Doctor Who – Wild Blue Yonder Recensione: soli, ai confini dell’universo!

Doctor Who – Wild Blue Yonder è il secondo fondamentale tassello narrativo del mini ciclo dedicato dalla BBC ai sessanta anni della leggendaria saga fantascientifica, che è stato appena rilasciato ed è visibile, a livello internazionale, sul canale tematico DISNEY+, che figura anche tra i produttori della terza e nuova serie principale, denominata Doctor Who: Modern. I tre speciali, come dichiarato dallo stesso Russel T Davies, veterano showrunner del franchise, costituiscono una sorta di ponte tra il vecchio ed il nuovo, e sono appunto denominati The Bridge, in attesa dell’arrivo del Quindicesimo Dottore, che di fatto sarà protagonista appunto della prima stagione del nuovo corso. La serie, non si spaventino i fan di vecchia e vecchissima data, di fatto è sempre la stessa, ma si rigenera ancora una volta, come del resto il suo protagonista, per conquistare anche le attuali generazioni. Uno speciale davvero vecchio stile, scritto e diretto in maniera sublime, ricco di citazioni, sia interne, che, a ulteriore sorpresa, anche di un grande classico cinematografico statunitense, come scopriremo durante la sua visione. Il secondo passo sul ponte propone un episodio di fantascienza a tema spaziale decisamente intrigante, con due soli protagonisti, che lottano contro i loro doppi alieni malvagi, capaci del resto, come sappiamo, di reggere da soli la scena. Preparate dunque i pop-corn, ma, per sicurezza, evitate di preparare il caffè durante la visione.

Doctor Who - Wild Blue Yonder

Doctor Who – Wild Blue Yonder, un altro appassionante passo sul ponte tra il passato ed il futuro

Nel precedente Primo Speciale per i Sessanta Anni, che abbiamo recensito qui, la più britannica delle companion accetta di compiere un nostalgico ultimo viaggio assieme al suo migliore amico alieno, tornato dal passato. Eravamo rimasti a quel piccolo (ma divertente per gli spettatori) incidente, per cui i circuiti del TARDIS impazziscono per una disattenzione di Donna Noble, che, insieme all’inossidabile Dottore, si trovano catapultatati chissà dove, potendo finire ovunque nel tempo e nello spazio! Il geniale e beffardo Russel T Davies giàsi diverte a prendere in giro gli spettatori con un teaser d’episodio fuorviante, in cui i protagonisti incontrano un personaggio storico che, meglio sicuramente di tutti gli altri, potrebbe capire la “gravità” della situazione, salvo poi virare all’improvviso verso qualcosa di completamente diverso. Non si tratta infatti del classico episodio di tipologia storico didascalica di antica memoria, come i tantissimi già visti negli anni sessanta in Doctor Who: Classic, fin dai primissimi episodi con l’iconico e scorbutico William Hartnell. A sorpresa, infatti, il Secondo Speciale per i Sessanta Anni, intitolato Doctor Who – Wild Blue Yonder, diventa una storia sci-fi decisamente tradizionale, che porta i nostri viaggiatori su una misteriosa astronave, bloccata, per qualche motivo, ai confini dell’universo stesso, nel vuoto cosmico, in un punto che, persino il Dottore, riconosce come mai visitato prima. Soli, nel nulla assoluta, dove ancora non esistono nemmeno stelle, pianeti e corpi celesti di alcun tipo, ed in cui il Big Bang non è ancora arrivato. La situazione, ammettiamolo, è leggermente pericolosa, soprattutto perché il TARDIS ha intuito una presenza ostile di natura non chiara, ed ha quindi deciso di togliere le tende per sicurezza, durane le riparazioni, lasciando il Dottore e Donna in una situazione di solitudine assoluta, ad esplorare la gigantesca nave spaziale, totalmente deserta, in cerca di informazioni su cosa stia succedendo e, soprattutto, un modo per riuscire a tornare indietro. Durante l’indagine, due misterioso doppioni, simili in qualche modo ai tradizionali doppelgänger, appaiono all’improvviso, rivelandosi gradualmente.

