Spinta dall’attuale interesse del mercato verso visual novel e jrpg dalla forte componente narrativa, Capcom ha colto la palla al balzo, negli ultimi anni, per rispolverare una sua saga relativamente di nicchia ma molto amata, ovvero quella di Gyakuten Saiban/Ace Attorney. Dopo Phoenix Wright: Ace Attorney Trilogy (che raccoglie i primi tre, mitici titoli oramai considerabili retrò) e la più recente The Great Ace Attorney Chronicles, ecco dunque la terza raccolta antologica, Apollo Justice: Ace Attorney Trilogy, in arrivo il 25 gennaio su Nintendo Switch, PlayStation 4, Xbox One, sistemi Windows e Steam. Una raccolta a suo modo molto interessante e meritevole d’attenzione, ma a cui approcciarsi con le dovute premesse, onde evitare considerazioni errate. Si tratta, difatti, di titoli perfetti per il proprio pubblico d’elezione, ma che potrebbero risultare ostici se non affrontati con la giusta predisposizione mentale e voglia di stare al gioco ideato dalla eclettica mente di Shu Takumi.
Apollo Justice: Ace Attorney Trilogy… folli, drammatiche, bizzarre aule di tribunale
Prima di addentrarci nei contenuti specifici della Trilogy, ripercorriamo brevemente il franchise, a beneficio dei neofiti: Ace Attorney è una saga oramai ventennale, un qualcosa di praticamente unico nel panorama videoludico. L’ideatore Shu Takumi, nel 2001, non solo ha creato un genere a se stante rimescolando le carte nel settore delle visual novel, ma ha reso la sua creatura così distintiva da rendere difficile replicarne non solo il successo, ma anche semplicemente le meccaniche, tanto è vero che di giochi “simili” ad Ace Attorney se ne possono contare sulle dita di una mano e ne sono inevitabilmente debitori. Di cosa si tratta, in pratica? Di un singolare incrocio tra una visual novel e un gioco investigativo a metà tra il legal thriller e il courtroom drama, volutamente pensato come una sorta di Tenente Colombo in salsa anime. In sostanza, ci si divide tra scene del crimine, luoghi d’indagine e aule di tribunali e nei panni di un improbabile avvocato difensore saremo chiamati a investigare, interrogare testimoni, cercare indizi, smascherare false testimonianze e, in pratica, ribaltare processi dagli esiti che sembrano già decisi.
La saga è composta di sei episodi principali (i primi tre presenti nella Phoenix Wright: Ace Attorney Trilogy, ovvero Phoenix Wright: Ace Attorney (2001), Justice for All (2002) e Trials and Tribulations (2004), più due spin-off prettamente investigativi con protagonista il carismatico procuratore Miles Edgeworth (il secondo dei quali ancora inedito in occidente: possiamo oramai sperare in una nuova collection per questi due titoli, Capcom? Abbiamo fatto 30, facciamo 31, no?), un atipico crossover con il Professor Layton e i due prequel presenti nella raccolta The Great Ace Attorney Chronicles, di cui abbiamo parlato nell’intro.
Tutti e tre i giochi presenti nella nuova collection sono naturalmente in continuity con la saga e fra di loro e presentano la struttura tipica del franchise, ovvero una serie di casi che si susseguono e portano sempre avanti una trama tanto orizzontale quanto verticale, tramite avvenimenti personali ed elementi comuni in un contesto narrativo che, arrivati alla fine del gioco, si dimostra solitamente molto avvincente e abbastanza coeso. All’interno dei singoli casi si alternano fasi investigative sulle scene del crimine -alla ricerca di indizi, prove, oggetti e testimonianze chiave- e fasi in aula, in cui ci ritroveremo a interrogare testimoni (spesso menzogneri o svianti) per trovare la giusta leva per scagionare il nostro assistito. Come da tradizione, il gioco si prende i suoi tempi (solitamente i primi due casi) per spiegare le meccaniche di gioco rompendo la quarta parete e facendo scoprire a poco a poco un gameplay basilarmente centrato sul trovare le contraddizioni insite nelle testimonianze e negli indizi e usarli a nostro favore al momento giusto.
A livello narrativo, il gioco è ambientato alcuni anni dopo la prima trilogia, e vede inizialmente protagonista Apollo Justice, giovane avvocato difensore dalle specifiche sensibilità che verrà coadiuvato nelle sue battaglie legali dalla giovanissima figlia del precedente protagonista, Phoenix Wright, che ha ormai lasciato la professione. Questo almeno nel primo gioco, Apollo Justice: Ace Attorney, perché questi tornerà in azione nei successivi Phoenix Wright: Ace Attorney – Dual Destinies e Phoenix Wright: Ace Attorney – Spirit of Justice, in cui avremo modo di impersonare entrambi, e in più sarà presente anche Athena Cykes, altra giovanissima neo-avvocatessa specializzata in psicologia analitica: un team di avvocati difensori (non solo) apparentemente sgangherato ma capace di ottenere incredibili vittorie in nome della giustizia.
