Rebel Moon

Rebel Moon Parte 1 Figlia del fuoco Recensione: la Galassia “lontana lontana” di Zack Snyder?

Zack Snyder ci porta nel suo nuovo universo narrativo da space opera col primo episodio di Rebel Moon.

Zack Snyder ci porta nel suo nuovo universo narrativo da space opera col primo episodio di Rebel Moon.

Rebel Moon non è lo Star Wars di Zack Snyder. Il visionario regista americano noto per aver contribuito al successo degli eroi DC comics al cinema, manipola, prende, raffina e gioca con i classici del fumetto e del cinema, lo fece, ad esempio con Watchman (2009) e con il remake de L’alba dei morti viventi (2004). Come spesso avveniva sulle riviste dedicate negli anni settanta, i sottogeneri di quella che sarebbe diventata la pop cultura attuale si fondevano, horror, sword and sorcery, SciFi diventavano l’unicuum che permetteva al lettore di evadere con la mente. Proprio da una di queste pubblicazioni, principalmente incentrata sul dark fantasy la fantascienza e l’erotica dal titolo Métal Hurlant, Snyder prende spunto per la sua Space Opera: per citare alcuni degli autori presenti su quelle pagine, vi bastino Philippe Druillet, Enki Bilal, Moebius e Milo Manara. Non c’è da stupirsi se nel 2012 Lucasfilm (per giunta già acquisito da Disney da qualche mese) rigettò la bozza e non la prese in considerazione per un possibile progetto legato a Star Wars, si può ipotizzare che una eco probabilmente vive ancora nell’idea che ha portato alle Star Wars Story (come Rogue One del 2016) a cui questo cugino alla lontana vuole comunque assomigliare, ma si tratta di astrazioni senza fondamento. Il filo conduttore è lo stampo, Métal Hurlant con il titolo americano di Heavy Metal, venne tradotto dall’originale francese proprio nel 1977, quando al cinema usciva Star Wars, che avremmo chiamato poi Episodio IV: Una nuova speranza. Come George Lucas anche Snyder dichiara di aver preso ispirazione da Kurosawa da cui Sergio Leone a sua volta aveva “rubato” l’estetica, ripresa in Star Wars, un cerchio senza fine, che definisce un genere, così lontani dalla fine degli anni settanta, su Netflix troviamo il film Rebel Moon- Parte 1: Figlia del Fuoco aspettando la Parte 2 prevista per l’aprile 2024 dal titolo Rebel Moon: The Scargiver . Un operazione coraggiosa, che assomiglia a tutto e non sembra proporre nulla di nuovo quando però ha un potenziale futuro quando pensiamo che scavando nella nostalgia, questo genere troppe volte confuso e ribattezzato come fantascienza in forma di film non vanta tanti esempi post duemila.

Rebel Moon: un dramma dinastico

La famiglia reale è stata assassinata, il re e la regina del Mondo Madre riponevano fiducia nella propria figlia la dolce principessa Issa, la redentrice, colei che avrebbe portato la pace. Senza una guida la guerra infuria, sotto le grida dell’esercito dell’Imperium, questi “space-nazi” lasciano sangue e devastazione dietro di loro. Nella figura del giovane esaltato Ammiraglio Atticus Noble braccio destro del reggente in carica, il tiranno Balisarius, la sua Dreadnought squarcia i cieli e con false promesse e minacce concrete, pretende dai contadini del posto cibo e provviste entro una manciata di giorni. Lascia il pianeta e continua una spietata caccia ai ribelli che organizzano in segreto una rivolta. Atticus non sa che sul pianeta aveva trovato asilo Kora, una donna senza pace, dal passato travagliato, in fuga da se stessa e dal resto dei mondi conosciuti. Con l’ausilio del giovane contadino Gunnar (Michiel Huisman) suo amico fidato i due partono alla ricerca di alleati, seguendo una pista di informazioni in loro possesso per combattere contro gli oppressori al loro ritorno. Sulla loro strada si mette un contrabbandiere, Kai, Charlie Hunnam (un contadino e un contrabbandiere, so cosa state pensando ndr.). Altri tre eroi si uniscono a questa “armata Brancaleone”: il principe selvaggio Tarak connesso alle creature della natura per tradizione, la Cyborg dai tratti orientali, Nemesis che impugna due katane laser e l’ex generale Tituts. Non c’è pace neanche per i robot, Jimmy dei cavalieri meccanici a cui Sir Anthony Hopkins da la voce nell’originale, sembra l’unico a mantenere in equilibrio la propria integrità morale. L’obiettivo dei buoni e dei cattivi è una corsa contro il tempo per trovare i Bloodaxe, fratello e sorella determinati a cambiare le sorti di tutti (qui il pensiero è andato alla ribellione di Zion della saga di Matrix). Ovviamente alcune citazioni sono volute, non solo a Star Wars che Snyder volontariamente vuole talvolta rendere parodia (sarà il risentimento?) ma a tutta una serie di pregressa fantascienza, nei costumi, nella messa in scena, pianeti, alieni, creature, si mescolano in un melting pot di idee già viste ma ancora, non abusate.