doppelgänger nel Doctor Who

All’appassionante sceneggiatura di Russel T Davies si unisce la sapiente regia di Tom Kingsley, un nuovo ed ottimo acquisto per la saga, in cui debutta proprio quest’anno, e che ricordiamo per aver diretto alcune produzioni televisive britanniche, diviso tra Channel 4 con Stath Lets Flats del 2018 e BBC, dove ha lavorato su Pls Like del 2017 e Ghosts del 2019. Il regista ha all’attivo anche un paio di film, tra cui spicca la commedia nera The Darkest Universe del 2016. Doctor Who – Wild Blue Yonder è costruito in maniera magnifica, come un classico episodio ambientato nello spazio, su una astronave soprattutto, che ha il suo punto di forza in una atmosfera non solo claustrofobica e misteriosa, ma che soprattutto riprende un tema davvero caro alla fantascienza di tipo hard sci-fi, ovvero la paura pura dell’alieno, cosa che, in una saga come Doctor Who potrebbe apparire bizzarra, ma che ha completamente senso nella trama. Paura, Claustrofobia, Solitudine, Dubbio, Immobilità, Impotenza, Terrore di se stessi, Identità non chiare, dove ognuno potrebbe non essere quello che dice di essere. Dove abbiamo sentito già queste tematiche? I più esperti diranno subito un nome, ovvero LA COSA di John Carpenter, film cult, fanta horror del 1982, che altro non era se non il remake moderno di un grande classico degli anni cinquanta in bianco e nero, ovvero La Cosa da un altro mondo, diretto da Christian Nyby, con la collaborazione di Howard Hawks. Certo, ribadiranno ulteriormente gli stessi esperti, le similitudini ci sono, specie nelle atmosfere e nell’interazione tra i personaggi, dove ognuno cerca di capire, per tutta la durata dello speciale, chi sia il vero e chi il falso, nonostante entrambe le pellicole siano però ambientate sul Pianeta Terra, in uno splendido e claustrofobico contesto polare di una base di ricerca sperduta tra i ghiacci, che, ammettiamolo, ha diverse similitudini con la misteriosa astronave. Un robot operaio con cui interagire, che non solo non interagisce, ma si muove nei suoi compiti di manutenzione in maniera sospettosamente lenta. Cosa vorrà dire? Quale grande mistero c’è a bordo del veicolo spaziale così grande eppure piccolo e spaventoso al tempo stesso?

Doctor Who - Wild Blue Yonder - Robottino leeeeento

Una recitazione al di sopra dei pur già alti livelli della serie, che ha qualcosa di quasi teatrale in alcuni momenti, mentre i personaggi basano sul dialogo e sul ragionamento l’intera scena. Ebbene, se Doctor Who dovesse arrivare anche a teatro, forse l’unico medium ancora vergine dalla sua esplosione crossmediale, questo sarebbe l’episodio perfetto. La citazione dell’atmosfera carpenteriana, che inizialmente è solo una suggestione, quasi un déjà vu per chi è cresciuto a pane e fantascienza, si concretizza anche con una ulteriore citazione fisica, in cui il “falso” Dottore ricorda appunto la creatura informe e disarticolata così ben descritta nel racconto originale del 1938 scritto da John W. Campbell che ha ispirato i due film. Russel T Davies, lo sappiamo del resto, non è diventato showrunner di Doctor Who: Revival nel 2005 perché passava per caso negli studi BBC, pressati dalle continue telefonate della Regina Elisabetta II, che voleva rivedere assolutamente la sua serie preferita assieme all’ancor giovane Principe Carlo, come raccontano le leggende urbane, ma che la presenza di un entusiasta Carlo sui set del revival paiono confermare. All’epoca RTD è stato scelto, tra i tanti motivi, perché è un autore appassionato di fantascienza, coltissimo in materia e grande cultore del genere. Un episodio davvero “speciale”, questo Speciale, tutto basato sulla dicotomia tra vero e falso, e tra lentezza e velocità.

Doctor Who - Wild Blue Yonder - bocca aliena

Ogni Dottore è a suo modo speciale, in mille anni (o forse molti di più) non abbiamo mai conosciuto nessuno che non fosse speciale.