Phoenix, Apollo, Athena
Ogni nuovo gioco (anzi, ogni singolo capitolo di ogni gioco, che rappresenta un nuovo e successivo caso legale) presenta piccole aggiunte alla formula, introducendo elementi o metodi di indagine o interazione, personaggi specifici dei casi o membri più o meno fissi del cast di comprimari, ritorni eccellenti… e abilità speciali. Mentre Phoenix, con l’aiuto della fida assistente Maya, fin dalla prima trilogia “scassinava” i “lucchetti spirituali” che intrappolavano verità scomode nell’animo dei testimoni, Apollo è in grado di rilevare i tic nervosi degli interrogati, percependo le dichiarazioni mendaci. Athena, invece, con l’ausilio di una straordinaria tecnologia proprietaria di intelligenza artificiale, riesce a cogliere in fallo le testimonianze analizzando ricordi ed emozioni ad esse collegate. Ricordiamo sempre che parliamo di intrecci narrativi e storie che si appoggiano su una weirdness tipica di certi anime molto sopra le righe, risultando spesso molto buffi ma, al contempo, anche fortemente drammatici nei loro risvolti pratici, creando un mix che inevitabilmente finisce per catturare l’attenzione.
Qui casca l’asino e il pubblico si divide tra chi ama questa formula e chi la trova nonsense e ripetitiva: sebbene il gioco si rinnovi continuamente a livello di situazioni, personaggi ed espedienti di indagine, le meccaniche basilari sono sempre le stesse, risultando (o, in breve tempo, divenendo) familiari. Alcune risultano più pratiche e avvincenti di altre (la tridimensionalità delle scene del crimine, ad esempio) ma le effettive novità, rispetto ai precedenti giochi, sono comunque piuttosto ridotte, nel senso che si avverte un senso di evoluzione senza però fare mai un balzo davvero notevole. La “giocabilità” del titolo è ancorata a stilemi piuttosto vecchiotti, e basilarmente si tratta di usare un minimo di arguzia nel collegare i punti: il “gioco” in sé non è divertente, lo sono le situazioni in cui sono calati i personaggi e i personaggi stessi, che avvincono il giocatore a incalzare sempre più i testimoni per scoprire cosa succederà in seguito. Bisogna sicuramente scendere a patti con la natura da visual-novel del tutto, tanto è vero che, addirittura, c’è una vera e propria opzione di “autoplay” che vi consente di godere del secondo e terzo gioco come se fossero degli anime: tutte le scelte narrative e le svolte nei casi (che comunque prevedono sempre un’unica soluzione) saranno giocate dalla cpu al posto vostro, rendendovi semplici spettatori. Opzione che, tuttavia, vi sconsigliamo, perché se è vero che rimanendo “incastrati” da qualche parte basta andare a tentativi, la soddisfazione nel cogliere gli snodi giusti al primo colpo è notevole.
C’è poi un qualcosa di “magico” nel modo in cui Takumi è riuscito a installare, su un’impalcatura tutto sommato distopica, un teatrino dell’assurdo che parodizza le storture della società e del sistema giudiziario moderno, in particolare quello nipponico, sfruttando personaggi assurdi a cui ci si affeziona senza scampo e che, con i loro tic, atteggiamenti e backstory, finiscono a creare una lore unica che appassiona quanto e più dei migliori crime televisivi, grazie anche alle splendide musiche originali composte dai migliori artisti Capcom, come Masakazu Sugimori.
Piattaforme: PlayStation 4, Xbox One, PC
Sviluppatore: Capcom
Publisher: Capcom
Apollo Justice Ace Attorney Trilogy è un’antologia meritevole della vostra attenzione e dei vostri risparmi, ma non certo perfetta, per limiti intrinseci. Rispetto alla prima trilogia, c’è ovviamente un passo avanti notevole dal punto di vista grafico (sebbene fosse già stata operata un’operazione di pulizia davvero ragguardevole rispetto agli originali per Game Boy Advance / DS) con il secondo e terzo gioco davvero gradevoli, più o meno sullo stesso livello dei capitoli prequel di Chronicles, con inoltre intermezzi anime, personaggi in 3D molto ben animati e un doppiaggio di qualità (in sei lingue, anche se purtroppo tra queste non c’è l’italiano). In tutto questo, il titolo dedicato ad Apollo si ritrova nel mezzo, ma risulta comunque piacevole alla vista. La Collection, oltretutto, opera anche diverse migliorie e aggiunte: oltre al già citato “Story mode” abbiamo alcune opzioni quality of life graditissime per migliorare il flow e l’intellegibilità del tutto, oltre a piccolezze grafiche e sonore molto piacevoli, come la possibilità di utilizzare costumi alternativi per i protagonisti (quattro per Phoenix, tre per Apollo e tre per Athena), alla Orchestra Hall (con le varie versioni originali e orchestrali delle meravigliose musiche dei tre giochi… ed è anche possibile realizzare delle playlist!) e la Art Library piuttosto ricca, con tutte le illustrazioni, i filmati, i settei preparativi per il character design, le animazioni dei personaggi. In più, e questo è ottimo, abbiamo anche, compresi nel prezzo, due casi originariamente presenti solo tramite DLC, Dual Destinies: Turnabout Reclaimed e Spirit of Justice: Turnabout Time Traveler. Chi li ha giocati con piacere all’epoca potrebbe essere interessato a riviverli in versione completa e potenziata (ma non migliorata) mentre a chi conosce la prima trilogia ma si è perso il continuo li consigliamo senza dubbio. A chi, invece, non si è mai avvicinato alla saga ma ne è incuriosito, rivolgiamo l’invito a far proprie prima le altre due antologie, (soprattutto la prima!) mediamente più coese e fondanti.
