In occasione della tre giorni di Milan Games Week, tra i vari ospiti speciali e star del mondo dei videogames, c’è anche Patrice Désilets, fondatore dello studio Panache Digital Games e direttore creativo degli esordi della saga targata Ubisoft, Assassin’s Creed. Abbiamo avuto l’onore di poterlo intervistare durante la seconda giornata della più importante manifestazione italiana a tema videoludico, chiedendogli rigorosamente se preferisse farsi intervistare in lingua inglese o francese (e ricevendo anche i suoi personali complimenti per la nostra intervista in francese e per le domande postegli!). Sena indugiare ulteriormente, vi lasciamo alla nostra intervista in versione integrale qui sotto con Patrice Désilets.
D-Panache Digital Games è nato nel 2014, e ci stiamo dunque avvicinando al suo decimo anniversario. Ci potresti fare un bilancio personale dell’azienda che hai aperto dieci anni fa?
R-Sì, Panache sta per festeggiare dieci anni il prossimo anno, e questo evento mi tocca molto perché abbiamo iniziato solo in due a lavorare per questa realtà. Inizialmente mi trovavo con quattro o cinque amici a giocare tutti insieme il martedì sera, e all’epoca mio zio è stato il primissimo a credere davvero in questa realtà e a fare sì che anche i miei amici potessero essere coinvolti in questa avventura. Così ci siamo ritrovati a lavorare ai diversi episodi di Ancestors: The Humankind Odyssey (qui la nostra recensione), e man mano che ci lavoravamo siamo sempre più cresciuti, fino a diventare in 35 membri alla fine di Ancestors. Adesso stiamo lavorando al secondo capitolo di Ancestors, ma avevamo cominciato già durante la pandemia di Covid-19 del 2020, ed è stato molto difficile. Sentirsi da remoto non è stato facile, lavorare anche da soli con nessuno intorno a sé. Ora siamo in 60, abbiamo aperto un nuovo studio e siamo tornati a lavorare insieme. Siamo sempre a Monréal, abbiamo aperto questo nuovo luogo che considero il mio “atélier”, a soli cinque minuti da casa mia. Attualmente il lavoro sta andando bene, e vorrei tornare qui a Milano con un vero e proprio gioco presto.
D-Parlando del passato, sei stato creative director di tre titoli importanti della saga di Assassin’s Creed: AC, AC II e AC: Brotherhood. Quale di questi titoli ha maggiore significato per te, e quali le lezioni imparate dai lavori di quel tempo?
R-Una storia durata sette anni, quella tra me e Assassin’s Creed. Solo il primo titolo ha preso quattro anni di lavoro, con la creazione delle prime animazioni e i combattimenti classici, andando a determinare tutte le animazioni e i movimenti tipici dei personaggi della saga. Soprattutto, la grande domanda che ci siamo posti con il primo AC è stato come realizzare un titolo open world, con un personaggio forte e con tutte le missioni. Ezio (Auditore, ndr) è stato un personaggio importante e fondamentale da realizzare, doveva stabilire la cifra del franchise e che doveva imparare a sua volta a diventare un assassino, così come doveva mostrare l’evoluzione stessa del personaggio, attraverso i titoli successivi. Creare le animazioni e ricreare determinati periodi storici è stato molto interessante e sfidante, per me personalmente. Legato poi alla saga ho un aneddoto molto carino che ricordo: l’anno scorso abbiamo festeggiato i quindici anni del primo Assassin’s Creed ritrovandoci tutti insieme a Montréal. Eravamo un team molto unito, ed eravamo coloro che erano riusciti a realizzare il primo titolo, l’inizio della saga.
D- Qual è l’origine della scelta del nome Panache per il tuo studio?
R- Ero nello chalet di un mio amico e si andava a caccia sempre in compagnia. Un mio compagno mi diceva sempre che per avere successo nella caccia bisogna “avoir du panache” (avere della panache, del brio) e in québecois, nel dialetto francese del Québec, “panache” significa “dovere” e avere del “panache” è un’espressione per dire che si fanno le cose in maniera spettacolare ed elegante, con sfarzo. Allora, quando dovevo scegliere il nome dello studio, non solo ho pensato a Panache, ma ho anche collegato il fatto che Panache Digital abbia le stesse iniziali del mio nome e cognome, così come ho scelto come logo le corna dei cervi di quando si andava a caccia. Tutto è stato collegato. C’è un legame personale molto forte.
D-Quali sono le ragioni per cui hai voluto creare una casa di produzione o sviluppo, da controllare, abbandonando così il franchise?
R-Proprio per aprire una mia realtà dopo la scuola che è stata per me il lavoro su Assassin’s Creed. Non avevo voglia di continuare a lavorare a grandi titoli. Se devo fare un paragone, quando avevo parlato anche con il consiglio direttivo di Ubisoft all’epoca, avevo detto che preferivo lavorare in un luogo che fosse paragonabile a Studio Ghibli, che a Disney Studios, per intenderci.
D-Una riflessione sui titoli a cui hai lavorato finora e più in generale sull’attuale andamento dell’industria videoludica. Cosa ti aspetti dal futuro dell’industria?
R-Non è facile, e non lo è mai stato. Non c’è mai stato successo immediato, bisogna avere del coraggio e della fortuna per creare dei giochi importanti. Faccio videogiochi da 25 anni e posso dire che mi sto divertendo solo da 10 anni. C’è comunque lo stress di dover pensare ai ruoli che si hanno nel privato e nella vita professionale, ma ora non devo più compiacere nessuno. Per quanto riguarda il futuro del settore, ci sarà la guerra per guadagnare sempre più denaro, soprattutto da quando è scoppiata la pandemia e i videogiochi hanno vissuto un boom importante. E se bisogna avere “du panache” per creare dei videogiochi, i tre ingredienti principali sono: evitare le imitazioni, prendere dei rischi e cercare di affermarsi. Ancestors del resto è sullo sviluppo del genere umano, e nessun altro si è affacciato a questo tema. Bisogna guardare ai giochi durevoli, ma il rischio più grande da prendere davvero è l’inizio, trovare un punto di partenza per il proprio gioco. La mia ex fidanzata mi aveva detto che non sarei stato contento, ma ho scelto la felicità con il mio studio.