Citazioni cinematografiche colte quindi, ma anche citazioni interne della saga stessa, come dicevamo nel cappello della recensione. Si, se infatti il precedente speciale ci ha deliziati con il ritorno di Beep The Meep, personaggio poco noto in Italia, di cui però recentemente Panini U.K. sta recentemente ristampando le originali avventure fumettistiche degli anni ottanta, e che è diventato di culto in patria grazie anche alla presenza dei famosi Doctor Who: Audio Drama, ovvero le avventure “alternative” (a volte canoniche altre no) del Dottore narrate a voce in appositi formati audiofonici, come audiocassette come quelli realizzati da Big Finish Productions, stavolta si va a parare su lidi decisamente più recenti. Durante i lunghi ed appassionanti dialoghi, che fanno letteralmente volare il tempo durante la visione, al punto che, una volta finito in molti penseranno di aver visto un episodio breve da una ventina di minuti, salvo poi verificare il minutaggio tradizionale, si mettono a nudo i ricordi di Donna, con assurde storie del suo passato, ricche di comicità e momenti ironici alla RTD, ma soprattutto quelli del Dottore stesso. Durante questi momenti ci sono due importanti riferimenti proprio all’appena pensionata era precedente, ovvero il controverso lavoro di Christopher Antony Chibnall, ed in particolare riferiti alla stagione tredicesima, FLUX, da noi perduta, ed alla precedente, proprio quella tanto criticata con la timeline denominata The Timeless Child. Ebbene, questi due momenti tendono a riabilitare completamente il lavoro del bistrattato “collega”, fugando i tanti dubbi che volevano addirittura la BBC indecisa se rendere canonici o meno questi due precisi momenti della saga. Un rumor che girava in maniera incontrollata nella fanbase. Temi forti, certo, come la responsabilità della distruzione di metà universo in FLUX, e della menzogna delle stesse origini gallyfreyane del Dottore, che altro non sarebbe che una misteriosa “bambina senza tempo”, proveniente dallo spazio profondo, che moltissime vite ha già vissuto ben prima del Primo Dottore, ogni volta perdendone la memoria tramite cancellazione da parte dei Signori del Tempo, che proprio da lei imparano l’arte della rigenerazione.

Doctor Who - Wild Blue Yonder - Bernard Cribbins

Chris Chibnall ha sofferto molto per il confronto con due giganti della scrittura, Russel T Davies e Steven Moffat, in un confronto ingiusto alla “Mozart vs Salieri”, ma ha avuto il coraggio di osare, narrando qualcosa di completamente nuovo, che sfida apertamente il canone ormai consolidato in oltre cinquanta anni di storie precedenti. Nonostante la bocciatura di critica e pubblico, il suo lavoro andrebbe rivalutato e visto in un’ottica più ampia, dove il TARDIS è una vera metafora della narrazione, che può davvero viaggiare ovunque, nello spazio e nel tempo. Le citazioni volute da RTD dei due momenti della vita del Dottore così controversi riabilitano in parte le sue scelte. Ricordandoci che, per mere questioni di ascolti, in Italia soprattutto, abbiamo perso il meglio dell’Era Chibnall. Già il periodo del War Doctor, interpretato dall’indimenticabile John Hurt, era un fardello troppo grande da portare, a cui si aggiungono questi ulteriori macigni. Eppure la vita è così, fatta di momenti, di errori, di rimpianti, di verità troppo spaventose da dire ad alta voce. Una grande prova attoriale per la collaudata coppia David Tennant e Chaterine Tate, a cui si unisce la breve presenza di Bernard Cribbins, velata di malinconia, poiché si tratta della sua ultima apparizione della serie, i cui set sono stati realizzati prima della sua recente scomparsa, di cui abbiamo parlato in questa pagina. Appuntamento quindi al 9 dicembre, in esclusiva italiana su DISNEY+, che trovate qui, con la conclusione della trilogia commemorativa denominata The Bridge, ovvero Doctor Who: The Giggle in cui il Dottore vedrà arrivare un nuovo volto, come già anticipato dalla BBC.

Doctor Who – Wild Blue Yonder è lo speciale di mezzo nella splendida trilogia The Bridge che fa appunto da ponte tra l’ormai vecchia serie Doctor Who: Revival del 2005 e l’imminente Doctor Who: Modern che tutti aspettano con ansia. Ancora una volta Russel T Davies riesce a stupirci, dimostrandosi un vero maestro della narrazione fantascientifica. Un episodio ricco di citazioni interne della saga, soprattutto dei recenti momenti controversi, oltre che di un grande classico del cinema statunitense. Il Dottore e Donna sono soli ai confini del nulla, dove l’universo non è ancora arrivato, pronti a lottare contro un nemico impossibile, se stessi. Tutti a bordo del TARDIS al grido di Allons-y!

 

Super Fabio Bros, al secolo Fabio D'Anna (ma non diteglielo: ancora soffre perché Facebook lo ha costretto a usare il suo vero nome), è un collezionista leggendario di videogiochi nonché super esperto di retrogaming. Ha organizzato due edizioni della mostra ARCHEOLUDICA ed è Responsabile della Collezione al museo VIGAMUS, ha collaborato con i portali specializzati Games Collection e Retrogaming History. Adora Super Mario, Pac-Man e le sue adorabili cagnoline. L'obiettivo finale della sua vita è possedere tutti e 2047 i modelli di PONG esistenti. Attualmente è a quota 69.... quindi augurategli lunga vita e prosperità.