che lo porterà a unirsi ad altri personaggi nel tentativo di fermare il ritorno del signore oscuro Hadlar, un demone molto potente che venne sconfitto oltre un decennio prima dal leggendario eroe Avan.

Purtroppo la storia del gioco non copre l’intera trama dell’opera originale, fermandosi a circa metà dell’avventura di Dai, scelta che può far storcere il naso ai più, i quali dopo una gestazione piuttosto lunga del progetto potevano sperare di avere per le mani un titolo completo dal punto di vista narrativo. La scelta poi di narrare le vicende attraverso delle immagini statiche tratte dalla serie animata per le scene di intermezzo contribuisce in negativo al comparto, dove solo alcune sequenze sono state ricreate con il motore di gioco, mettendo in luce i bassi valori produttivi del titolo, che si concretizzano soprattutto nel gameplay. Infinity Strash Dragon Quest The Adventure of Dai è un action-RPG, quindi non un titolo con combattimenti a turni come i capitoli principali della saga, e sebbene non è la prima volta che un Dragon Quest abbandona i turni in favore della dinamicità, il risultato in questione non è esattamente idilliaco.

Infinity Strash Dragon Quest The Adventure of Dai combat

Il sistema di gameplay del titolo è molto semplice: si possono effettuare attacchi in combo brevi e utilizzare abilità o magie assegnate preventivamente, alternando mosse speciali uniche per personaggio e colpi di grazia dalla forza possente. Non manca la possibilità di schivare e parare, dove con il giusto tempismo si possono anche infliggere danni alle difese avversarie dei nemici più coriacei per renderli vulnerabili per un breve periodo, riprendendo la meccanica dello stagger dai giochi Square Enix di stampo action più recenti. Vi è la possibilità di passare da un personaggio all’altro, dove il party di protagonisti risulta ben variegato e con una propria identità anche in termini ludici, soprassedendo sul discorso bilanciamento, ma tuttavia il gameplay vero e proprio pad alla mano risulta piuttosto legnoso e davvero poco avvincente, mancante di dinamismo, profondità e feedback dei colpi negli scontri, incastrato in un dungeon design davvero troppo banale e ripetitivo contenuto in una struttura a capitoli che rafforza la linearità del progetto, dove gli eventi vengono divisi in tre tipi: Story quests, dove si svolge narrativa e combattimento, Free quests, dove si assembla il party per delle battaglie e Adventure quests, dove vi sono solo scene narrative. Un peccato che il senso di avventura dato dalla serie Dragon Quest ma anche dal manga stesso venga meno, laddove una direzione più di ampio respiro avrebbe giovato non poco all’adattamento, che può essere portato a termine in circa quindici ore dedicandosi solo alla storia, senza volersi soffermare sulla Challenge Mode che rappresenta sostanzialmente una sorta di new game plus.

I personaggi possono salire di livello, incrementando le quattro statistiche presenti, ovvero attacco, difesa, punti salute e magia, ma oltre a ciò, intervengono i Bond Memories, ovvero frammenti di memorie tratte dagli eventi del manga che possono essere equipaggiati e migliorati, capaci di conferire ai personaggi statistiche aumentate. Queste memorie possono essere collezionate non solo attraverso la progressione, ma anche e soprattutto grazie al Temple of Recollection, un luogo che devia dalla storia principale in cui affrontare una serie di sfide a difficoltà crescente che offriranno ricompense sempre più rare e qualche sorpresa. Grazie alle risorse ottenute sarà possibile potenziare abilità e i Bond Memories; quindi se si incontrano delle difficoltà durante la storia principale è bene dedicarsi al farming in questo particolare luogo per ottenere dei potenziamenti utili alla crescita del party.

Infinity Strash Dragon Quest The Adventure of Dai scene

Trasposizione low budget e sviluppo travagliato

Sebbene dal punto di vista grafico Infinity Strash Dragon Quest The Adventure of Dai non brilli per dettaglio, la direzione artistica, i modelli 3D e le animazioni riescono a spiccare decisamente. Data anche la scarsa richiesta di risorse in fatto di grafica, ne beneficia la fluidità, dove la versione PS5 da noi testata non ha mai avuto problemi di sorta, attestandosi sempre sui 60 fps. Il vero nemico della produzione risulta essere la telecamera, fallimentare in più occasioni e che non dà la possibilità di agganciare i singoli nemici più deboli, ma solo quelli più grandi, andando a scontrarsi con il gameplay particolarmente ingessato che abbiamo citato e con un level design degno delle produzioni più antiquate e meno ispirate di sempre. Ne consegue una gestione degli scontri piuttosto confusa e imprecisa, che lascia spazio al colore vivace e al carattere estetico tipico del franchise di appartenenza, una garanzia dal punto di vista visivo.

La pecca più grande però, risulta la mancanza di un adattamento in italiano, dove chi non mastica inglese potrebbe precludersi i dialoghi narrativi e i testi scritti. Scelta che non comprendiamo totalmente, anche se vanno considerati in primis il budget della produzione che non sembra aver giovato di particolari investimenti, uno sviluppo travagliato con cambi di direzione annessi a contornare il titolo e un appeal generale dell’opera di Dai che in occidente non ha mai spiccato sulla scena. Nota di merito per la colonna sonora, che riprende quella dell’anime azzeccando i momenti gioco, dai menù fino alle battaglie. Proprio i menù con le proprie interfacce risultano accattivanti e particolarmente curati, sintomo che dal punto di vista artistico ed estetico è stato svolto decisamente un buon lavoro. Menzione positiva anche per i doppiaggi in lingua inglese e giapponese, selezionabili in base alla propria preferenza.

Piattaforme: PlayStation 5, PlayStation 4, Xbox Series X/S, Nintendo Switch, PC

Sviluppatore: Square Enix, Kai Graphics, Game Studio

Publisher: Square Enix

Infinity Strash Dragon Quest The Adventure of Dai non è esattamente il tributo che l’opera principale si meritava. La gestazione dello sviluppo e il suo budget ridotto si sentono tutti, e il prezzo di vendita non invita di certo chiunque a buttarsi in quella che è un’avventura ludica mirata quasi esclusivamente ai fan del relativo manga e serie animata. Solo il vero fan può soprassedere alle problematiche più evidenti del progetto di Square Enix e godersi comunque un titolo fedele, semplice, colorato e che fa comunque il suo anche se in maniera decisamente compassata, ma chiunque non sia un discepolo di Avan farebbe bene a guardarsi bene da quella che è, a tutti gli effetti, un’operazione pigra e piagata da diverse imperfezioni che non permettono al titolo di essere ricordato come un buon action RPG nel nome di Dragon Quest.

Mirko è un appassionato di videogiochi sin dalla tenera età di 3 anni. Ama alla follia i platform 3D e i GDR, ma è un giocatore a tutto tondo. Grazie a una PlayStation e a un Mega Drive, il mondo per lui si è fatto dinamico fin da subito grazie a un irriverente marsupiale arancione e a un velocissimo porcospino blu. Cresciuto credendo che il cuore sia la propria chiave guida, ritiene che il videogioco sia la quintessenza dell’intrattenimento e materia dall’alto potenziale costruttivo.