Le protagoniste femminili hanno stancato?

Quando si tratta di stereotipi viventi (e lo dico da donna, ndr) purtroppo non c’è niente di più vero. Forte, determinata, disillusa, romantica: un ossimoro vivente, che sembra aver rubato la cappa alla principessa Leia e la T-shirt a Ripley di Alien. Cosa rende Kora credibile? Oltre alla buona performance dell’interprete Sofia Boutella, per rispondere a questa domanda bisogna ancora scomodare Star Wars. Non tutti sanno che, un personaggio in particolare, ha fatto la storia del Legends (così si chiamano le storie non più nel canone della saga) l’assassina, agente dell’Imperatore, poi Jedi e consorte di Luke Skywalker, Mara Jade. Da villain a eroina, inventata dallo scrittore Timothy Zahn la rossa combattente, era figlia della fantascienza anni novanta, come Kora, che sembra una sua versione liveaction con tanto di background speculare, non ci sono fonti che attestano una voluta corrispondenza ma il classico piace. Laddove c’è la volontà di riscrivere e modernizzare forzatamente le protagoniste di storie già scritte di altri grandi franchise (Disney ne è purtroppo negli ultimi anni un esempio) nella futuribile fantascienza le donne hanno sempre brillato di luce propria. Kora non cambia quello stereotipo né lo migliora, ma porta avanti una rassicurante caratterizzazione che tra tutti gli stilemi è il più giusto per questo tipo di narrazione. I personaggi della brigata che costruiscono la storia sono altrettanto tipici, maschili e femminili con equa importanza giocano il ruolo destinato. Un dovuto approfondimento lo merita anche l’antagonista. L’Ammiraglio Atticus (Ed Skrein) è il classico villain senza scrupoli, uccide gli innocenti, ama la sua guerra non ha un briciolo di residua umanità, non sorprende la scelta del regista di fornire ai personaggi di stampo militare dei nomi greco romani.

In definitiva Rebel Moon ha del potenziale: i cult sono spesso fatti dello stessa sostanza, vengono retroattivamente notati a posteriori quando gli insuccessi altrui li fanno tornare in auge. Il progetto era anche stato pensato come versatile per un videogioco il regista sembra averlo presentato come progetto transmediale, composto da film e videogame a Warner Bros che lo avrebbe rifiutato più di una volta.  Verrà anche proposta il prossimo anno una versione estesa, quando si è trattato della stessa operazione fatta con la director’s cut della Justice League nel 2021 la “Snyder’s cut” il nutrito seguito di appassionati del regista ha gridato al miracolo, qui notiamo lo stessa formula: un assembramento di eroi, scene a rallentatore, tonnellate di epicità scontata e ridondante, tuttavia questo genuinamente, talvolta piace, in aggiunta Snyder portando a compimento Rebel Moon ha il merito di aver riproposto il genere della Space Opera, sempre relegato al passato, incuriosendo gli appassionati di genere e furbescamente appoggiandosi alle pietre miliari del suo vissuto per renderlo accattivante.